Perdita di chance e demansionamento
28 Gennaio 2021
Entro quali limiti il lavoratore può chiedere l'applicazione dell'art. 1226 c.c. ai fini della quantificazione del risarcimento del danno da perdita di chance in seguito ad un demansionamento?
Secondo l'orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità, non ogni ipotesi di demansionamento comporta un'automatica perdita di chance ovvero di ulteriori potenzialità occupazionali o possibilità di guadagno, sicché grava sul lavoratore l'onere di provare, anche per mezzo di presunzioni, il danno relativo asseritamente subito.
La perdita di una chance, infatti, configura un danno attuale e risarcibile del quale deve essere dimostrata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o presuntivamente: il difetto di una tale prova non può essere superato mediante una valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., tenuto conto che l'applicazione di quest'ultima disposizione presuppone la prova, o comunque la non contestazione (art. 115 c.p.c.) dell'esistenza di un danno risarcibile ed è diretta a fare fronte all'impossibilità di provarne il preciso ammontare.
La prova della perdita di chance, e del danno ad essa conseguente, potrebbe essere fondata su un automatismo degli avanzamenti di carriera nel settore nel quale il lavoratore opera, elemento fattuale non sussistente laddove la “chance” sia subordinata, invece, a determinazioni di carattere discrezionale.
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