Compenso “fai da te” per l’amministratore: confermata la condanna per bancarotta
28 Gennaio 2021
Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è integrato laddove l'amministratore prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come compensi, se questi sono genericamente indicati nello statuto, non sono giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione e vi sia stata determinazione del loro ammontare con delibera assembleare adottata solo pro-forma.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3191/21, depositata il 26 gennaio.
La Corte d'Appello di Firenze riformava parzialmente la condanna di primo grado di un imputato per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, per ricorso abusivo al credito e per insolvenza fraudolenta. La pronuncia è stata impugnata con ricorso in Cassazione dalla difesa che lamenta, per quanto d'interesse, l'affermazione di responsabilità per bancarotta per distrazione in relazione alla somma attribuita all'imputato a titolo di compenso per la carica di amministratore in virtù di delibera assembleare emessa quando la società era in stato di insolvenza ma solo come pro-forma, poi non confermata.
Il Collegio ritiene inammissibile il ricorso e ricorda come la giurisprudenza di legittimità ritenga integrato il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione nel caso in cui l'amministratore prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione se tali compensi sono solo indicati genericamente nello statuto e non vi sia stata determinazione con delibera assembleare. Tale ipotesi ricorre anche nel caso in cui la delibera sia stata adottata solo in modo formale ovvero solo per giustificare l'indebito prelievo.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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