Rimessione al primo giudice e regime della prova
04 Febbraio 2021
Nell'azione civile risarcitoria per danni disciplinata dal cod. ass. priv. (relativamente a tutte e 3 le ipotesi, 144, 149 e 141), la Cassazione ha fatto rilevare la nullità della sentenza di primo grado (per via della necessità di integrare il contraddittorio) con la rimessione al primo giudice, nel caso in cui non venga citato l'effettivo responsabile civile del danno. Le domande sono di puro diritto processuale: 1) Che succede agli atti istruttori pur raccolti in assenza della parte pretermessa? 2) Citato poscia il responsabile civile, in caso di assenza di costituzione, l'attore può fare nuove richieste istruttorie? 3) Ed ancora, i testi che venissero eventualmente ricitati, possono essere dichiarati attendibili ove mai dovessero modificare le precedenti dichiarazioni? Non da ultimo, 4) il primo giudice a cui torna la causa ed individuato dalla norma, è fisicamente colui che ha scritto la sentenza inutiliter data? Le sentenze della Cassazione sono la n. 21896/2017 e la freschissima n. 53/2021.
La fattispecie presa in considerazione nel quesito si riferisce alla questione relativa alla sussistenza di un litisconsorzio necessario in materia di responsabilità civile da circolazione di veicoli. Le norme richiamate nel quesito sono gli artt. 141, 144 e 149 del cod. ass. priv. (d.lgs. n. 209/2005 e successive modifiche ed integrazioni). Si tratta delle seguenti fattispecie: Art. 141: - Risarcimento del terzo trasportato «1. Salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro (…) 2. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall' art. 148. 3. L'azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo (…) (…)». Art. 144: - Azione diretta del danneggiato «1. Il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile (…) 3. Nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno. (…)». Art. 149: - Procedura di risarcimento diretto «1. In caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti, i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. (…)». Sul punto la Cassazione, come rilevato anche nel quesito, ha avuto modo di esprimersi più volte. In particolare, Cass. civ., sez. VI, 20 settembre 2017, n. 21896 ha affermato che: «In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, nella procedura di risarcimento diretto di cui all'art. 149 del d.lgs. n. 209/2005, promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, analogamente a quanto previsto dall'art. 144 comma 3 dello stesso decreto». Una recente pronuncia (Cass. civ., ord.,7 gennaio 2021, n. 53), si è espressa in modo analogo rimettendo la causa davanti al giudice di primo grado, per l'integrazione del contraddittorio con il proprietario del veicolo e ciò perché il danneggiante deve considerarsi litisconsorte necessario (in deroga alla facoltatività del litisconsorzio prevista in materia di obbligazioni solidali). Il responsabile civile, pertanto, è litisconsorte necessario al fine di consentire all'assicurazione di opporgli l'accertamento di responsabilità. I quesiti posti si riferiscono, quindi, al caso in cui vi sia un rinvio al primo giudice, ponendo alcuni interrogativi di carattere processuale che, al di là della fattispecie concreta, coinvolgono principi generali che andremo ad analizzare partitamente. Per rispondere adeguatamente dobbiamo richiamare le norme codicistiche di riferimento; si tratta degli artt. 354, 356, 383 comma 3, 392 e 394 c.p.c. Nel giudizio di rinvio l'art. 354 c.p.c. (che rimanda all'art. 353 c.p.c.) afferma che, con riferimento al giudizio di appello, può essere rimesso il procedimento innanzi al primo giudice se si riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio. L'art. 356 c.p.c., poi, stabilisce che il giudice d'appello che opera il rinvio, possa disporre l'assunzione o la rinnovazione di una prova già esperita in primo grado. In sede di legittimità il codice di rito, all'art. 383 comma 3 c.p.c., prevede che «La Corte, se riscontra una nullità nel giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo». L'art. 392 c.p.c., a sua volta, afferma che la riassunzione può essere fatta da ciascuna delle parti nei termini di legge. A sua volta, l'art. 394 c.p.c. stabilisce che le parti, nel giudizio di rinvio, conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata e, continua, affermando che può deferirsi il giuramento decisorio ma le parti non possono prendere conclusioni diverse.
Con il primo quesito si chiede cosa succeda agli atti istruttori raccolti in assenza della parte pretermessa. Sulla scorta delle disposizioni normative elencate, si deve ritenere che questi rimangano validi, pur in assenza della parte pretermessa, ove potrà essere disposta l'assunzione o la rinnovazione di prove ma non verranno caducate quelle già assunte le quali dovranno essere integrate con le eventuali nuove prove ammesse o con la riassunzione di quelle già esperite. È evidente, infatti, che il congegno normativo di rito si debba porre il problema dell'impatto dell'ingresso nel processo di un nuovo soggetto che dovrà mantenere i proprio diritti di difesa e di contraddittorio, ragion per cui viene prevista la possibilità che nuove prove vengano assunte o altre ripetute, senza però togliere valore a quelle già formatesi nell'ambito del processo. Infatti, la nullità della sentenza si riferisce all'atto decisorio e non al procedimento in seno al quale le prove si sono formate e questo per evidenti ragioni di economia processuale. In tal senso soccorre anche il disposto dell'art. 50 c.p.c. a mente del quale il processo riassunto nei termini di legge «continua» davanti al nuovo giudice; il termine continua ben fa intendere che non vada perso il pregresso. Nei confronti del chiamato ad integrare il contraddittorio, infatti, pur mantenendo validità le prove già assunte, se ne potrà eccepire la nullità, ma sarebbe più giusto parlare di inopponibilità al nuovo chiamato, in quanto formatesi in assenza della parte necessaria, ma tale vizio dovrà essere eccepito dal chiamato ad integrare il contraddittorio ai sensi dell'art. 157 comma 2 c.p.c. Pertanto, il chiamato potrà anche richiedere che vengano riassunte le prove testimoniali già esperite nel procedimento come prevede l'art. 356 c.p.c., sopra menzionato. In questo senso si esprime anche la Cassazione (con riferimento ad una consulenza tecnica), ove afferma che «Il principio di nullità degli atti processuali compiuti, prima della integrazione del contraddittorio, nei confronti di un litisconsorte necessario pretermesso, opera anche riguardo all'espletamento di una consulenza tecnica, con la conseguenza che, qualora il suddetto litisconsorte eccepisca, nei modi indicati dall'art. 157 comma 2 c.p.c., un pregiudizio del proprio diritto di difesa, compete al giudice del merito porvi rimedio tramite la rinnovazione della consulenza medesima, non potendo, in difetto, decidere nei confronti del pretermesso sulla base di quella svolta prima della sua costituzione in giudizio. (Cass. civ., 22 gennaio 2019, n. 1644)». Con il secondo quesito si chiede se, una volta chiamato il responsabile civile ed integrato così il contraddittorio, in caso di assenza di sua costituzione, l'attore possa fare nuove richieste istruttorie. Se le premesse qui poste sono valide, allora, evidentemente, solo il chiamato ad integrare il contraddittorio (nel nostro caso il responsabile civile) potrà porre nuove richieste istruttorie, mentre l'attore, in linea generale, non potrà farlo, a meno che la chiamata del terzo ad integrare il contraddittorio non abbia sollevato questioni nuove non valutate nel giudizio svoltosi nelle precedenti fasi di merito (eventualità del tutto remota nella pratica, non potendosi, in sede di rinvio, modificare l'oggetto della domanda). Con il terzo quesito si chiede se i testi che vengano eventualmente ricitati, possano essere dichiarati attendibili ove mai dovessero modificare le precedenti dichiarazioni. Stante quanto sopra affermato, il quesito, in questi termini, sembra mal posto. Infatti, come già detto, le prove, anche quelle per testi, restano valide ma, in ipotesi, inopponibili al nuovo chiamato se ciò venga da questi eccepito, cosa che presuppone la sua costituzione in giudizio; pertanto, una loro riassunzione o l'ammissione di una nuova prova, anche testimoniale, (che potrà, nella generalità dei casi, essere richiesta dal terzo chiamato se si costituisca, come detto sopra) che potrà riguardare anche fatti nuovi e diversi da quelli già oggetto di prova testimoniale, avrà lo scopo di confermare o smentire quanto già assunto o aggiungere nuovi elementi di prova. Il problema, semmai, riguarderà l'eventuale contraddittorietà fra la testimonianza assunta in precedenza e la testimonianza che verta su fatti nuovi o già oggetto di prova testimoniale da parte dei testi già prima escussi, potendo portare fino ad una responsabilità per falsa testimonianza. Con il quarto quesito si chiede se il primo giudice a cui «torni» la causa ed individuato dalla norma, sia fisicamente colui che ha «scritto» la sentenza inutiliter data. Evidentemente il giudice sarà di pari grado ma in diversa composizione come chiaramente stabilisce l'art. 383 comma 1 c.p.c., in applicazione di una regola generale per la quale il giudice che ha dato luogo alla sentenza viziata non potrà pronunciarsi di nuovo per evidenti esigenze di terzietà.
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