Apposizione di termini (azione di)

Alberto Celeste
05 Febbraio 2021

L'azione per apposizione di termini non è finalizzata all'accertamento giudiziale di un confine, fisicamente e giuridicamente, incerto, ma è predisposta, più limitatamente, per far risultare visibile pubblicamente, con segni esteriori, il confine già conosciuto ed accettato reciprocamente dai proprietari limitrofi. Non è precluso, però, che tale azione, di natura personale, possa mutare nelle azioni (reali) di regolamento di confini e di rivendicazione, senza escludere l'eventualità di un loro esercizio alternativo o cumulativo. Il relativo procedimento si esaurisce in sede giudiziaria con la condanna ad apporre, a spese comuni, i termini secondo le direttive impartite dal magistrato. Permesso che il magistrato onorario è funzionalmente competente a conoscere tale azione, ai fini della legittimazione attiva e passiva, è molto importante individuare con esattezza i relativi contendenti, ossia i proprietari confinari.
Inquadramento

L'azione di apposizione di termini costituisce l'ultima azione a difesa della proprietà e si trova disciplinata nel codice civile, all'interno del capo IV del titolo II del libro III, e segnatamente nell'art. 951 c.c., il quale recita: “se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni”.

Tale azione tende ad ottenere che i confini certi tra proprietà contigue siano resi visibili attraverso una delimitazione materiale: l'oggetto della domanda si mantiene nei limiti della mera applicazione di segni esteriori visibili di un confine prestabilito (ab initio o per intervenuta sentenza di accertamento); quindi, esperendo l'azione exart. 951 c.c., l'attore non chiede il permesso, di cui non ha bisogno, di apporre i termini mancanti o scomparsi, ma si rivolge al giudice perché emetta un provvedimento che imponga al vicino di partecipare alle spese all'uopo necessarie.

Comunque, la differenza tra l'azione per apposizione dei termini e quella di regolamento di confini risiede nel fatto che, nella prima, il confine tra i due fondi è certo ed incontestato e si vuole soltanto apporvi, perché mancanti o divenuti irriconoscibili, i segni di delimitazione materiale, al fine di evitare possibili sconfinamenti ed usurpazioni, mentre, nella seconda, invece, pur prescindendo da ogni contestazione circa il diritto di proprietà risultante dai titoli, vi è incertezza in ordine alla linea di demarcazione tra due fondi limitrofi, il cui accertamento viene rimesso al giudice (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1990, n. 2461; Cass. civ., sez. II, 30 novembre 1988, n. 6500; Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 1970, n. 2174; Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1968, n. 1800; Cass. civ., sez. II, 29 dicembre 1964, n. 2976).

A differenza della actio finium regundorum, l'azione in esame non è finalizzata all'accertamento giudiziale di un confine, fisicamente e giuridicamente, incerto, ma è predisposta, più limitatamente, per far risultare visibile pubblicamente, con segni esteriori, il medesimo confine già conosciuto ed accettato reciprocamente dai proprietari dei fondi limitrofi: in altri termini, l'azione di apposizione di termini ex art. 951 c.c. presuppone l'esistenza di un confine determinato, e mira ad ottenere soltanto che la linea di demarcazione tra proprietà contigue sia resa possibile e riconoscibile mediante la collocazione di segni esteriori che indichino materialmente il tracciato, mentre l'azione di regolamento di confini di cui all'art. 950 c.c. presuppone, invece, l'incertezza tra i confini dei fondi contigui, la quale può derivare tanto dalla mancanza di qualsiasi limite (incertezza oggettiva) tanto dalla contestazione sul confine esistente (incertezza soggettiva), perché lo scopo dell'azione è la rimozione dell'incertezza e la determinazione quantitativa dell'oggetto della proprietà dei due confinanti, nella presupposta e non controversa validità ed efficacia dei titoli di acquisto delle parti.

Dunque, la peculiare e limitata finalità dell'azione ex art. 951 c.c. conferisce alla stessa carattere di autonomia sostanziale e processuale: queste caratteristiche conferiscono all'azione per apposizione dei termini carattere di azione “personale” - secondo la prevalente giurisprudenza - la quale privilegia il fatto che la pretesa alla contribuzione per la spesa riveste un indubbio contenuto obbligatorio.

Le differenze rispetto all'azione di regolamento di confini

E' pacifico che l'azione di apposizione di termini possa essere proposta in modo autonomo.

Tuttavia, la summenzionata natura personale dell'azione per apposizione di termini - come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza - non impedisce che la stessa possa essere esplicitamente o implicitamente inserita nella controversia avente origine nella distinta azione, di natura reale, di regolamento dei confini, quale pretesa accessoria e consequenziale di questa, in una situazione in cui non solo manchi un confine certo, ma difettino anche i segni esteriori del medesimo confine (Cass. civ., sez. II, 17 agosto 2005, n. 16970; Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 1984, n. 6573; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1983, n. 3600; Cass. civ., sez. II, 8 marzo 1971, n. 632; cui adde, più di recente, Cass. civ., sez. VI, 8 aprile 2011, n. 8100, la quale, su tale presupposto, ne fa conseguire che, all'infondatezza della domanda principale volta a regolare i confini, logicamente il rigetto di quella avente ad oggetto l'apposizione di termini).

Nulla vieta di chiedere, con un solo atto introduttivo e per economia dei giudizi, che si proceda previamente alla determinazione del confine controverso e, poi, si appongano i termini lapidei sul confine così identificato al fine di renderlo esteriormente visibile: divenuto, per effetto del regolamento, determinato il confine, viene ordinata anche la materiale apposizione dei termini per renderlo manifesto all'esterno.

Stante la particolare natura dell'azione, non si esclude che la stessa si chiarisca nel corso del giudizio, derogando così al generale criterio che fa riferimento al momento della domanda, con il necessario conseguente spostamento della competenza del giudice (v. appresso).

Infatti, l'azione per apposizione di termini resta modificata nella diversa azione di regolamento di confini, ove, in relazione alle eccezioni sollevate dal convenuto, insorga tra le parti contrasto sulla linea di confine lungo la quale i termini debbano essere apposti o circa la giacitura del limite tra i fondi adiacenti (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014, n. 9512; Cass. civ., sez. II, 5 dicembre 1985, n. 6107; Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 1983, n. 5797; Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 1983, n. 5792; Cass. civ., sez. II, 24 marzo 1975, n. 1115; Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 1966, n. 268).

Invero, l'azione per apposizione di termini, tendendo alla materiale delimitazione di fondi contigui, presuppone acquisita la certezza giuridica della linea di demarcazione, ma comprende implicitamente una potenziale azione di regolamento dei confini, per il caso in cui quella certezza, così come dedotta con la domanda, venga posta in discussione, conseguendone che la prima azione si trasforma automaticamente nella seconda, qualora il convenuto contesti l'indicazione dei confini data dall'attore, e questi insista nella propria pretesa, rendendo necessaria una pronuncia giurisdizionale sui confini medesimi (Cass. civ., sez. II, 25 luglio 1977, n. 3315)

In altre parole, l'azione per apposizione di termini può essere proposta come fine a se stessa, nel presupposto che il confine tra i due fondi sia certo e pacifico, tuttavia, posto che l'azione di apposizione di termini contiene in sé, implicitamente, l'azione di regolamento di confini, quando il convenuto aderisce all'indicazione dei confini contenuta nella domanda di apposizione dei termini, il thema decidendum resta limitato al punto relativo all'obbligo di creare o ripristinare (a spese comuni) i segni esteriori del confine; quando, invece, il medesimo convenuto contesti l'indicazione dei confini data dall'attore, venendo meno il presupposto della certezza del confine, detto thema si sviluppa in tutta la sua implicita estensione, già potenzialmente compresa nell'atto introduttivo, e si ha un'azione di regolamento di confini (Cass. civ., sez. II, 20 luglio 1979, n. 4330; Cass. civ., sez. II, 5 luglio 1975, n. 2639; Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1974, n. 1117).

Qualora, poi, nel caso di incertezza soggettiva sul confine - premesso che la proposizione dell'eccezione di usucapione da parte del convenuto non vale a snaturare l'azione per regolamento di confini, proposta dall'attore, perché con essa il convenuto non contesta affatto l'esistenza, la validità o l'efficacia del titolo di proprietà della controparte, ma oppone una situazione sopravvenuta, che vale ad eliminare l'incertezza dedotta dall'attore circa l'esattezza dei confini di fatto - l'eventuale accoglimento di tale eccezione riduce la questione ad un'apposizione di termini che tenga conto dell'avvenuta usucapione (Cass. civ., sez. II, 10 luglio 1975, n. 2722).

Di contro, quando una parte abbia agito per la declaratoria del suo acquisto per usucapione di parte di un fondo altrui, chiedendo la delimitazione del confine e l'apposizione dei termini lapidei solo come effetto consequenziale, ed il convenuto abbia chiesto in via riconvenzionale la declaratoria della sua esclusiva proprietà della parte del fondo ex adverso pretesamente usucapita, si è in presenza di un conflitto tra i titoli di proprietà dei fondi e non solo di questi, con la conseguenza che le azioni proposte hanno la natura di revindica e non di regolamento di confini (Cass. civ., sez. II, 11 luglio 1979, n. 3983; Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1979, n. 725).

In quest'ordine di concetti, sotto il profilo processuale, allorché, proposta l'azione di apposizione di termini, nel corso del giudizio sorga contrasto in ordine alla linea di confine lungo la quale essi dovrebbero essere apposti, l'originale domanda resta necessariamente modificata e le statuizioni che vengano emesse in ordine alla linea di confine non implicano il vizio di ultra ed extra petita (Cass. civ., sez. II, 14 settembre 1972, n. 2742; Cass. civ., sez. II, 4 agosto 1972, n. 2610; Cass. civ., sez. II, 26 luglio 1969, n. 2836; Cass. civ., sez. II, 18 giugno 1959, n. 1907; contra, Cass. civ., sez. II, 8 marzo 1971, n. 632).

Le differenze rispetto all'azione di rivendicazione

Deve, quindi, qualificarsi come azione di rivendicazione, e non di regolamento di confini, la domanda riconvenzionale con la quale il convenuto in un giudizio promosso ex art. 951 c.c., denunciando l'avvenuta usurpazione a suo danno di una data zona di terreno posseduta dall'attore, chieda l'affermazione del proprio diritto di proprietà su detta zona, mediante un corrispondente spostamento dei termini, sicché tale domanda va rigettata ove non sia assolto l'onere probatorio di cui all'art. 948 c.c. (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 1981, n. 1814).

Parimenti, qualora, trattandosi di fondi trasferiti alle parti dall'unico proprietario, si discuta, invece, se il comune venditore non abbia, con il secondo atto, venduto una cosa già alienata al primo acquirente, si è in presenza di un conflitto di titoli che trasforma l'azione proposta in revindica su cui il giudice non può pronunciarsi se il convenuto non accetti il contraddittorio (Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 1976, n. 651).

E', comunque, pacifico che l'azione di apposizione di termini possa cumularsi ad un'azione di rivendicazione, nel senso che, alla domanda ex art. 948 c.c., volta al riconoscimento del diritto di proprietà di fronte a qualsiasi detentore o possessore nonché di condanna alla restituzione di una porzione situata a confine con il fondo di parte convenuta, può accompagnarsi l'apposizione dei termini in conformità al risultato della medesima rivendicazione, proponendosi di rendere visibili i confini tra i due fondi.

Diverso è, infine, il caso in cui si agisce per ottenere il ricollocamento dei segni di confine contro l'autore dell'illecita demolizione e rimozione di essi, non trattandosi della tipica azione per apposizione di termini, data nei confronti del proprietario vicino per ottenere il concorso nella spesa per l'apposizione o il ristabilimento dei termini di confine tra fondi contigui, bensì una mera azione personale di risarcimento del danno da fatto illecito mediante la reintegrazione in forma specifica (Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 1978, n. 6064).

Il giudice competente per materia

La competenza territoriale appartiene inderogabilmente al giudice del luogo ove è posto l'immobile, ai sensi dell'art. 21, comma 1, c.p.c.

In evidenza

La competenza per materia sull'azione per apposizione di termini - unitamente alle cause relative all'osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi - spetta, ai sensi dell'art. 7, comma 3, n. 1), c.p.c., al Giudice di Pace, quale che ne sia il valore.

Premesso quanto sopra in ordine al corretto discrimen tra le due azioni, nel caso in cui sia proposta la domanda diretta all'eliminazione dell'incertezza del confine tra due fondi e, in via meramente consequenziale, all'apposizione dei relativi termini, siamo in presenza - ad avviso di Cass. civ., sez. II, 23 novembre 1982, n. 6341 - di un'azione di regolamento di confini, e non un'azione per apposizione di termini (postulante che i termini siano certi e pacifici e tendente, quindi, solo a renderli visibili e riconoscibili).

Laddove, poi, l'azione di cui all'art. 951 c.c. sia proposta cumulativamente a quella per regolamento di confini diviene competente il Tribunale, in quanto soggetta al criterio generale della competenza per valore, alla luce della soppressione della figura del pretore e della preclusione della conoscenza da parte del predetto giudice di pace delle cause relative a beni immobili.

In proposito, si era puntualizzato (Cass. civ., sez. II, 19 luglio 1999, n. 7695) che, ai fini della suddetta competenza per valore, il cumulo delle domande, ai sensi dell'art. 10 c.p.c., riguardava soltanto l'ipotesi di più domande intese come pretese ben distinte tra loro, aventi ciascuna una propria individualità, mentre rimanevano assorbite tutte quelle richieste che, essendo formalmente proposte in via separata, erano prive di autonomia, in quanto avevano carattere accessorio, consequenziale o strumentale.

La legittimazione attiva e passiva

Nell'azione di apposizione di termini, legittimati attivamente e passivamente sono esclusivamente i proprietari dei fondi contigui, la cui individuazione si rende necessaria ai fini del decidere; fondamento ultimo dell'azione ex art. 951 c.c. è il diritto di proprietà, tanto che il codice civile la inquadra come rimedio a tutela del diritto reale, sicché la legittimazione, stante anche il carattere ambulatorio dell'azione, va riconosciuta a quanti vantino diritti reali sul fondo, comprendendo pure l'enfiteuta ed il superficiario.

Presupponendo, poi, che il confine sia certo e determinato (inizialmente o per intervenuta sentenza di regolamento di confini) e tendendo solo a renderlo visibile e riconoscibile, attraverso l'esecuzione di una prestazione consistente nell'obbligo, posto dall'art. 951 c.c., a carico del proprietario del fondo contiguo, di apporre o ristabilire a spese comuni con il richiedente i segni indicativi dei termini tra i due immobili, la pronuncia su tale azione è priva di efficacia nei confronti del successore a titolo particolare della parte, il quale sia ad essa subentrato dopo la definizione del giudizio (Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 1981, n. 5597).

Sempre sul presupposto del carattere personale dell'azione de qua - tesa, in particolare, all'esecuzione di una prestazione, che si concreta nell'obbligo, posto dall'art. 951 c.c., a carico del proprietario del fondo contiguo, di apporre o ristabilire, a spese comuni con il richiedente, i segni indicativi dei termini tra i due immobili - si è ritenuto (ad avviso di Cass. civ., sez. II, 18 settembre 1964 n. 2389) che, qualora il fondo contiguo appartenga in comproprietà a più soggetti, deve ritenersi che la predetta azione, non avendo carattere costitutivo, possa essere utilmente esperita anche nei confronti di alcuni soltanto dei predetti comproprietari, non ricorrendo in tale caso un'ipotesi di litisconsorzio necessario.

Le statuizioni del magistrato

Il procedimento instaurato con l'azione di apposizione di termini si esaurisce in sede giudiziaria con la condanna ad apporre a spese comuni i termini secondo le direttive impartite dal magistrato; tali “termini”, cui fa riferimento l'art. 951 c.c., non sono necessariamente termini lapidei, potendo consistere anche in materiale diverso dalla pietra (ad esempio, ferro o legno), purché disposti su tutta la linea di confine, intervallati e parzialmente interrati.

Perché il giudice possa respingere la domanda di apposizione di termini nel caso di accertamento dell'esistenza di essi, non basta che si trovino in loco i segni lapidei sul terreno, ma deve risultare che si tratti proprio di quelli consensualmente collocati dopo l'ultimo trapasso di proprietà od a seguito di divisione che abbia fissato le rispettive posizioni dei fondi oppure collocati in seguito a sentenza (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1974, n. 1117).

In ordine al provvedimento a cui finalizzata l'azione de qua, resta inteso che la sentenza di condanna, che lo conclude, non può indicare, nel dispositivo, le parti obbligate in quanto queste possono trovarsi nella medesima posizione processuale, e così entrambe destinatarie della condanna ad apporre i termini e facultate a chiederne l'esecuzione; ne consegue che lo stesso obbligo, ancorché non espressamente sancito da tale sentenza a carico dell'una o dell'altra parte, deve ritenersi imposto a ciascuna di esse, così che, per converso, ciascuna parte è legittimata a domandarne l'esecuzione fissata (Cass. civ., sez. II, 18 settembre 1979, n. 4794).

Riguardo al regime delle spese, è ragionevole ritenere che la disposizione della norma de qua, ove sancisce che l'apposizione o il ristabilimento dei confini debba essere eseguita “a spese comuni” dei proprietari, vada intesa nel senso che la divisione di tali spese avvenga in parti uguali tra i confinanti - anche assenti, purché regolarmente citati in giudizio - senza riferimento all'estensione dei rispettivi fondi, perché il relativo interesse è comune; in buona sostanza, poiché l'azione in esamenon comporta un contenzioso tra le parti, mirando solo ad apporre i segni materiali di identificazione di un confine, ossia i termini, è giusto che le spese necessarie per apporli siano ripartite a metà tra le medesime parti.

Diversa è, invece, la soluzione da dare al problema relativo all'onere delle spese di lite: in proposito, è stato affermato (Cass. civ., sez. II, 13 marzo 2001, n. 3642; Cass. civ., sez. II, 5 dicembre 1985, n. 6107) che l'art. 951 c.c., nel disporre che ciascuno dei proprietari confinanti ha diritto di chiedere che i termini siano apposti “a spese comuni”, si riferisce all'apposizione materiale dei segni di confine, e non riguarda, invece, la disciplina delle spese giudiziali inerenti alla causa instaurata ai sensi della stessa norma, conseguendone che, nel giudizio di regolamento di confini, deve considerarsi soccombente, al fine dell'attribuzione dell'onere delle spese, l'attore la cui prospettazione è stata disattesa o il convenuto che non si è prestato all'apposizione dei termini.

Casistica

CASISTICA

Recinzione sul confine

L'azione reale di regolamento di confini contiene implicitamente quella personale di apposizione dei termini, quale pretesa accessoria e consequenziale, solo quando manchi un confine certo e determinato e difettino anche i segni esteriori dello stesso per cui, al di fuori di questa ipotesi, e in assenza di esplicita domanda incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che abbia condannato la parte soccombente ad installare sul confine una recinzione (Cass. civ., sez. II, 8 novembre 2013, n. 25244).

Costruzione di un'opera specifica

La domanda con cui si chiede di far luogo alla costruzione di una specifica opera, ancorché come mezzo di apposizione di termini, trascende l'ordinario contenuto dell'azione di cui all'art. 951 c.c. e, risultando intesa ad ottenere la condanna della controparte ad un ben precisato facere, non può essere considerata alla stregua di un'istanza meramente accessoria e consequenziale rispetto all'azione di regolamento di confini simultaneamente proposta, ma finisce per costituire una pretesa avente una sua autonomia, suscettibile, perciò, di concorrere alla determinazione del valore della causa ai fini della competenza (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 1996, n. 1850).

Delimitazione del muro divisorio

La domanda, proposta da uno dei comproprietari, ed intesa a conseguire la delimitazione, mediante muro divisorio, fra le due parti di un unico ambiente, appartenenti in proprietà esclusiva a due soggetti diversi, trascende il risultato assicurato dall'azione personale di apposizione di termini, tendendo a realizzare, mediante la costruzione sul confine di una parete divisoria, l'autonomia strutturale e funzionale delle proprietà limitrofe, sicché non opera, rispetto a tale domanda, il criterio - stabilito dall'art. 8, n. 2), c.p.c. - per le azioni attribuite allora alla competenza ratione materiae al Pretore; qualora, poi, unitamente a detta domanda, ne sia stata proposta un'altra intesa a conseguire un risarcimento di danni, si esclude un'accessorietà di essa rispetto alla prima, in quanto configura una pretesa distinta dalla richiesta di rimozione della causa del danno, non potendo sottrarsi al cumulo con questa per l'individuazione della competenza per valore (Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1970, n. 985).

Eventuale accordo stragiudiziale

Al riguardo, una pronuncia di merito ha puntualizzato che l'accordo stragiudiziale siglato nelle more del giudizio, in una controversia per apposizione di termini, non determina la cessazione della materia del contendere qualora il convenuto non adempia in toto all'impegno preso in sede di accordo (Trib. Bolzano 31 gennaio 2007).

Riferimenti

Scozzafava, Del regolamento di confini e dell'apposizione di termini, in www.juscivile.it, 2014, fasc. 5, 205;

Nivarra - Ricciuto - Scognamiglio, Le azioni a difesa della proprietà, in Diritto privato, cap. XI, sez. IV, Torino, 2013, 751;

De Lucia, Le azioni petitorie, possessorie e nunciatorie - Aspetti sostanziali e profili processuali, Padova, 2011;

Celeste, Le azioni a difesa della proprietà - Tecniche di tutela - Singole domande - Profili processuali, Milano, 2010;

De Tilla, Determinazione per facta concludentia dell'esatto confine tra terreni contigui, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 3, 44;

Gambaro, Apposizione di termini e regolamento di confini (azione per), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, vol. II.

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