La tutela del credito ereditario da parte del coerede
12 Febbraio 2021
L'erede che concorre all'eredità con altri eredi può richiedere al debitore del suo dante causa il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito in vita dal de cuius nella sua integralità ovvero lo deve chiedere solo pro quota e unitamente a tutti gli altri eredi?
Nel diritto romano vigeva il principio “nomina et debita ipso iure dividuntur”. In base a detto principio sia i debiti che i crediti ereditari si dividevano automaticamente tra i coeredi in proporzione delle rispettive quote ereditarie senza che fosse necessario alcun atto di divisione, negoziale o giudiziale, tra gli eredi.
Nel diritto moderno le cose stanno diversamente.
La solidarietà passiva tra condebitori è la regola (art. 1294 c.c.) se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente. Il debito ereditario, invece, costituisce un'eccezione alla regola generale in quanto non è solidale ma si ripartisce pro quota. La ripartizione pro quota del debito ereditario, infatti, è prevista e disciplinata espressamente dal combinato disposto di cui: - all'art. 752 c.c. che regola i rapporti interni fra coeredi e dispone che i coeredi rispondono del pagamento dei debiti già esistenti in capo al defunto in proporzione delle loro quote ereditarie; - all'art. 754 c.c. che regola i rapporti con i creditori e ribadisce la regola della divisibilità del debito secondo la consistenza delle quote ereditarie, con esclusione di qualsivoglia relazione di solidarietà tra le rispettive obbligazioni; - all'art. 1295 c.c. che regola la divisibilità dell'obbligazione tra gli eredi e dispone che l'obbligazione solidale tra de cuius e terzi si divide tra gli eredi in proporzione delle loro quote ereditarie.
La solidarietà attiva tra creditori, di contro, è un fenomeno raro, non è la regola e non si presume. Il credito ereditario, invece, costituisce un'eccezione alla regola generale in quanto è (e va qualificato come) un'obbligazione solidale dal lato attivo. La disciplina dei crediti ereditari, infatti, seppur non è espressamente prevista con norme di contenuto simmetrico a quelle dei debiti (artt. 752 e 754 c.c.), deve ritenersi regolata dal combinato disposto di cui: - all'art. 727 c.c. che, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione; - all'art. 757 c.c. che, a sua volta, prevedendo che il coerede è reputato solo ed immediato successore e, quindi, succede nel credito al momento dell'apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione; - all'art. 760 c.c. che, escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione.
I crediti del de cuius, pertanto, a differenza dei debiti, non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. A nulla rileva, sul punto, la previsione del su richiamato art. 1295 c.c. che regola la divisibilità dell'obbligazione (attiva e passiva) tra gli eredi e dispone che l'obbligazione solidale tra de cuius e terzi si divide tra gli eredi in proporzione delle loro quote ereditarie. Tale disposizione normativa, infatti, si riferisce alla diversa ipotesi in cui l'obbligazione è solidale a monte tra il de cuius ed i terzi e non già all'ipotesi in cui l'obbligazione è sin dall'origine del solo de cuius (Rubino, in Comm. S.B., 1992, 198; Mazzoni, in Tr. Res., 1999, 49; Amorth, in L'obbligazione solidale, Milano, 1959, 71). A nulla rileva sul punto, altresì, la previsione dell'art. 1314 c.c. che regola la divisibilità del credito in generale e prevede che ciascuno dei creditori può domandare il soddisfacimento della quota del suo credito. Tale disposizione normativa, infatti, non si riferisce espressamente all'ipotesi del credito degli eredi.
Conforta tale assunto la giurisprudenza di legittimità. Questa, infatti, seppur per moltissimi anni ha ritenuto applicabile anche al diritto moderno il principio del diritto romano “nomina et debita ipso iure dividuntur” (tra le tante: Cass. 9 agosto 2002, n. 12128 e Cass. 5 maggio 1999, n. 4501 in tema di prestazione assistenziale o previdenziale; Cass. 5 gennaio 1979, n. 31 in tema di risarcimento del danno subito in vita dal de cuius), più di recente è stata di diverso avviso ed ha affermato che i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria (Cass. 13.10.1992n. 11128 che costituisce il motivato leading case; conf. Cass. 5 settembre 2006 n. 19062 e Cass. 21 gennaio 2000 n. 640 che, però, hanno affermato che i coeredi assumono le vesti di litisconsorti necessari nei giudizi diretti all'accertamento dei crediti ereditari ed al loro soddisfacimento).
Il contrasto così insorto in seno alle sezioni semplici è stato composto dalle Sezioni Unite circa tre lustri orsono. Le Sezioni Unite, sostanzialmente, hanno affermato che: - in tema di crediti ereditari si applica “il principio generale secondo cui ciascun soggetto partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio della cosa comune senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri partecipanti, perché il diritto di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interezza”; - “ogni coerede può agire per ottenere la riscossione dell'intero credito, non ponendosi la necessità della partecipazione al giudizio di tutti gli eredi del creditore, atteso che la pronuncia sul diritto comune fatto valere dallo stesso spiega i propri effetti nei riguardi di tutte le parti interessate, restando peraltro estranei all'ambito della tutela del diritto azionato i rapporti patrimoniali interni tra coeredi, destinati ad essere definiti con la divisione”; - “i crediti del "de cuius" non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria; ciascuno dei partecipanti ad essa può agire singolarmente per far valere l'intero credito ereditario comune o anche la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria” (Sez. Un. 28.11.2007 n. 24657). Da tale momento i su affermati principi non sono stati più messi in discussione dal giudice di legittimità (Cass. 20.11.2017 n. 27417; Cass. 20.3.2017 n. 7138; Cass. 20.3.2017 n. 7136; Cass. 19.9.2016 n. 18327; Cass. 20.4.2016 n. 7785; Cass. 28.8.2015 n. 17267; Cass. 17.3.2015 n. 5207; Cass. 9.3.2015 n. 4658; Cass. 11.7.2014 n. 15894; Cass. 10.7.2014 n. 15869; Cass. 28.11.2013 n. 26695; Cass. 26.11.2013 n. 26475; Cass. 16.4.2013 n. 9158; Cass. 31.5.2012 n. 8735; Cass. 24.1.2012 n. 995; Cass. 4.1.2012 n. 995) ma talvolta sono stati ignorati dalla giurisprudenza di merito che ha ignorato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità e le conclusioni raggiunte ed ha erroneamente continuato ad applicare ai crediti ereditari la diversa disciplina dei debiti ereditari (tra le ultimissime: Trib. Napoli 5 gennaio 2021 n. 30: App. Napoli 3.11.2020 n. 2536).
I su indicati principi affermati in tema di crediti ereditari e le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza di legittimità vanno certamente estesi anche al processo esecutivo. Alcuna ragione, né letterale, né tanto meno sistematica, infatti, osta all'estensione di tali conclusioni raggiunte in modo espresso per il giudizio di cognizione anche al processo esecutivo alla stregua del principio dell'unitarietà della ragione creditoria e, soprattutto, del principio generale della legittimazione del singolo contitolare di un diritto alla tutela di questo nel suo complesso in sede cognitiva, riguardato alla luce della necessaria complementarietà, al fine di garantire l'effettività del secondo, del diritto di agire esecutivamente rispetto a quello di agire in giudizio (Cass. 16 aprile 2013 n. 9158). A nulla rileva, a tal fine, il diritto del debitore di pagare una sola volta l'obbligazione. La tutela del debitore, infatti, in tal caso è idoneamente apprestata dal diritto, che conserva, di proporre opposizione ad esecuzione ove egli abbia pagato a mani di uno dei coeredi, atteso il carattere satisfattivo di tale pagamento e l'onere degli altri coeredi di agire, in sede di rendiconto o di scioglimento della comunione ereditaria, nei confronti del coerede che ha ricevuto il pagamento (Cass. 16 aprile 2013 n. 9158).
Deve ritenersi, pertanto, per tutto quanto fin qui esposto che il coerede è legittimato sia a richiedere, vuoi in sede cognitiva, vuoi in sede esecutiva, sia ad ottenere a sua scelta: - la totalità del credito ereditario - e quindi anche tutti i danni subiti in vita dal suo dante causa - senza necessità vuoi di agire unitamente agli altri coeredi, vuoi di integrare il contraddittorio nei loro confronti; - ovvero la sola quota ereditaria a sé spettante senza necessità vuoi di agire unitamente agli altri coeredi, vuoi di integrare il contraddittorio nei loro confronti. |