Natura artistica delle immagini di nudo di un minore: è configurabile il reato di detenzione di materiale pornografico?
18 Novembre 2019
Massima
In tema di pornografia minorile, la natura artistica delle immagini di nudo esclude che esse possano considerarsi realizzate per scopi sessuali, ai sensi dell'art. 600-ter, comma 7, cod. pen., anche quando le stesse rappresentino gli organi sessuali del soggetto ritratto o abbiano attitudine a sollecitare l'istinto sessuale. Il caso
La corte di appello ha confermato la sentenza di condanna dell'imputato, per aver fotografato una minore nuda, riqualificando come detenzione di materiale pornografico di cui all'art. 600 quater cod. pen. il fatto originariamente contestato come pornografia minorile ex art. 600-ter cod. pen. Avverso questa pronuncia, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, tra l'altro, la violazione di legge e il vizio di motivazione per aver escluso la sussistenza dell'ignoranza inevitabile dell'età minore della ragazza fotografata. Ella, infatti, aveva sottoscritto una dichiarazione liberatoria al gestore dello studio fotografico nella quale aveva dichiarato di essere maggiorenne. L'imputato, inoltre, ha dedotto la violazione di legge, sostenendo che la sentenza avrebbe svalutato la locuzione contenuta nella norma incriminatrice, secondo cui il materiale deve essere realizzato “per scopi sessuali”, desumendo tale circostanza dal solo fatto che le immagini riproducevano anche gli organi sessuali di una minorenne. Egli, infine, ha dedotto che non vi sarebbe stata alcuna degradazione dell'immagine del minore, necessaria per integrare il reato, in quanto la ragazza era consenziente e consapevole di quanto stava accadendo. La questione
Integra il reato di detenzione di materiale pornografico la disponibilità di immagini che rappresentano organi sessuali di un minore realizzate per uno scopo artistico? Le soluzioni giuridiche
1. La Corte ha ritenuto infondato il motivo attinente alla prospettata inevitabilità della ignoranza dell'imputato riguardo allo status di persona minorenne della ragazza ritratta in fotografia. Sul punto, ha rilevato che l'art. 602-quater cod. pen. pone un limite alla possibilità di addurre, come esimente rispetto alla ricorrenza del dolo nei delitti “contro la personalità individuale”, l'ignoranza della minore età della persona offesa, in quanto tale elemento di fatto è deducibile solo nel caso in cui si tratti di “ignoranza inevitabile”. Tale si deve ritenere quella che il soggetto non avrebbe potuto impedire, pur avendo egli tenuto una condotta volta ad acquisire le opportune informazioni sul punto spinta sino al limite della "esigibilità". Non è esente da responsabilità, pertanto, colui che, comportandosi anche solo con leggerezza, non abbia fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, in ciò attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell'interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori (Cass. 12 giugno 2015, n. 24820), né chi si sia accontentato di ricevere dal minore una mera dichiarazione con la quale questi riferiva di essere maggiorenne (Cass. 27 gennaio 2014, n. 3651). In particolare, il fatto tipico scusante previsto dall'art. 602-quater cod. pen. è configurabile solo se l'agente, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti sia stato indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne fosse maggiorenne. A tal proposito, non sono sufficienti, dati di fatto come la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o rassicurazioni verbali circa l'età, provenienti dal minore o da terzi (Cass. 11 gennaio 2018, n. 775; Cass. 18 dicembre 2015, n. 12475). Nel caso in esame, l'imputato ha sostenuto di aver fatto affidamento sulla circostanza che la ragazza era stata contattata dal titolare dello studio fotografico ove era stato organizzata la manifestazione nel corso della quale erano state scattate le fotografie e sul dato secondo il quale la medesima aveva rilasciato al predetto titolare una dichiarazione liberatoria riferita al fatto di essere maggiorenne. Entrambi gli argomenti non sono stati ritenuti conferenti rispetto alla configurabilità dell'esimente. Con il primo, in sostanza, si sostiene che il titolare dello studio fotografico avrebbe assunto una sorta di posizione di garanzia nei confronti di quanti lavorano nello stesso. Tale posizione di garanzia non ha alcun fondamento giuridico, né può essere ricondotta al fatto che il predetto titolare abbia dimostrato di avere svolto delle accurate indagini, eventualmente mostrando gli estremi di un documento anagrafico acquisito, onde verificare la maggiore età della modella. Il fatto che la ragazza abbia sottoscritto una liberatoria, invece, non consente di ritenere esaurito l'onere di diligenza gravante sui soggetti interessati, perché tale dichiarazione, peraltro proveniente dal soggetto che, prestando la propria immagine non certo gratuitamente, aveva tutto l'interesse ad essere utilizzata come modella, non era corredata da alcun elemento che ne potesse confermare la veridicità, come un documento anagrafico. Può escludersi, quindi, che l'ignoranza dell'imputato in ordine all'età della modella possa essere qualificata come inevitabile, essendo, anzi, la medesima evitabile con l'impegno di una diligenza contenuta in un grado decisamente lieve.
2. La Corte ha analogamente ritenuto infondato il motivo secondo il quale, nel caso di specie, non sarebbe intervenuta alcuna “utilizzazione” del minorenne, intesa come una degradazione e manipolazione dell'individuo intrinsecamente debole per effetto della sua ancora non pienamente raggiunta maturità, perché la ragazza, in piena consapevolezza e con sicura determinazione, ha deciso di posare per le fotografie, sostenendo di essere maggiorenne e presentando una tabella dei suoi compensi. Secondo il ricorrente, la Corte avrebbe errato assegnando al concetto di “utilizzazione del minore” un significato letterale consistente semplicemente nell'uso del corpo di soggetto minorenne per la realizzazione di immagini pornografiche. Al riguardo, la Corte ha osservato che il concetto di utilizzazione non deve essere inteso nel suo elementare significato grammaticale di uso o di mera materiale destinazione del minore per la realizzazione del materiale pornografico, stando, invece, esso a significare una vera e propria degradazione del minore ad oggetto di manipolazioni (Cass. 20 luglio 2018, n. 34162; Cass. 16 gennaio 2017, n. 1783). Tale degradante manipolazione, tuttavia, è connaturata nello stesso ricorso al corpo di un soggetto minorenne per trarne immagini aventi contenuto pornografico, non avendo alcuna conseguenza ai fini della consumazione del reato la circostanza che il minorenne abbia o meno prestato il proprio consenso alla realizzazione delle immagini (Cass. 12 luglio 2007, n. 27252). Nel caso di specie, pertanto, l'utilizzazione del minore non è esclusa dal fatto che ella avesse prestato in piena consapevolezza il proprio consenso ad esse ritratta.
3. La Corte, invece, ha ritenuto fondato il motivo di impugnazione, riguardante la manifesta illogicità e contraddittorietà della sentenza e l'errata applicazione della legge penale nella parte in cui in essa è stata ritenuta la destinazione “a scopi sessuali” delle immagini riprese dall'imputato. L'art. 600-ter, comma 7, cod. pen., invero, nel dettare una definizione di pornografia minorile, stabilisce che per tale deve intendersi, fra l'altro, qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni 18 “per scopi sessuali”. Nel caso in esame, il collegio di appello ha rilevato che le fotografie scattate dall'imputato, ritraenti la modella minorenne nuda, potrebbero non essere definite pornografiche, richiamando le figure di taluni notissimi fotografi le cui riprese, pur riferite a soggetti privi di abiti, avendo una riconosciuta dignità artistica, esulano dal concetto di pornografia, aggiungendo, tuttavia che, costituendo le immagini in questione la riproduzione di un "nudo esplicito", tale da suscitare le pulsioni sessuali dell'osservatore, e ritraendo esse un soggetto minorenne, la loro realizzazione costituisce esercizio di pedo-pornografia. Tale giudizio è stato ritenuto contraddittorio. Secondo la Corte, è contraddittorio sostenere, da una parte, che le fotografie dell'imputato possano essere definita non pornografiche poiché, essendo riconducibili alla categoria estetica del "nudo artistico", esse non sono connotate dall'essere destinate a "scopi sessuali"; dall'altro, affermare che, avendo le medesime l'attitudine a «fare breccia nelle pulsioni sessuali dell'osservatore», esse avrebbero contenuto pornografico e, raffigurando un soggetto minorenne, la realizzazione delle stesse è idonea ad integrare il reato contestato al ricorrente. Nel caso in cui sia ritenuta la natura artistica delle immagini, pertanto, deve escludersi che esse siano state realizzate per scopi sessuali, risultando fattore insignificante la circostanza che le medesime consistano nella rappresentazione degli organi sessuali del soggetto ritratto o che, comunque, esse abbiano l'attitudine a sollecitare l'istinto sessuale. La Corte, quindi, ha illustrato con un esempio il proprio pensiero. Il quadro “l'origine du monde” di Gustave Coubert, il cui soggetto ha, nel suo didascalico realismo, senz'altro la capacità di «fare breccia nelle pulsioni sessuali dell'osservatore»; avendo natura artistica, tuttavia, non può essere ritenuto un'immagine pornografica; né tale natura può essere assegnata ad un'opera come il David di Michelangelo, pur se essa raffigura, con l'evocativa forza plastica della nudità scultorea, un giovanetto privo di qualsivoglia indumento. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello che, in applicazione degli esposti principi, valuterà nuovamente la natura pedopornografica o meno delle immagini di cui al capo di imputazione realizzate dall'imputato. Osservazioni
1. La legge 3 agosto 1999, n. 269, recante Norme contro la pedofilia, che ha introdotto il reato di cui all'art. 600-ter cod. pen., non aveva fornito una definizione di “pornografia minorile”. Questa lacuna è stata superata dalla legge 1 ottobre 2012, n. 172, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007. È stato inserito nell'art. 600-ter cod. pen. il comma settimo, secondo il quale per pornografia minorile “si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”. Questa norma ricalca la nozione di “pornografia infantile” di cui all'art. 20, comma 2, della Convenzione di Lanzarote del 2007. Essa presenta una formulazione molto ampia, che ricomprende, tanto, “ogni rappresentazione”, realizzata “con qualunque mezzo”, del coinvolgimento del minore in attività sessuali, reali o simulate, quanto “qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore … per scopi sessuali”. Al fine di determinare il coinvolgimento del minore, in particolare, è sufficiente la sua mera utilizzazione che vale a provocarne la “degradazione” a oggetto di manipolazione (Cass. 10 maggio 2018, n. 39039). Anche la presenza del minore durante atti che hanno implicazioni di carattere sessuale, seppur come passivo spettatore, pertanto, integra lo svilimento della sua personalità che la disposizione penale punisce (Cass. 12 dicembre 2008, n. 10068). Quanto invece alla rappresentazione degli organi sessuali del minore, è stato affermato che la definizione pornografia minorile inserita nell'art. 600-ter cod. pen. dalla legge n. 172 del 2012 presenta un maggior rigore rispetto a quella precedente desunta dalla legge 11 marzo 2002, n. 46, di ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia stipulato a New York il 6/09/2000, perché in base ad essa basta la rappresentazione “per scopi sessuali” degli organi genitali del minore e non è più necessaria l'esibizione lasciva degli stessi (Cass. 20 novembre 2013, n. 3110).
2. La nozione di “pornografia minorile” rileva anche per il reato di cui all'art. 600-quater cod. pen., che incrimina la detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori. Ai fini della configurabilità del reato, infatti, è necessario che il materiale detenuto possa essere definito “pornografico”. A tal proposito, occorre far ricorso allo stesso art. 600-ter, comma 7, cod. pen., secondo cui, come si è visto, è “ogni rappresentazione”, realizzata “con qualunque mezzo”, del coinvolgimento del minore in attività sessuali, reali o simulate nonché “qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore … per scopi sessuali”.
3. Tanto premesso, la sentenza in esame si segnala perché precisa che il reato di cui all'art. 600-quater cod. pen. è integrato dalla detenzione di materiale che non solo consista nella rappresentazione degli organi sessuali di un minore, ma sia stato realizzato “per scopi sessuali”. La natura artistica delle immagini, invece, consente di escludere che esse siano state realizzate per scopi sessuali, risultando in tale ipotesi irrilevante che esse abbiano attitudine a sollecitare l'istinto sessuale. La Corte, peraltro, ha chiarito di fare riferimento a ipotesi in cui sia oggettiva la portata artistica delle immagini di nudo di un minore e non sia espressione di una valutazione soggettiva. Tanto pare possa desumersi dal riferimento ad alcune opere che rientrano tra i capolavori dell'umanità, come, in modo particolare, il David di Michelangelo. Il carattere "pornografico" o meno di immagini ritraenti una persona, peraltro, appartiene all'apprezzamento di fatto che è demandato al giudice del merito e che, in presenza di una motivazione immune da vizi logici, è sottratto all'intervento del giudice di legittimità. La natura pornografica delle immagini, inoltre, va desunta non tanto dalla nudità della persona ritratta, quanto dall'atteggiamento e dalle espressioni che la persona assume e che il ricorrente ha intenzionalmente fissato (Cass. 3 marzo 2010, n. 21392). Nel caso in esame, comunque, il rilievo di questo profilo discende dal fatto che la Corte di appello sembra proprio aver ritenuto la natura artistica delle fotografie, riconoscendo, al contempo, la sussistenza del reato per il solo fatto che le immagini ritraggono gli organi sessuali di una minore. Tale argomentazione è stata reputata contraddittoria dalla Corte di legittimità, oltre che in violazione della previsione normativa che pretende lo scopo sessuale della rappresentazione della nudità perché sia configurabile il reato. Appare utile anche sottolineare che la natura artistica delle immagini di nudo è diversa dal carattere o dalle finalità pubblicitarie che esse possono assumere. Queste ultime non sembra possono sottrarsi alla precisa volontà del legislatore di tutelare la personalità e la dignità delle persone minori di età (Cass. 3 marzo 2010, n. 21392).
4. La sentenza affronta anche il tema del consenso del minore rappresentato, escludendo che valga ad escludere che il minore sia stato utilizzato. Secondo l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, il consenso, anche se prestato da una persona prossima al raggiungimento della maggiore età, non assume alcun valore esimente. Le norme penali, infatti, mirano a salvaguardare la personalità del minore, che è ancora in via di formazione (Cass., Sez. III, 17/11/2016, n. 1783, dep. 2017; Cass., Sez. III, 5/06/2007, n. 27252). Per l'irrilevanza del consenso sono orientate anche le fonti internazionali, tra cui la decisione quadro del Consiglio europeo n. 2004/68/GAI del 22/12/2003, che accordano la protezione dallo sfruttamento sessuale ai minori fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età (Cass. 7/06/2018, n. 34162). Seppur con riferimento al delitto di cui all'art. 600 ter, comma 1, cod. pen., è stato anche precisato dalla Corte di cassazione che non assume valore esimente la circostanza che la vittima alla quale viene chiesta la realizzazione e l'invio di materiale pedopornografico abbia familiarità alla divulgazione di proprie immagini erotiche, condizione sintomatica della sua debolezza e del suo bisogno di tutela (Cass. 16/10/2018, n. 1509, dep. 2019). Sempre con riferimento al delitto di cui all'art. 600 ter cod. pen., la Corte di legittimità ha precisato che il produttore del materiale deve essere a persona diversa dal minore raffigurato, in quanto, nella diversa ipotesi in cui sia quest'ultimo - di propria iniziativa e senza intervento di altri - a realizzare il materiale, difetta l'elemento costitutivo dell'utilizzo del minore da parte di un soggetto terzo (Cass. 18/02/2016, n. 11675).
5. Ai sensi dell'art. 602 quater cod. pen., il colpevole non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa, “salvo che si tratti di ignoranza inevitabile”. La sentenza in esame ha approfondito anche questo profilo, precisando che la scriminante è configurabile solo se l'agente ha ottemperato, con diligenza, al proprio onere di informarsi, compiendo ogni accertamento dovuto ed esigibile, raffigurando, ciò nonostante, un minore nudo. A tal proposito, non sono sufficienti, dati di fatto come la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o le rassicurazioni verbali circa l'età, provenienti dallo stesso minore o da terzi (Cass. 11/01/2018, n. 775; Cass. 18/12/ 2015, n. 12475), né è stata reputata sufficiente la sottoscrizione di una falsa dichiarazione sulla sua maggiore età da parte della vittima o la rassicurazione di altre persone (nella specie, il titolare dello studio fotografico).
Delsignore, Bianchi, Detenzione di materiale pedopornografico, in Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte speciale, vol. VIII: I delitti contro l'onore e la libertà individuale, Torino, 2010; Farini, Pornografia minorile, in Tovani, Trinci (a cura di), I delitti contro la libertà sessuale, Torino, 2014. |