Il tentativo di repêchage non può imporre modifiche degli assetti organizzativi, anche nel caso di lavoratori con disabilità

David Satta Mazzone
01 Marzo 2021

Legittimo il licenziamento del lavoratore non idoneo alla mansione se non esistono accorgimenti pratici tali da consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro...

Legittimo il licenziamento del lavoratore non idoneo alla mansione se non esistono accorgimenti pratici tali da consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro ha soddisfatto l'onere imposto dall'art. 5 l. n. 604 del 1966 di provare il giustificato motivo di licenziamento dimostrando che, nell'ambito dell'organizzazione aziendale e del rispetto delle mansioni assegnate al restante personale in servizio, non vi era alcun accorgimento pratico -a prescindere dall'onere finanziario da assumere - applicabile alla mansione (già assegnata o equivalente ovvero inferiore) svolta dal lavoratore ed appropriata alla disabilità.

Il datore di lavoro non è obbligato a modificare la propria organizzazione aziendale o a demansionare e trasferire altri dipendenti per dare corso al tentativo di repêchage, nemmeno se si tratta del dipendente disabile e non idoneo alla mansione.

Con riferimento al d.lgs. n. 216/2003, norma di "Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro", la sentenza analizza l'ambito dei poteri datoriali in caso di accertata impossibilità a svolgere la prestazione per sopravvenuta invalidità permanente del dipendente.

Coerentemente all'art. 2, comma 4, della Convenzione dell'ONU, il datore di lavoro deve apportare accomodamenti ragionevoli alla propria organizzazione tali da garantire alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio del diritto ad esercitare attività lavorativa e gli accomodamenti ragionevoli, dovendo consistere in provvedimenti efficaci e pratici da coordinare con l'attività dell'impresa, non possono imporre all'azienda un onere sproporzionato.

In sostanza il diritto del lavoratore disabile all' adozione di accorgimenti che permettano l'espletamento dell'attività lavorativa trova un limite legittimo nell'organizzazione interna dell'impresa, e quindi nel mantenimento degli equilibri finanziari dell'azienda e nel diritto degli altri lavoratori alla conservazione delle mansioni assegnate.

Per tale motivo è intangibile la posizione lavorativa di altri dipendenti non affetti da disabilità, che non possono subire un peggioramento delle proprie condizioni professionali , ovvero un demansionamento o l'attribuzione di mansioni differenti, col fine di fare posto al collega che, sfortunatamente, è incorso in una sopravvenuta invalidità permanente.

La valutazione sulle mansioni affidate ad altri dipendenti può supportare le ragioni del recesso. La società che intende esercitare un licenziamento per l'accertata inidoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni affidate deve, correntemente all'art. 5 della l. n. 604 del 1966, provare il giustificato motivo di licenziamento, dimostrando l'insussistenza di mansioni equivalenti o inferiori da affidare al lavoratore non idoneo. In ogni caso è opportuno effettuare una verifica anche sui compiti svolti da altri dipendenti e sulla loro incompatibilità con l'inabilità del lavoratore: se non sussistono mansioni compatibili con le peggiorate condizioni fisiche del dipendente, è irrilevante da parte del datore svolgere l'ulteriore analisi degli eventuali accorgimenti da programmare per adattare le mansioni che si presentano, a prescindere, incompatibili con l'infermità del dipendente.

Per concludere. La valutazione sugli accomodamenti ragionevoli che l'azienda può apportare per salvaguardare la posizione lavorativa del dipendente incontra il limite della ragionevolezza: nessuno può imporre al datore un carico organizzativo sproporzionato ed eccessivo, tale da limitare la libertà di iniziativa economica privata, anch'essa tutelata da norme di rango costituzionale come l'articolo 41 Cost.

Al più, soluzioni per tutelare il diritto al lavoro anche in situazioni di inidoneità psicofisica, costituzionalmente garantito dall'art. 38 Cost., devono necessariamente coinvolgere parti sociali ed enti pubblici, istituendo sistemi di welfare che consentano l'estrinsecazione della vita lavorativa anche per le persone disabili.

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