La decorrenza del termine breve di impugnazione

Michele Nardelli
08 Marzo 2021

In tema di impugnazioni, non è idonea a far decorrere il termine breve la notificazione della sentenza presso il domicilio eletto, quando non sia specificato che essa è rivolta alla controparte rappresentata dal difensore al quale era stata conferita la procura alle liti, o al difensore medesimo, presso il domicilio eletto.
Massima

In tema di impugnazioni, non è idonea a far decorrere il termine breve la notificazione della sentenza presso il domicilio eletto, quando non sia specificato che essa è rivolta alla controparte rappresentata dal difensore al quale era stata conferita la procura alle liti, o al difensore medesimo, presso il domicilio eletto.

Il caso

A seguito di decisione di primo grado, una delle parti esegue la notificazione della decisione presso il domicilio eletto, e nello specifico presso lo studio del mero domiciliatario, che non era anche co-difensore. Nella notifica non era stato però specificato che essa fosse rivolta alla controparte, come rappresentata in giudizio, né che fosse diretta al difensore nominato, presso il domicilio eletto. Quando la parte destinataria di tale forma di notificazione propone impugnazione, oltre il termine breve, la difesa dell'appellata ne eccepisce la tardività rispetto a tale termine, assunto come decorrente dalla richiamata notificazione. La Corte d'appello non accoglie l'eccezione, perché rileva come ai fini del termine breve la notifica avrebbe dovuto essere rivolta in maniera specifica alla controparte, rappresentata dal difensore al quale era stata conferita la procura alle liti, o al difensore stesso, presso il domicilio eletto.

La questione

La questione da affrontare riguarda l'individuazione della modalità di esecuzione della notifica del provvedimento giudiziario, in vista della decorrenza del termine breve per l'impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

Il tema della notifica del provvedimento giudiziario, in vista della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, è stato oggetto di ripetute prese di posizione da parte della giurisprudenza, riguardando principi cardine del processo, quali l'esercizio del diritto di difesa e la garanzia del contraddittorio, e quali la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici.

Da ultimo, per la valenza dogmatica delle conclusioni, va richiamata Cass. civ., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20866, la quale ha stabilito che “A garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell'opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall'inosservanza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest'ultimo, ove la legge non ne fissi la decorrenza diversamente o solo dalla comunicazione a cura della cancelleria, deve essere in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario, sicché essa va eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata; di conseguenza, la notifica alla parte, senza espressa menzione - nella relata di notificazione - del suo procuratore quale destinatario anche solo presso il quale quella è eseguita, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l'omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall'epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza”. Le questioni erano state in precedenza oggetto di diverse conclusioni. Quanto al rilievo del luogo di notificazione, esso era ad esempio stato ritenuto idoneo a fondare la decorrenza del termine breve, quando vi fosse stata coincidenza tra il domicilio eletto dalla parte presso il difensore e il domicilio della parte (Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2011, n. 18640, secondo cui “Ai fini del decorso del termine breve previsto dall'art. 326 c.p.c., la notifica della sentenza effettuata alla parte, nel domicilio eletto presso il difensore, equivale a quella compiuta, ai sensi degli art. 170 e 285 c.p.c., al procuratore costituito, atteso che entrambe le forme d'impugnazione assicurano l'esigenza della piena conoscenza del contenuto della sentenza per la parte tramite il suo difensore, qualificato professionalmente a valutare l'opportunità dell'impugnazione. A maggior ragione deve ritenersi idonea tale forma di notifica ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, nell'ipotesi in cui il domicilio eletto presso il procuratore sia situato nella medesima sede in cui è domiciliata la parte, garantendo in tal modo un univoco collegamento tra di essa, il suo procuratore costituito e il domicilio di quest'ultimo. (Nella specie, la sentenza è stata notificata presso il domicilio eletto dal Comune di Napoli, ovvero presso il servizio di avvocatura municipale, che si trova nell'identico luogo di domicilio del sindaco, ovvero palazzo S. Giacomo, ufficio destinato a ricevere la notifica di tutti gli atti, a qualunque titolo indirizzati al comune a mezzo di ufficiale giudiziario)”). Quanto invece alla necessità della indicazione del nominativo del difensore nella procedura di notificazione, la mancanza non era stata ritenuta causa di nullità da Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 2020, n. 2396, che aveva stabilito come “Ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, non è affetta da nullità la notifica della sentenza effettuata presso lo studio del procuratore domiciliatario senza l'indicazione del nominativo del procuratore "ad litem" qualora il nominativo del destinatario dell'atto possa evincersi dalla stessa pronuncia notificata” (ma la peculiarità del caso è stata oggetto di specifica presa di posizione da parte di Sez. Un., 20866/2020, nel senso che è stato escluso il contrasto tra le due decisioni, come meglio si dirà).

Vanno ulteriormente richiamate le conclusioni, nella giurisprudenza di merito, raggiunte da Corte d'Appello, Roma, Sez. IV, 1 luglio 2019, secondo cui “La notificazione della sentenza in forma esecutiva eseguita alla controparte personalmente anziché al procuratore costituito a norma degli artt. 170, comma 1, e 285 c.p.c. è inidonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione sia nei confronti del notificante che del destinatario”.

Quanto al luogo di notifica al procuratore costituito, secondo Cass. civ., sez. VI., ord., 25 giugno 2018, n. 16663 “La notifica della sentenza presso il domicilio reale del procuratore costituito, sito in luogo diverso da quello indicato in sede di elezione di domicilio, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione previsto dall'art. 325 c.p.c., in ragione del termine ridotto che può incidere sul diritto di difesa, con conseguente prevalenza del dato topografico su quello personale”. Va tuttavia registrato che secondo Cass. civ., sez. un., 19 marzo 2020, n. 7454, “La regola stabilita dall'art. 138, comma 1, c.p.c., secondo cui l'ufficiale giudiziario può sempre eseguire la notificazione mediante consegna nelle mani proprie del destinatario, ovunque lo trovi, è applicabile anche nei confronti del difensore di una delle parti in causa, essendo quest'ultimo, dopo la costituzione in giudizio della parte a mezzo di procuratore, l'unico destinatario delle notificazioni da eseguirsi nel corso del procedimento (art. 170, comma 1, c.p.c.), sicché, al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione, è valida la notifica della sentenza effettuata a mani proprie del procuratore costituito, ancorché in luogo diverso da quello in cui la parte abbia, presso il medesimo, eletto domicilio” -è il caso di dire che Cass. civ., n. 16663/18 ha fatto prevalere il dato topografico su quello personale, poiché in quello specifico caso il motivo di impugnazione si era limitato “ad esprimere un principio generale senza dare conto della persona cui era stata nella specie consegnata la sentenza notificata”.

In riferimento al rapporto tra parte e procuratore, Cass. civ., sez. VI, ord., 19 febbraio 2019, n. 4764 ha affermato che “La cancellazione (anche volontaria) dall'albo degli avvocati comporta la perdita dello ius postulandi del difensore anche dal lato passivo, con conseguente invalidità (nullità) delle comunicazioni e notificazioni a lui effettuate dopo tale cancellazione, sicché deve ritenersi rituale la notifica alla parte personalmente della sentenza di primo grado ed idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione”.

Ipotesi particolari sono quelle che riguardano l'impugnazione di un lodo arbitrale, caso nel quale Cass. civ. sez. I, ord., 9 dicembre 2019, n. 32028 ha affermato che “La notificazione del lodo arbitrale alla parte personalmente è idonea a far decorrere il termine d'impugnazione fissato dall'art. 828 c.p.c. anche quando la parte stessa sia stata assistita, nel giudizio arbitrale, da un procuratore, eleggendo domicilio presso il medesimo; infatti, in tale giudizio il rapporto con il difensore si svolge sul piano contrattuale del mandato con rappresentanza, senza vera e propria costituzione, sì da rendere inapplicabile la disciplina degli artt. 170 e 285 c.p.c.”; e relative ai provvedimenti inerenti ai giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, in cui Cass. civ., sez. un., 4 dicembre 2020, n. 27773 ha stabilito che “In tema di giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, ai sensi dell'art. 36, commi 4 e 6, della l. 247/2012, in deroga al combinato disposto degli artt. 285 e 170 c.p.c., il termine di trenta giorni per impugnare la sentenza del CNF decorre dalla notifica della stessa a richiesta d'ufficio eseguita nei confronti dell'interessato personalmente, considerato che non ricorre qui la "ratio" della regola generale della necessità della notifica al difensore, in quanto il soggetto sottoposto a procedimento disciplinare è un professionista il quale è in condizione di valutare autonomamente gli effetti della notifica della decisione, dovendosi, peraltro, eseguire la notificazione alla parte presso l'avvocato domiciliatario, secondo le regole ordinarie, e non direttamente alla parte, le volte in cui il professionista incolpato decida di non difendersi personalmente ma di farsi assistere da un altro avvocato, eleggendo domicilio presso il medesimo o presso un terzo avvocato”.

Osservazioni

Il tema affrontato dalla decisione in commento rappresenta un indicatore utile a valutare la capacità dell'ordinamento giuridico di garantire il rispetto di alcuni principi fondamentali.

Giova a questo proposito premettere che il sistema delle impugnazioni, come già rilevato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. un., 17 dicembre 2018, n. 32622, è suscettibile di essere regolamentato mediante la previsione di limitazioni. E tanto perché “la previsione di un limite al sistema di impugnazioni è funzionale al principio di certezza del diritto (Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30994; Cass. civ., sez. un., ord., 11 aprile 2018, n. 8984), cardine dell'ordinamento giuridico anche eurounitario, siccome teso a garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia (Corte Giustizia, 03 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub; Corte Giustizia, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Kobler; Corte Giustizia 16 marzo 2006, in causa C-234/04, Kapferer)”. Vi è quindi la valorizzazione, nell'ambito delle regole da stabilire nell'ambito processuale, del principio della certezza del diritto, a sua volta funzionale sia alla stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, e sia alla buona amministrazione della giustizia. E la valenza generale del richiamato principio di certezza del diritto è rilevabile anche in ragione degli ulteriori istituti ai quali esso è sotteso (dei quali è ad esempio espressione Cass. civ., sez. un., 21 agosto 1972, n. 2690, secondo cui “La decadenza assolve più efficacemente della prescrizione alla funzione di assicurare certezza e stabilita ai rapporti giuridici, atteso il maggior rigore cui è informata la sua disciplina, che prevede termini più brevi, non ne ammette la interruzione e, soltanto in via eccezionale, ne ammette la sospensione. Per stabilire in concreto se un termine stabilito dalla legge sia di prescrizione o di decadenza occorre non tanto fare riferimento alla espressa definizione contenutane nella legge, quanto alla sua finalità: nella prescrizione, quella di ritenere, in via presuntiva, abbandonato il diritto per l'inerzia protrattasi per un certo tempo (termine di durata) del suo titolare, e nella decadenza, quella corrispondente alla necessita obiettiva di compimento di determinati Atti entro un dato tempo (termine fisso o perentorio)”).

Ovviamente, mentre la buona amministrazione della giustizia è principio primariamente e immediatamente riferibile a doveri pubblicistici, ancorché con riflessi sulla collettività (non a caso della verifica di compatibilità delle concrete regole processuali con i principi del giusto processo il giudice nazionale deve farsi carico, come ad esempio accaduto nel caso trattato da Cass. civ., sez. VI - III, ord., 6 marzo 2019, n. 6439, nel quale la Corte di legittimità ha rilevato che “La previsione dell'art. 348, comma 2, c.p.c., secondo cui l'impugnazione è improcedibile se l'appellante non compare sia alla prima che alla seconda udienza, è compatibile con i principi del giusto processo di cui agli artt. 111 Cost. e 6 CEDU, dovendo essere contemperato il principio del contraddittorio con quello della ragionevole durata dell'attività giurisdizionale che verrebbe irrimediabilmente pregiudicata se fosse consentito all'appellante rallentare lo sviluppo del processo ritardandone la sua definizione”; o ancora nel caso trattato da Cass. civ., sez. III, ord., 4 febbraio 2020, n. 2467, nel quale la Corte di cassazione ha stabilito che “È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - per asserita violazione degli artt. 24 e 117, comma 1, Cost. in relazione agli artt. 47 della Carta di Nizza e 6 della CEDU, quali norme interposte – dell'art. 702-quater c.p.c., nella parte in cui stabilisce che l'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione è appellabile entro il termine breve di trenta giorni dalla sua comunicazione ad opera della cancelleria, trattandosi di schema procedimentale che, rispondendo allo scopo di garantire la stabilità delle decisioni non impugnate entro un determinato termine, ritenuto dall'ordinamento nazionale adeguato ai fini di una ponderata determinazione della parte interessata, non è incompatibile con il principio di effettività della tutela giurisdizionale”), la stabilità dei rapporti giuridici è principio che interessa in maniera diretta anche i soggetti privati, quando siano i diretti protagonisti delle controversie.

Nella specie, le norme sulle impugnazioni devono garantire da un lato –come affermato dalle Sezioni Unite n. 20866/2020 - “l'esigenza primaria e prevalentemente pubblicistica del sollecito conseguimento della definitività della decisione (quale espressione di una doverosa aspirazione alla certezza del diritto, ma pure di effettività della tutela della parte che ha ragione)”, e dall'altro l'esigenza “dell'adeguata estrinsecazione delle potenzialità tecniche del diritto di difesa di tutte le parti, compresa quella contro cui il giudicato si vuole formare, connaturate al riconoscimento della tendenziale necessità della difesa tecnica specializzata (quale espressione del diritto di accesso al giudice in condizioni di parità con la controparte)”. In altre parole, il contemperamento degli interessi, in vista del conseguimento dell'obiettivo di una più rapida stabilità della decisione, rispetto a quella che conseguirebbe alla mera inerzia, e alla maturazione del giudicato rispetto al termine di cui all'art. 327 c.p.c., implicando la notificazione del provvedimento giudiziario, secondo delle regole determinate, deve tener conto proprio del rispetto delle procedure di notifica. Il termine breve potrà pertanto decorrere solo in presenza della conformità della procedura rispetto a quella prevista dall'art. 170 c.p.c., in modo che essa: 1) sia diretta al soggetto professionalmente qualificato, 2) sia percepibile come diretta a provocare la riduzione del termine per l'impugnazione. Se non fosse diretta al difensore, ma alla parte (salve le ipotesi della costituzione personale), non si avrebbe garanzia di una valutazione professionale della notificazione rispetto agli effetti sul termine di impugnazione. Se non fosse compiuta secondo le previsioni di legge, la sua interpretazione sarebbe equivoca, e non potrebbe pregiudicare l'affidamento della parte, in vista dell'esercizio del diritto all'impugnazione, rispetto al termine di cui all'art. 327 c.p.c.

Da un punto di vista normativo, le due disposizioni di riferimento sono contenute negli artt. 325 e 327 c.p.c. A mente della prima, il termine per l'appello e per le altre impugnazioni richiamate è di trenta giorni (sessanta giorni per il ricorso per cassazione), e la sua decorrenza (art. 326 c.p.c.) è ancorata alla notificazione della sentenza (salvo che per la revocazione e per l'opposizione di terzo, nei casi previsti); a mente della seconda, indipendentemente dalla notificazione il termine è di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Quanto alle modalità della notificazione, l'art. 285 c.p.c. fa rinvio all'art. 170 c.p.c., sicché essa deve essere effettuata nei confronti del procuratore costituito (se la parte è costituita personalmente la notifica deve avvenire nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto).

Come si vede, la concreta regolamentazione è per l'appunto finalizzata ad indirizzare le notificazioni non alla parte (salvo quando essa sia costituita personalmente), ma al suo procuratore, evidentemente al fine di garantire la valutazione tecnica dell'atto, in vista delle sue implicazioni sugli sviluppi processuali. In questo modo viene assicurato il diritto della parte, rispetto alla contrapposta volontà di chi voglia escludere la valenza del termine di impugnazione semestrale, “di ricevere un atto dotato di requisiti formali minimi univoci e chiari in tal senso, a tanto corrispondendo simmetricamente l'onere del notificante, per potersi giovare dei cospicui effetti positivi riconosciutigli dall'ordinamento, di formare il suo proprio atto con adeguata chiarezza ed univocità” (così Cass. civ., n. 20866/2020). È questo il motivo per il quale il procuratore costituito deve essere “menzionato o univocamente percepibile quale destinatario dell'attività notificatoria”, ed è questo il motivo per il quale deve essere intesa come “attività neutra, nel senso di ambigua al fine appena indicato e così inidonea ad attivare l'onere di impugnazione nel termine breve, la notifica eseguita alla parte di persona senza alcuna menzione, nelle attività di notificazione, dell'univoca direzione a quel procuratore” (così ancora Cass. civ., n. 20866/2020).

Rimangono pertanto prive di effetti, a fini di decorrenza del termine breve di impugnazione, e procedendo ad una elencazione meramente esemplificativa, le notifiche effettuate alla parte personalmente (Cass. civ., sez. I, ord., 13 marzo 2019, n. 7197, secondo cui “La notificazione della sentenza al domicilio reale del soccombente, anziché al procuratore costituito, realizza una forma di notificazione diversa rispetto a quella prevista dagli artt. 285 e 170 c.p.c., che non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione in quanto, in primo luogo, non risulta rappresentativa della volontà impugnatoria della parte notificante e, in secondo luogo, non integra il necessario veicolo di conoscenza in favore del soggetto professionalmente qualificato, il procuratore costituito, perché possa valutare l'opportunità della proposizione dell'impugnazione”), senza il riferimento specifico al suo procuratore quale destinatario, e le notifiche effettuate alla parte presso il domicilio eletto da questa e non dal suo difensore. In quest'ultimo caso l'inefficacia della notificazione, in vista della decorrenza del termine breve, consegue sia qualora il domicilio della parte sia diverso rispetto a quello del suo procuratore, e sia se esso sia il medesimo, qualora manchi il riferimento al procuratore stesso, dal momento che la sola coincidenza della domiciliazione non assicurerebbe che la sentenza pervenga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale, ancora una volta in base alla necessità che sia il soggetto professionalmente qualificato a vagliare l'opportunità dell'impugnazione (Cass. civ., sez. VI - I, ord., 5 luglio 2017, n. 16590, secondo cui “Non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione la notifica della sentenza effettuata al comune, parte in causa, in persona del sindaco e presso la casa comunale, ove l'organo è domiciliato per la carica, in assenza di qualunque richiamo al procuratore dell'ente, anch'egli domiciliato presso la casa comunale, in quanto la sola identità di domiciliazione non assicura cha la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l'opportunità dell'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inidonea una notifica in concreto e fortuitamente avvenuta a mani del procuratore costituito ma mancante del riferimento nominativo al procuratore della parte”).

In presenza di una notifica al procuratore, si è evidenziato in precedenza come vi sia un apparente contrasto tra Cass. civ., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20866 e Cass. civ., sez. III, ord., 3 febbraio 2020, n. 2396, che come si è detto aveva invece stabilito come “Ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, non è affetta da nullità la notifica della sentenza effettuata presso lo studio del procuratore domiciliatario senza l'indicazione del nominativo del procuratore "ad litem" qualora il nominativo del destinatario dell'atto possa evincersi dalla stessa pronuncia notificata”. Le sezioni unite hanno in realtà escluso in fatto il contrasto, perché hanno sottolineato la peculiarità di quella decisione, nella quale “l'univocità della direzione della notifica all'attivazione del termine breve di impugnazione, pure in carenza di indicazione nominativa del procuratore costituito, era congruamente desumibile non tanto dal fatto che le sue generalità si ricavassero dal contesto dell'atto, quanto soprattutto dalla circostanza che la notifica era stata eseguita in un luogo, quale lo studio professionale proprio del procuratore costituito, diverso dalla sede o residenza del cliente e quindi ai fini professionali tipici od istituzionali a quello connessi, tra cui, appunto, l'attivazione degli oneri in tema di termini brevi di impugnazione”.

Pare necessario operare alcune ulteriori notazioni, in riferimento all'utilizzo della PEC a fini di notificazione. L'introduzione delle previsioni riferite all'utilizzo della posta elettronica certificata ha già portato la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. VI - II, ord., 23 maggio 2019, n. 14140) ad affermare che “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, secondo le previsioni di cui all'art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. 221/2012, come modificato dal d.l. 90/2014, conv., con modif., in l. 114/2014, la notificazione dell'atto di appello va eseguita all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, sicché è nulla la notificazione effettuata - ai sensi dell'art. 82 del r.d. 37/1934 - presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario”. Ovviamente, il principio indicato è relativo al solo utilizzo dello strumento a fini di notificazione, ma non riveste alcun effetto in vista della valutazione del rispetto delle formalità che si sono richiamate, che permangono applicabili anche quando la notificazione venga eseguita a mezzo della posta elettronica certificata.

E tuttavia deve segnalarsi, per i possibili risvolti generali, e al di là dello specifico caso (peraltro non rilevante rispetto alla decisione in commento), la tematica relativa alla valenza del domicilio digitale di ciascuno dei co-difensori, in presenza di un domicilio -ancorché a sua volta telematico- indicato in atti a fini di notificazione, e riferito ad un diverso co-difensore. In altre parole, si tratta di valutare se a fronte della indicazione dell'indirizzo pec di uno dei difensori, a fini di ricezione delle comunicazioni/notificazioni, possa validamente eseguirsi la notifica a mezzo pec all'indirizzo digitale di altro difensore, tratto dai registri di legge, ma non indicato in atti a tali fini. Al riguardo, deve premettersi che rispetto alle modalità di notificazione tradizionali, era stato affermato (Cass. civ., sez. VI - III, ord., 27 maggio 2011, n. 11744) che “La notificazione della sentenza ad uno soltanto dei plurimi difensori nominati dalla parte è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, di cui all'art. 325 c.p.c., a nulla rilevando che il destinatario della notifica non sia anche domiciliatario della parte”. In altre parole, poteva capitare che in presenza di più difensori, uno solo di essi fosse il domiciliatario, e che nondimeno la notifica in corso di causa venisse eseguita nei confronti di altro difensore, ancorché non domiciliatario. Come si è visto, la notificazione sarebbe stata comunque valida. In relazione al domicilio digitale, Cass. civ., sez. lav., ord., 31 gennaio 2019, n. 2942 ha invece affermato che “In tema di comunicazioni di cancelleria, qualora nell'atto sia stato specificato di voler ricevere le comunicazioni esclusivamente presso l'indirizzo PEC di uno dei difensori di fiducia, non è valida la comunicazione effettuata all'indirizzo PEC di altro difensore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato improcedibile l'appello sebbene il decreto di fissazione di udienza, di cui all'art. 435 c.p.c., fosse stato comunicato all'indirizzo PEC di un codifensore diverso da quello indicato)”. In sostanza, si è escluso rilievo alla notificazione eseguita a mezzo pec, a un difensore diverso rispetto a quello indicato in atti quale domiciliatario, e tanto pur se l'indicazione dell'indirizzo pec dell'avvocato non sia più previsto quale elemento da indicare negli atti, a seguito della modifica intervenuta sull'art. 125 c.p.c. (Cass., Sez. Un., Sentenza n. 23620 del 28/09/2018, secondo cui “In materia di notificazioni al difensore, in seguito all'introduzione del "domicilio digitale", previsto dall'art. 16-sexies del d.l. 179/2012, conv. con modif. dalla l. 221/2012, come modificato dal d.l. 90/2014, conv. con modif. dalla l. n. 114 del 2014, è valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all'art. 6 bis del d.lgs. n. 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 44/2011, gestito dal Ministero della Giustizia”). Sullo specifico tema va però richiamata la decisione di Cass. civ., sez. VI, 3 agosto 2020, n. 16581, che ha rimesso la questione alla sezione quarta, avendo ritenuto che essa rivesta valore nomofilattico, in un caso nel quale la notificazione a fini di decorrenza del termine breve era stata eseguita presso l'indirizzo pec di uno dei co-difensori, ancorché in atti fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni venissero eseguite agli indirizzi pec degli altri due difensori nominati.

In conclusione, la decisione che si commenta ha fatto piena applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità inerenti alla problematica della notificazione della sentenza, in vista della decorrenza del termine breve di impugnazione. In particolare, la Corte bresciana ha dato atto del fatto che la destinataria della notifica avesse nominato un procuratore, che aveva eletto domicilio presso altro avvocato, il quale aveva quindi assunto la veste di mero domiciliatario, e non di co-difensore. La notifica avrebbe pertanto dovuto essere eseguita nei confronti del procuratore, presso il domicilio eletto, ovvero nei confronti della parte, come rappresentata e difesa dal proprio difensore, presso il domicilio eletto. E tuttavia essa era stata eseguita presso l'indirizzo pec del domiciliatario, senza la specificazione per la quale fosse rivolta alla controparte, rappresentata dal difensore al quale era stata conferita la procura alle liti, né a quest'ultimo, presso il domicilio eletto. Si è realizzata, in altre parole, una notificazione nei confronti del mero domiciliatario, senza però alcun riferimento alla parte, come rappresentata in giudizio, ovvero al procuratore. E tanto evidentemente non può essere ritenuto sufficiente, in vista degli effetti processuali che ne dovrebbero derivare, in vista dell'applicazione del termine breve per proporre l'impugnazione.

Riferimenti
  • CAPRIO Sara, Notifica della sentenza alla parte personalmente: non è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, in ilprocessocivile.it, 7 dicembre 2020;
  • METAFORA Roberta, Il dies a quo nel ricorso in cassazione avverso l'ordinanza conclusiva del giudizio di opposizione per la liquidazione delle spese di giustizia, in giustiziacivile.com, 11 agosto 2020;
  • PEDRONI Francesco, SCHIAVONE Matteo, Validità della notifica effettuata presso lo studio del domiciliatario anche senza l'indicazione del procuratore costituito, in ilprocessotelematico.it, 8 maggio 2020.

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