Tribunale di Bologna e l'algoritmo Frank: un caso di finta cecità e di discriminazione indiretta?
08 Marzo 2021
Massima
Costituisce una forma di discriminazione indiretta l'algoritmo che gestisce il sistema di penalizzazioni nel caso di disdetta non tempestiva del turno di lavoro da parte del rider poiché non prende in considerazione le cause alla base della rinuncia del turno. Infatti, la penalizzazione dei riders che non comunicano almeno 24 ore prima la disdetta al turno di lavoro precedentemente selezionato costituisce una disposizione apparentemente neutra che tuttavia discrimina coloro che esercitano il diritto di sciopero. Il caso
Con ricorso ex art. 5, comma 2, d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216, depositato da varie associazioni sindacali viene chiesto al Tribunale di Bologna di accertare la natura discriminatoria del sistema informatico basato sull'algoritmo denominato Frank e adottato da una nota società di consegna di cibo a domicilio per determinare le fasce orarie di lavoro che possono essere scelte da ciascun rider.
La censura mossa dalle associazioni sindacali è che l'algoritmo Frank potenzialmente discrimina i lavoratori che partecipano a scioperi decurtando loro punti reputazionali. Rilevano, infatti, che l'algoritmo profila ciascun rider sulla base di due parametri. Il primo è basato sulla partecipazione a turni di lavoro con più alta richiesta di consegne a domicilio, ovvero quelli serali del fine settimana. Maggiore è la partecipazione del rider ai turni testé descritti, più alto è il loro punteggio. L'altro parametro è l'affidabilità del rider consistente nell'effettivo svolgimento dei turni opzionati o, quantomeno, nella tempestiva disdetta comunicata tramite applicazione almeno 24 ore prima dell'inizio del turno prescelto.
Il punteggio reputazionale, sottolineano le associazioni ricorrenti, costituisce una variabile molto importante per il rider. La scelta dei turni viene effettuata in tre fasce orarie. Ciascun rider viene collocato in una delle tre fasce a seconda del proprio punteggio reputazionale come sopra determinato. Essere collocato nella prima fascia oraria settimanale significa per il rider poter scegliere quando lavorare e soprattutto indicare i turni di maggior guadagno, quali quelli serali del fine settimana. Ne deriva che la penalizzazione di punti reputazionali comporta la possibilità di retrocedere di fascia oraria con conseguente perdita di occasioni di lavoro.
Le associazioni sindacali ritengono potenzialmente discriminatorio l'algoritmo Frank perché considera allo stesso modo tutte le assenze dei riders indipendentemente dalle motivazioni alla base della mancata partecipazione al turno prescelto. Per l'algoritmo della piattaforma digitale è, infatti, indifferente che il rider non abbia lavorato per motivi seri (ad es. di salute) o perché abbia esercitato una prerogativa costituzionale quale il diritto allo sciopero piuttosto che per scarsa affidabilità e professionalità.
La difesa della piattaforma digitale in via preliminare contesta la legittimazione ad agire delle ricorrenti. Nel merito evidenzia che tale forma di prenotazione basato su tre fasce orarie è opzionale, che il rider non ha alcun obbligo di effettuare servizi di consegna nelle fasce orarie indicate e che l'algoritmo Frank è totalmente estraneo al sistema di prenotazione delle sessioni lavorative e, quindi, non può essere discriminatorio. Nel corso di causa, più precisamente il 2 novembre 2020, la difesa di parte resistente ha dato atto che il sistema di prenotazione a tre fasce orarie distinte è stato abbandonato e, pertanto, ad integrazione delle conclusioni rassegnate nella memoria di costituzione, ha chiesto pronunciarsi la cessazione della materia del contendere. La questione
La mancata presa in considerazione da parte dell'algoritmo Frank delle motivazioni o delle cause che hanno indotto il rider a non partecipare al turno di lavoro prescelto costituisce una forma di discriminazione?
In caso di risposta affermativa al primo quesito la discriminazione in questione è qualificabile come diretta o indiretta? La soluzione
La Giudice del Tribunale di Bologna accoglie la domanda delle associazioni ricorrenti. Ritiene che l'algoritmo Frank sia discriminatorio in quanto potenzialmente in grado di ostacolare il diritto allo sciopero dei riders. Per questo motivo condanna la società resistente al risarcimento del danno, alla pubblicazione di un estratto della sentenza su un giornale a tiratura nazionale e a pubblicare sul propro sito l'intero testo della sentenza.
Innanzitutto rigetta le due questioni preliminari formulate della difesa della resistente. In merito alla cessazione della materia del contendere rileva che questa non possa essere accolta perché parte resistente ha sempre negato la natura discriminatoria dell'algoritmo Frank, non c'è stato accordo tra le parti sul venir meno dell'interesse ad agire, ed, inoltre, i ricorrenti hanno richiesto oltre all'accertamento della natura discriminatoria dell'algoritmo Frank il risarcimento del consequenziale danno subito.
In merito alla carenza di legittimazione ad agire la Giudice si sofferma sull'art. 5, comma 2. d.lgs. 9 luglio 2003 n. 216, che indica esplicitamente le associazioni tra quelle legittimate ad agire per inibire condotte discriminatorie. L'eccezione di parte resistente è ancor più infondata se si considera che lo statuto delle associazioni ricorrenti prevedono la lotta a qualsiasi forma di discriminazione che nel caso di specie, tra l'altro, mina la principale forma di rivendicazione sindacale, l'esercizio del diritto di sciopero.
Secondo la Giudicante è del tutto priva di pregio la deduzione della difesa resistente nella parte in cui sostiene l'inammissibilità del ricorso perché i ricorrenti non hanno indicato i soggetti effettivamente lesi dall'algoritmo. Lo scopo dell'art.2 è quello di tutelare un interesse diffuso quando non è possibile individuare in maniera diretta i soggetti lesi.
Vedendo nel merito la Giudice, con un'approfondita analisi basata su precisi richiami normativi e precedenti giurisprudenziali sia nazionali che comunitari, ripercorre lo sviluppo della tutela antidiscriminatoria.
In sintesi i punti fondamentali sono la definizione di discriminazione diretta ed indiretta.
L'art. 2 lett. a) d.lgs. n. 216/2003 precisa che la discriminazione diretta si ravvisa qualora per religione, per convinzioni personali, per handicap, per età o orientamento sessuale, una persona sia trattata meno favorevolmente di quanto sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga.
Nella successiva lett. b) è stabilito che per discriminazione indiretta si intende una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri, ma possono mettere le persone che professano una determinata religione o convincimento personale, le persone portatrici di handicap le e persone di una particolare età o di un orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio rispetto alle altre.
La Giudice ritiene che il caso di specie rientri nella seconda ipotesi, cioè di discriminazione indiretta. L'algoritmo Frank non prendendo in considerazione la possibilità che il lavoratore non abbia partecipato alla sessione prenotata perché ha aderito ad uno sciopero attua indirettamente un comportamento discriminatorio.
Sul punto, come invece sostenuto da parte resistente, non rileva il fatto che il lavoratore possa collegarsi nella fascia oraria prescelta e poi non effettuare alcuna consegna. La Giudice si sofferma come sia stato accertato che il rider per collegarsi al sistema debba presentarsi almeno 15 minuti prima della fascia oraria prescelta nella stazione di partenza stabilita dalla piattaforma. Ciò comporta che il rider che non intende lavorare debba comunque presentarsi sul luogo di lavoro inibendogli o rendendo più difficoltoao la possibilità di esercitare il diritto allo sciopero. A maggior ragione rimarca che tale condizione sia ancor più discriminatoria per il lavoratore costretto anche in malattia a presentarsi sul luogo di lavoro onde evitare di perdere punti reputazionali e, quindi, potenziali occasioni di scegliere i turni più remunerativi. Osservazioni
L'ordinanza affronta praticamente tutte le problematiche attinenti il diritto antidiscriminatorio andandolo ad applicare al rapporto di lavoro tra ciclofattorino e piattaforma digitale.
Desta qualche perplessità il fatto che l'algoritmo Frank sia stato definito una forma di discriminazione indiretta. Come rilevato nell'ordinanza sono stati forniti dai ricorrenti argomenti presuntivi dai quali sia desumibile un condotta antidiscriminatoria. A fronte di tali argomenti presuntivi la società resistente non ha messo a disposizione elementi dai quali sia stato possibile per la Giudice capire l'effettivo funzionamento dell'algoritmo Frank. Sulla scorta di un recente precedente della Suprema Corte (Cass., sez. lav., 2 gennaio 2020, n. 1) anche l'assenza di chiarezza dei meccanismi decisionali costituisce una presunzione di discriminazione.
Ma non solo. Dall'istruttoria è emerso che l'algoritmo Frank fosse in grado di riconoscere alcune giustificazioni della mancata partecipazione al turno prescelto, più precisamente errato funzionamento dell'applicazione e infortunio del rider durante un turno di lavoro.
Se, dunque, l'algoritmo riconosce e giustifica alcune condotte non considerandole a livello di punteggio reputazionale, siamo sicuri che l'algoritmo sia “cieco” come definito da parte resistente? Se è stata prevista la possibilità di giustificare alcune condotte, significa che qualcuno ha deliberatamente previsto di non discriminarne altre, come l'assenza per malattia o per l'esercizio del diritto di sciopero. In altri termini il programmatore di Frank ha stabilito che quest'ultimo possa miracolosamente “riacquistare la vista” a fronte di determinate motivazioni alla base della mancata partecipazione di un turno escludendone, invece, altre. E la programmazione è un atto volontario eseguito da un soggetto persona fisica.
L'ordinanza in commento solo apparentemente sembra possa definirsi neutra rispetto al vivace dibattito giurisprudenziale sulla qualificazione del rapporto come autonomo o subordinato tra rider e piattaforma digitale. Questa sensazione di neutralità può derivare dal fatto che la Giudice espressamente ricordi a parte resistente, che aveva posto alle base delle sue difese anche la qualificazione del rapporto tra rider e piattaforma come autonomo, l'indifferenza ai fini dell'applicabilità della tutela antidiscriminatoria della qualificazione del rapporto. L'applicabilità della tutela antidiscriminatoria nella gig economy è stata tra l'altro esplicitamente stabilita dall'art. 47-quinquies del d.lgs. n. 81/2015 introdotto dal d.l. 3 settembre 2019 n. 103.
Tuttavia, a parere di chi scrive, traspare dalla lettura dell'ordinanza, come nella precedente sentenza pronunciata del Tribunale di Palermo (Trib. Palermo, 24 novembre 2020, n. 3570), che la libertà di scelta del rider se lavorare o meno sia soltanto apparente. Entrambi i casi accertano come la presunta volontà del rider sia fortemente limitata dalla piattaforma se non annichilita.
La sentenza del Tribunale di Palermo e l'ordinanza qui commentata mettono, inoltre, in guardia su come i sistemi informatici basati sugli algoritmi possano giungere ad esercitare un potere disciplinare ed organizzativo ben più pregnante rispetto a quello di un preposto in carne ed ossa, sfociando anche in comportamenti discriminatori su vasta scala e reiterati in automatico. L'applicazione fatta scaricare dai ciclofattorini è in grado di verificare in tempo reale l'attività svolta dagli stessi grazie ad un preciso e costante sistema di geolocalizzazione. Ed i dati raccolti permettono anche, come è già accaduto, una disconnessione unilaterale da parte del datore assimilabile ad un licenziamento disciplinare senza alcuna delle garanzie procedimentali previste dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori. Non è dato a sapere, ad esempio, come vengano trattati ed utilizzati i giudizi dei consumatori sulle consegne effettuate dai riders e se tali dati vengano analizzati criticamente da un soggetto persona fisica o se vengano considerati mediante un semplice calcolo algoritmico. Come evidenzia l'ordinanza, infatti, non è stato spiegato come funzionasse in concreto l'algoritmo. Se è vero che l'algoritmo Frank è stato abbandonato dal 2 novembre us, la possibilità per l'utente di esprimere una valutazione sulla consegna del rider lascia intendere che questi dati possano essere utilizzati dalla piattaforma. In sintesi l'algoritmo e le applicazioni potrebbero essere considerate, utilizzando una definizione mutuata dall'informatica, la versione 2.0 del datore di lavoro e del codice disciplinare. Con la differenza, non marginale rispetto alla versione 1.0 di stampo fordista, che al lavoratore non è dato conoscere le intenzioni del datore e neppure il contenuto delle norme di disciplina alle quali deve attenersi.
In ultimo occorre soffermarsi sull'interesse ad agire delle associazioni sindacali alla luce dell'abbandono dell'utilizzo dell'algoritmo Frank e sulla loro legittimazione ad agire anche se, come ha rilevato parte resistente, non è stato fornito alcun caso diretto di rider discriminato.
Le due domande sono strettamente collegate. Innanzitutto il fatto che l'utilizzo dell'algoritmo Frank sia stato abbandonato non significa che vi sia stata riparazione della condotta discriminatoria precedentemente perpetrata. E non è pure necessario che sia individuato un soggetto effettivamente discriminato. Quello che rileva è la potenziale discriminatorietà dell'atto o della condotta. Ed, infatti, l'ordinanza richiama la sentenza della Grand Chambre della Corte di giustizia del 23 aprile 2020 C.507/2018, il cd caso Taormina, nella quale si stabilisce la possibilità che associazioni siano legittimate ad agire anche qualora un soggetto leso non sia stato effettivamente individuato. Quel che è stato rilevato dalla Corte di Giustizia è la possibilità che sussista “una discriminazione da scoraggiamento”. In altri termini è possibile che alcuni soggetti non individuabili abbiano rinunciato ad esercitare un proprio diritto proprio a causa di un comportamento o di una norma di carattere discriminatorio. Questo principio era già stato espresso in una precedente pronuncia della Corte di Giustizia (Corte di giustizia CE, Sez. 2, 10 luglio 2008, C 54/07, sentenza Feyrin). Nel caso richiamato i giudici di Lussemburgo avevano statuito che le dichiarazioni pubbliche di un datore di lavoro sulla sua intenzione di non assumere immigrati costituissero una discriminazione anche in assenza di una vittima identificabile.
|