Osservazioni in punto di attuazione dell’art. 138 CAP
15 Marzo 2021
Nelle prime settimane del 2021 è stato fatto circolare dal Ministero dello Sviluppo economico – nella prospettiva di una “pubblica consultazione” – lo schema del DPR riguardante il “Regolamento recante la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi dell'articolo 138 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”. Sembra, dunque, essere arrivato il momento dell'emanazione della lungamente attesa tabella nazionale delle macrolesioni, applicabile ai danni derivanti da sinistri stradali e dalla responsabilità sanitaria: tabella prevista inizialmente dall'art. 23, comma 4, della l. 12 dicembre 2002, n. 273, e successivamente dall'art. 138 cod. ass..
Il testo di quest'ultima disposizione - il quale è stato fatto oggetto, qualche anno fa, di sostanziali modifiche tramite l'art. 1, comma 17, della l. n. 124/2017 – fa riferimento, in realtà, a due distinte tabelle: a) la prima mira a tradurre in punti percentuali le varie tipologie di menomazioni riguardanti l'integrità psicofisica, comprese tra i dieci e i cento punti (mentre per le micropermanenti, trova applicazione rammentiamo, la tabella emanata con d.m. 3.7.2003, in attuazione dell'art. 5, comma 5, l. n. 57/2001); b) la seconda è rivolta a identificare, in corrispondenza a ogni percentuale di invalidità – compresa tra 10 e 100 – il valore pecuniario del punto.
Per quanto riguarda quest'ultima “Tabella dei valori economici per macroinvalidità” - il cui contenuto, come precisa la relazione illustrativa, è stato definito dalle strutture tecniche del Ministero dello sviluppo economico con il supporto dell'Istituto di vigilanza IVASS – va ricordato che, secondo quanto previsto a livello normativo, la stessa punta ad assicurare un equo bilanciamento tra la l'esigenza di garantire un pieno risarcimento del danno non patrimoniale alle vittime e la necessità di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori, e dovrà essere stilata tenendo conto dei “criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità” (art. 138, comma 2, cod. ass.).
Quest'ultima indicazione richiede, secondo quanto afferma la relazione illustrativa, che la tabella si conformi a quella adottata dal Tribunale di Milano, posto che “il criterio milanese del punto variabile è stato ritenuto non solo valido ma anche supplettivo alla tabella unica nazionale dalla Corte di Cassazione”; si precisa, tuttavia, che tale riferimento andrebbe adeguato “al fine di garantire sia il rispetto del criterio della crescita più che proporzionale del valore del punto rispetto al crescere del grado di invalidità, sia il riconoscimento di propria autonomia al danno morale rispetto a quello biologico”. È alla luce di tali correttivi, allora, che la costruzione della tabella – prevista dallo schema in esame - finisce in realtà per abbandonare qualsiasi aggancio alla tabella milanese: e ciò con riguardo sia al valore economico del punto base, sia alla determinazione della componente morale del danno e sia, infine, alla personalizzazione del pregiudizio.
(1) Il valore economico del punto base non corrisponde a quello adottato dalla tabella milanese, in quanto viene preso a riferimento il valore (aggiornato) previsto dall'art. 139 cod. ass.: scelta che, nella relazione illustrativa, viene motivata quale risposta “a un'esigenza di coerenza e continuità nel passaggio da micro (fino a 9 punti) a macro (dai 10 ai 100 punti di invalidità)”, onde evitare un eccessivo dislivello nel raccordo tra una tabella e l'altra. In verità, il legislatore non fa alcun richiamo a una simile necessità; al contrario, il dettato normativo, attraverso il richiamo della consolidata giurisprudenza di legittimità, pare invece orientato a una conferma dei valori adottati dalla tabella milanese. Questi ultimi, secondo quanto affermato dalla Cassazione, sono quelli meglio atti a rispecchiare l'equità, e come tali si prestano a garantire quel pieno risarcimento della vittima che il dettato dell'art. 138 cod. ass. dichiara di voler perseguire. Non così accade laddove si voglia assicurare un aggancio con la tabella delle micropermanenti, posto che la stessa risulta costruita – secondo quanto a suo tempo riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale - seguendo una logica di limitazione del risarcimento, giustificabile esclusivamente in ragione della tenuità delle lesioni. Adottare il valore economico del punto previsto per le micropermanenti finisce, quindi, per proiettare nel campo dei danni discendenti da macrolesioni un'ottica limitativa priva di fondamento. Va, peraltro, rilevato che la ricercata continuità tra le due tabelle non appare comunque realizzabile sul piano concreto, una volta rilevato il diverso riscontro che – nei due sistemi – viene assicurato al danno morale. Ricordiamo, infatti, che per le micropermanenti la considerazione del danno morale non rientra nel calcolo del valore del punto, ma rimane compressa negli angusti margini di una personalizzazione (peraltro riferita anche agli aspetti dinamico-relazionali) contenuta nei limiti del 20%.
(2) Ben diverso riscontro appare riconosciuto alla componente morale del pregiudizio nella costruzione della tabella delle macrolesioni. Qui ha luogo un incremento, in via percentuale e progressiva, della componente biologica del punto, attraverso l'applicazione di un moltiplicatore. Va, comunque, osservato che - anche per quanto concerne questo specifico profilo – ci si allontana dal criterio applicato nella tabella milanese, che prevede un incremento a scaglioni. In questo caso è invece stabilito un incremento crescente per ciascun grado di invalidità; non si tratta, tuttavia, di un incremento fisso, poiché – precisa la relazione illustrativa - “al fine di garantire una specifica personalizzazione del danno, sono state previste, in analogia con quanto stabilito dalla tabella adottata dal Tribunale di Roma, fasce di oscillazione in aumento o diminuzione dei valori incrementali previsti”. In buona sostanza, il valore del punto – corrispondente a ciascuna percentuale di invalidità – non appare unico, ma risulta tripartito in ragione dell'adozione del moltiplicatore corrispondente a un danno morale minimo, medio o massimo. In tal modo la personalizzazione del danno morale appare, per così dire, “incorporata” nel calcolo del valore del punto.
(3) Per quanto riguarda l'operazione di personalizzazione da parte del giudice, questa risulta praticabile a fronte della sussistenza di specifici aspetti dinamico-relazionali documentati e obiettivamente accertati: operazione che potrebbe aver luogo – secondo le (non condivisibili) indicazioni formulate in questi ultimi anni dalla Cassazione - esclusivamente in presenza della compromissione di attività straordinarie. Stando così le cose, poco fondata appare l'affermazione della relazione illustrativa secondo cui l'apparente distanza dei risarcimenti prodotti dal modello regolamentare, più bassi rispetto al liquidato totale del mercato, “verrebbe potenzialmente colmato dalla personalizzazione del giudice”: tale integrazione, infatti, sarebbe destinata a operare in una serie alquanto limitata di casi. Va rilevato che, anche per quanto riguarda la personalizzazione, la tabella normativa non rispecchia i criteri milanesi. Non solo perché risulta – secondo la previsione normativa - fissata un limite invalicabile del 30%; ma anche perché il tetto appare influenzato dalla quantificazione del danno morale. Infatti, il relativo calcolo avviene con riferimento a un valore del punto comprensivo di una quota di danno morale non già standardizzato (come accade nel modello milanese), ma assoggettato alla personalizzazione per scaglioni. Quest'ultima viene, in definitiva, a influenzare il tetto stabilito per la personalizzazione della componente dinamico-relazionale. Ora, un sistema del genere finisce – da un lato - per negare l'autonomia tra danno morale e danno biologico e – dall'altro lato – applica una logica inversa rispetto a quella che si verifica sul piano dei fatti: dove è la dimensione più o meno ampia della compromissione dinamico-relazionale a riflettersi nella conseguente sofferenza, e non viceversa.
Molti dubbi possono, quindi, essere sollevati circa l'effettiva corrispondenza della tabella alle indicazioni di legge, anche considerato il fatto che la stessa determina, secondo le simulazioni effettuate da vari interpreti, un taglio dei risarcimenti – rispetto alla situazione attuale – che finisce per colpire le invalidità fino al 70-75%. Ben lontano appare, dunque, quell'obiettivo del pieno risarcimento del danno non patrimoniale prospettato dall'art. 138 cod. ass. In ragione di tali perplessità, va senz'altro respinta l'idea – perorata da alcuni interpreti – mirante a sostenere che fin d'ora la tabella potrebbe essere applicata dal giudice ove chiamato a determinare un danno che ricada nell'orbita dell'art. 138 cod. ass. Una conclusione del genere va, d'altro canto, considerata impraticabile anche alla luce dell'esplicita previsione normativa – stabilita dall'art. 1, comma 18, della l. n. 124/2017 (e confermata nel testo stesso dello schema di decreto) - secondo cui “la tabella unica nazionale predisposta con decreto del Presidente della Repubblica di cui all'art. 138, comma 1, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, come sostituito dal comma 17 del presente articolo, si applica ai sinistri e agli eventi verificatisi successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”.
Molti dubbi sono stati sollevati anche con riguardo alla tabella delle menomazioni, alla luce di rilievi formulati dai medici legali. Lasciando a questi ultimi il compito di confutare sul piano scientifico le scelte operate all'interno di questa nuova tabella, quale giurista mi limito ad osservare come l'assetto della stessa sia destinato a influenzare il profilo economico del danno con riguardo a quelle menomazioni per le quali viene prevista la possibilità di modulare la quantificazione percentuale secondo un intervallo di valori. Qui, in effetti, l'operazione di personalizzazione del danno appare – a ben vedere - rimessa in larga parte alla valutazione medico-legale, dal momento che l'individuazione della percentuale di invalidità risulta determinata in ragione del concreto effetto pregiudizievole cagionato dalla menomazione (come, ad esempio, sempre accade per quanto concerne le lesioni psichiche).
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