La clausola generale di equità al fine del rimborso dei dazi in situazioni eccezionali. Il punto della Corte di Giustizia
30 Marzo 2021
Massima
L'articolo 239, paragrafo 1, del Codice doganale comunitario (CDC) n. 2913/92, va interpretato nel senso che un operatore economico può chiedere il rimborso dei dazi doganali che ha pagato quando si trova in una situazione particolare e non vi è negligenza da parte sua e, il fatto che le merci oggetto di importazione siano state riesportate in un paese terzo senza entrare nel circuito economico dell'Unione, non è sufficiente per dimostrare che tale operatore economico si trovava in una situazione particolare (eccezionale). A medesime conclusioni si addiviene quando l'imposizione dei dazi doganali deriva da un errore relativo alle informazioni contenute nel sistema informatico di tale operatore economico, dal momento che tale errore avrebbe potuto essere evitato se tale operatore avesse tenuto conto delle condizioni che figuravano nell'autorizzazione (al perfezionamento attivo) che gli era stata concessa. Il caso
Il caso sottoposto alla Corte UE riguarda un'azienda tedesca che produce e commercializza medicinali ed è autorizzata ad esportare merci comunitarie come esportatore autorizzato. Questa importava dagli USA un farmaco per la preparazione di medicinali pagando i relativi dazi all'importazione e registrando il prodotto come comunitario nel proprio sistema informatico. Successivamente l'azienda decideva di trasformare il farmaco precedentemente importato e di operare nell'ambito di un regime di perfezionamento attivo, cosicché la Dogana le concedeva retroattivamente l'autorizzazione al perfezionamento attivo per la fabbricazione di farmaci derivati da quello importato. L'ufficio doganale, quindi, annullava la dichiarazione in dogana ai fini dell'immissione in libera pratica e rimborsava all'azienda i dazi che gli erano stati imposti a seguito di tale dichiarazione. Dal momento che l'azienda non aveva modificato i dati nel proprio sistema informatico per indicare che, a seguito della suddetta modifica, il farmaco importato doveva essere trattato come un prodotto non comunitario e non già come comunitario, all'atto dell'esportazione la Dogana ha riqualificato i dazi all'importazione e, alla richiesta dell'azienda di rimborso dei medesimi, ha risposto negativamente, con conseguente impugnazione dell'azienda e successivo rinvio alla Corte UE. La questione
Con sentenza del 3 febbraio 2021 resa nella causa C-92/20, la Corte di Giustizia UE si è espressa nuovamente (v. anche C‑494/09, punto 54, C‑506/09, punto 65, e C‑204/07, punti 85-86, C‑498/09, punto 97 e C‑230/06, punto 50) sui limiti applicativi della clausola generale di equità prevista tanto dal vecchio Codice doganale comunitario (art. 239) quanto dal nuovo Codice doganale dell'Unione (CDU), in particolare dal combinato disposto degli artt. 116 e 120 del CDU, che consentono all'operatore di richiedere lo sgravio od il rimborso dell'imposta pagata in dogana al ricorrere di alcune condizioni che ora vedremo. In base all'art. 5 del CDU costituisce “rimborso” la restituzione di un importo del dazio all'importazione o all'esportazione che sia stato pagato e “sgravio” l'esonero dall'obbligo di pagare un importo del dazio all'importazione o all'esportazione che non sia stato pagato. In entrambi i casi l'art. 173 del Regolamento di esecuzione (n. 2447/2015) del CDU richiede la presentazione delle merci o, in alternativa (come per le frequenti ipotesi che sottendono all'istanza di rimborso), qualora questo non sia possibile, la concessione, da parte della Dogana, del rimborso o dello sgravio soltanto se l'operatore dispone di prove indicanti che l'istanza si riferisca esattamente alle merci per le quali sia stata presentata una richiesta di rimborso o di sgravio. Requisito principale per l'istanza è l'assenza di un comportamento doloso dell'operatore istante ovvero l'assenza, in base il par. 5 dell'art. 116 del CDU, “di una frode del debitore”. Verificata l'assenza di dolo dell'operatore, questi, al fine dell'ottenimento del rimborso/sgravio, può chiedere l'invalidamento della dichiarazione doganale o, se del caso, ricorrere ad una delle quattro procedure speciali, tra loro alternative, previste dall'art. 116 del CDU, tra le quali figura la clausola generale di equità (par. 1 lett. d) art. 116) disciplinata per esteso dal successivo art. 120 ed attenzionata dalla sentenza della Corte UE qui in commento nella versione in vigore con il precedente Codice comunitario al combinato disposto degli artt. 239, par. 1, del CDC e 905 del Regolamento di applicazione del CDC. Secondo il CDU (art. 120) è possibile ottenere, per motivi di equità, il rimborso/sgravio dell'importo di un dazio all'importazione o all'esportazione qualora un'obbligazione doganale sorga in “circostanze particolari” (esplicativa CGUE C-574/17, punto 91) che non implichino frode o manifesta negligenza da parte del debitore, nella misura in cui risulti provato da questi che egli si trovi in una situazione eccezionale rispetto ad altri operatori che esercitano la stessa attività e che, in assenza di dette circostanze, egli non avrebbe subito il pregiudizio dalla riscossione dell'importo del dazio all'importazione o all'esportazione. Circa i termini entro i quali presentare l'istanza nell'ipotesi di equità, l'art. 121 par 1 lett. a) del CDU dispone che questa vada inoltrata alla Dogana entro tre anni dalla data di notifica dell'obbligazione doganale; tale termine può essere prorogato se il richiedente/debitore dimostra “che gli è stato impossibile presentare la domanda entro il termine prescritto per un caso fortuito o per causa di forza maggiore” (sulla nozione di forza maggiore v. C‑314/06, C‑334/08, e CGUE C-533/10, secondo cui la nozione di forza maggiore attiene a circostanze estranee al soggetto che l'invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto evitarsi nonostante ogni diligenza impiegata).
La soluzione giuridica
La CGUE, richiamando alcuni suoi precedenti sul punto (C-589/17 punto 37, C‑574/17 punto 45, C-494/09, punto 60 e C‑204/07 punto 85), si sofferma sull'analisi di quelle circostanze che, esclusa a priori la frode del debitore/istante, consentirebbero la richiesta di rimborso/sgravio sulla base della clausola di equità, evidenziandone la ricorrenza quando l'operatore economico si trovi in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori o quando, tenuto conto del rapporto tra detto operatore e l'Amministrazione, “sarebbe stato ingiusto far sopportare a questo pregiudizi che normalmente non avrebbe sofferto”. Riguardo la “situazione eccezionale” dell'istante/debitore rispetto ad altri operatori che esercitano la stessa attività, la Corte UE rileva che la circostanza che le merci che erano state fabbricate con prodotti importati da un paese terzo, nonché una parte inutilizzata e non trasformata di tali prodotti, erano state effettivamente riesportate in un paese terzo senza che si fosse verificata l'introduzione nel circuito economico dell'Unione, non costituisce un elemento idoneo a stabilire che l'operatore economico si trovasse in una situazione eccezionale rispetto ad altri operatori che esercitavano la stessa attività. Ed ancora, prosegue la Corte, pur evidenziando una possibile e potenziale “complessità/ eccezionalità” della situazione, derivante dalla complessità della normativa doganale, in ogni caso non erano stati portati elementi “specifici idonei a dimostrare che la normativa da applicare era particolarmente complessa”.
Osservazioni
In conclusione, l'errore dell'istante/importatore, consistente nel mancato aggiornamento dei dati del proprio sistema informatico, che a seguito del cambio di procedura doganale (dal regime di immissione in libera a quello di perfezionamento attivo con conseguente esportazione dei beni lavorati) aveva indicato erroneamente che si trattava di merci comunitarie, rilevava non già quale “situazione eccezionale” (v. C-494/09 punto 60), bensì quale semplice “rischio commerciale che un operatore economico deve sopportare”.
Un esempio chiarificatore di applicazione del principio di equità lo fornisce la medesima Corte UE richiamando il precedente analizzato in C-494/09, nel quale si discuteva del suddetto principio nel caso di un importatore stabilito nell'UE che si era visto escludere l'accettazione delle dichiarazioni di immissione in libera pratica nel giorno di apertura del contingente tariffario che, in quello Stato, cadeva di domenica, giorno di chiusura degli uffici doganali nello Stato membro dove aveva sede.
Questa circostanza “di fatto” creava, secondo la Corte UE, una situazione di svantaggio in capo a quegli operatori che avevano sede in uno Stato membro (quello di chiusura domenicale) rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri, generando contrarietà alla disciplina prevista sul punto dal CDC (attuale CDU), di qui la conformità al principio di equità nel porre rimedio a tale situazione sfavorevole mediante l'applicazione dell'art. 239 del Codice doganale comunitario (attuale art. 120 del CDU).
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