Costituzione di start up innovative: il Consiglio di Stato rimette in gioco i notai

La Redazione
31 Marzo 2021

Il Consiglio di Stato, con sentenza 29 marzo 2021, n. 2643, accoglie il ricorso del Notariato e, in riforma della sentenza Tar Lazio 2 ottobre 2017, n. 10004, afferma che la costituzione di start up innovativa online, senza notaio, è illegittima.

Il Consiglio di Stato, con sentenza 29 marzo 2021, n. 2643, accoglie il ricorso del Notariato e, in riforma della sentenza Tar Lazio 2 ottobre 2017, n. 10004 (si veda, sul punto: Signorelli, Semaforo verde del TAR alla costituzione digitale delle start-up innovative, in questo portale), afferma che la costituzione di start up innovativa online, senza notaio, è illegittima.

Oggetto controverso è il decreto ministeriale del 17 febbraio 2016 con cui il MISE ha disciplinato le modalità di redazione degli atti costitutivi di società a responsabilità limitata startup innovative, in attuazione della previsione di cui all'art. 4, comma 10-bis, d.l. n. 3/2015, ai sensi della quale “L'atto costitutivo e le successive modificazioni sono redatti secondo un modello uniforme adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico”.

Il decreto ministeriale ha previsto che, in deroga all'art. 2463 c.c. l'atto costitutivo e lo statuto “sono redatti in modalità esclusivamente informatica” (art. 1, comma 2), non essendo “richiesta alcuna autentica di sottoscrizione” (comma 5). Successivamente il Mise ha adottato il decreto direttoriale 1 luglio 2016, recante le specifiche tecniche per la struttura di modello informatico e di statuto delle società a responsabilità limitata start-up innovative.

Ebbene, secondo il Consiglio Nazionale del Notariato, ricorrente nel giudizio in questione, ha impugnato i citati provvedimenti, ritenendoli illegittimi per violazione della riserva di legge, in quanto il decreto legge non avrebbe affatto voluto eliminare la possibilità di redazione per atto pubblico dell'atto costitutivo.

Il Consiglio di Stato accoglie la censura: “il potere esercitato dal Ministero attraverso il decreto impugnato non poteva avere alcuna portata innovativa dell'ordinamento, ovvero, nello specifico, non poteva incidere sulla tipologia degli atti necessari per la costituzione delle start up innovative, così come previsti dalla norma primaria. Quest'ultima, infatti, rappresentata dall'art. 4, comma 10-bis, d.l. n. 3/2015, si limitava a rimettere ad un decreto la predisposizione del modello uniforme. Il decreto impugnato, invece, lungi dal limitarsi a recepire le indicazioni promananti dal Legislatore, si sia spinto marcatamente oltre, finendo per porsi in contrasto con la fonte primaria, in palese contrasto con il principio di gerarchia delle fonti”.

Il decreto impugnato appare illegittimo anche sotto un ulteriore profilo, ovvero quello dei controlli di legalità in sede di costituzione delle start up innovative. La disciplina comunitaria prevede, infatti, che l'atto costitutivo e lo statuto delle società possono non rivestire la forma dell'atto pubblico se la legislazione prevede, all'atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario: così l'art. 11 della Direttiva 2009/101/CE. Nella normativa nazionale, questo controllo manca, in quanto al conservatore del registro delle imprese è consentito un controllo meramente formale.

Alla luce di quanto precede, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso, dichiarando illegittimo il d.m. 17 febbraio 2016.

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