Reintegrazione obbligatoria in caso di licenziamento economico se il fatto è manifestamente insussistente
02 Aprile 2021
Si rivela “disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza” il carattere facoltativo del rimedio della reintegrazione per i soli licenziamenti economici, a fronte dell'inconsistenza della giustificazione addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e semplice insussistenza del fatto.
È quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 59/2021, depositata il 1° aprile.
La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori – nel testo modificato dalla “riforma Fornero” – con riferimento all'art. 3 Cost., censurando la norma nella parte in cui prevede che «il Giudice, una volta accertata la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare”, invece che “applica altresì” la tutela reintegratoria».
Ciò in quanto vi sarebbe una violazione del principio di eguaglianza e ne conseguirebbero ingiustificate disparità di trattamento.
Per i licenziamenti economici, infatti, il legislatore rende facoltativa la reintegrazione senza offrire all'interprete un chiaro criterio direttivo. La scelta tra due forme di tutela, reintegratoria e indennitaria, è rimessa ad una valutazione del Giudice, disancorata da precisi punti di riferimento.
Resta fermo che «al giudice si riconosce una discrezionalità che non deve ‘‘sconfinare in un sindacato di congruità e di opportunità'' dunque non può né deve lambire le scelte imprenditoriali. ‘‘Il vaglio della genuinità della decisione imprenditoriale garantisce che il licenziamento rappresenti pur sempre una extrema ratio e non il frutto di un insindacabile arbitrio''». |