Interruzione e riassunzione nei processi soggettivamente cumulati

Sergio Matteini Chiari
07 Aprile 2021

Laddove si verifichino casi di interruzione dei processi, vigono «regole» particolari, dettate dalla giurisprudenza, con riguardo a quelli soggettivamente cumulati. Di seguito vengono enunciate tali «regole» e vengono riportate alcune fattispecie, con brevi osservazioni.
Inquadramento

Fra le molteplici ipotesi che nelle sedi processuali possono verificarsi vi sono, non infrequenti, quelle in cui nell'ambito di un medesimo giudizio viene in essere una pluralità di procedimenti, con una pluralità di parti.

Tali ipotesi possono verificarsi, in primo luogo, laddove più azioni vengano proposte contestualmente in un unico processo; in tal caso si determina cumulo (iniziale) soggettivo, disciplinato dall'art. 103, comma 1, prima parte, c.p.c., ove si consente che più parti «possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono».

Le suddette ipotesi possono verificarsi, inoltre, laddove più cause separatamente pendenti vengano riunite.

La riunione può avvenire allorché le cause siano fra loro connesse.

Si configura l'ipotesi della connessione allorché sussista un collegamento tra due o più cause che pendano contemporaneamente innanzi allo stesso giudice (stesso ufficio giudiziario) oppure innanzi a giudici (uffici giudiziari) diversi.

Le tipologie di connessione, pur essendo molteplici, vengono ricondotte a due per gli aspetti strutturali: a) connessione soggettiva (o cumulo oggettivo) nei casi in cui vi sia identità unicamente fra i soggetti, attivi o passivi, delle varie cause, che restano, invece, diverse per gli aspetti oggettivi; b) connessione oggettiva che può essere « ;propria ;» (o cumulo soggettivo) quando il collegamento fra cause attenga al titolo (causa petendi) oppure all'oggetto (petitum) delle varie azioni (art. 33 c.p.c.), oppure « ;impropria ;» quando il rapporto si ponga tra due o più cause (che possono riguardare parti diverse) la cui decisione «dipende, totalmente o parzialmente, dalla soluzione di identiche questioni» (art. 103, comma 1, seconda parte, c.p.c.).

Il cumulo processuale è consentito in tutte le ipotesi considerate.

Il codice di rito consente la trattazione congiunta delle cause connesse.

Le norme che nel codice di rito prevedono e disciplinano il fenomeno della connessione sono costituite dall'art. 40 c.p.c., norma fondamentale in materia, e dagli articoli - artt. 31, 32, 34, 35, 36 - dallo stesso richiamati, nonché dagli artt. 33, 103, 104 e 274.

La finalità perseguita(che è di natura pubblicistica, come attestato dalla rilevabilità officiosa della connessione tra le cause separatamente pendenti) è quella della realizzazione del simultaneus processus, con i correlati «vantaggi»: mediante la contestuale trattazione, istruzione e decisione delle varie cause connesse, viene consentito di raggiungere obiettivi, primari nell'ordinamento, di economia processuale, essenziali al fine di far sì che il processo abbia durata ragionevole.

I singoli giudizi, pur riuniti, restano autonomi.

Ciò comporta particolari effetti allorché con riguardo all'uno (od a più) dei giudizi intervengano cause di interruzione.

Tutto quanto sin qui detto vale anche nei casi in cui un giudizio, originariamente avente a protagoniste due sole parti, venga ad accoglierne altre, in forza di interventi o di chiamata in causa.

Le questioni giuridiche

i) Non è controverso che sia nei casi di cumulo iniziale sia nei casi di cumulo conseguente a provvedimento di riunione di più cause connesse, resti immutata l'autonomia dei singoli giudizi e della posizione delle parti in ciascuno di essi e che il cumulo non pregiudichi la sorte delle singole azioni.

In altri termini, la congiunta trattazione delle varie cause lascia integra la loro individualità.

Per l'effetto, la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise e ciascuna pronuncia è impugnabile con il mezzo che le è proprio e soltanto ad iniziativa della parte in essa soccombente (si tratta di principi consolidati: v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2006, n. 15954; Cass. civ., sez. II, 26 novembre 2010, n. 24086; Cass. civ., sez. I, 10 luglio 2014, n. 15860).

ii) In applicazione dei principi appena sopra riferiti, le vicende processuali proprie di uno soltanto dei procedimenti cumulati non rilevano in ordine all'altro o agli altri procedimenti.

In particolare, appare consolidato l'orientamento secondo cui, attesa la reciproca indipendenza dei rapporti processuali venuti in considerazione, l'evento interruttivo (artt. 299 e ss. c.p.c.) relativo ad una delle parti di una o più delle cause riunite opera di regola solo in riferimento al procedimento (o ai procedimenti) di cui è parte il soggetto colpito dall'evento, con conseguente estinzione del relativo processo (o dei relativi processi) in assenza di tempestiva riassunzione, mentre le ulteriori cause che non siano state separate entrano in fase di stallo o di rinvio, destinata necessariamente a cessare per effetto della riassunzione della causa interrotta o dell'estinzione di essa (v. Cass. civ., sez. un., 5 luglio 2007, n. 15142; Cass. civ., sez. II, 28 maggio 2010, n. 13125; Cass. civ., sez. un., 22 aprile 2013, n. 9686).

iii) L'onere della riassunzione della causa grava unicamente sulla parte interessata dall'evento interruttivo.

A tale riguardo, è stato precisato che, in caso di cumulo di cause scindibili, l'evento interruttivo relativo a una delle parti (ad es.: uno dei coobbligati solidali che abbiano promosso il giudizio o nei cui confronti il giudizio sia stato intrapreso) non spiega effetti nei confronti delle altre, le quali, pertanto, anche laddove il giudice non disponga la separazione delle cause, non sono tenute a riassumere il processo; conseguentemente, qualora la riassunzione non sia stata ritualmente (ad es., per vizi di notifica) e tempestivamente (oltre il termine fissato dall'art. 305 c.p.c.) effettuata nell'interesse della parte colpita dal suddetto evento, l'estinzione si verifica unicamente nei confronti di quest'ultima, continuando il processo nei confronti degli altri litisconsorti non colpiti dall'evento interruttivo (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2015, n. 21170; Cass. civ., sez. II, ord. 20 agosto 2019, n. 21514; Cass. civ., sez. III, ord. 21 febbraio 2020, n. 4684; Cass. civ., sez. III, ord. 23 aprile 2020, n. 8123; v. anche, nello stesso senso, Cass. civ., sez. un., 22 aprile 2013, n. 9686, relativa ad un caso di cumulo fra domanda di risarcimento del danno e domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del proprio assicuratore).

E, adesivamente, è stato affermato che, nei casi di cumulo di cause scindibili, qualora il giudice - a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze - abbia interrotto l'intero processo, la rituale e tempestiva riassunzione, effettuata esclusivamente da una delle parti interessate, notificando il ricorso e il decreto di fissazione di udienza a tutti i contraddittori, deve ritenersi tempestiva rispetto a ognuna delle parti e non può essere dichiarata, con riferimento a costoro, l'estinzione parziale del processo, considerato anche che chi pone in essere la detta riassunzione non ha il potere di sciogliere il menzionato cumulo (notificando l'atto riassuntivo unicamente ad alcuni dei contraddittori), giacché, in presenza di un processo cumulato per iniziativa delle parti, il potere di separazione compete al giudice (Cass. civ., sez. III, ord., 20 aprile 2017, n. 9960; Cass. civ., sez. VI, ord., 15 maggio 2020, n. 8975; v. anche Cass. civ., sez. un., 22 aprile 2013, n. 968).

Peraltro, è stato anche affermato, ma in tempi ormai non troppo recenti, che, laddove si tratti di giudizio (ad es., di risarcimento del danno) promosso nei confronti di più convenuti, obbligati solidali, e l'evento interruttivo interessi solo uno di essi, è facoltà dell'attore riassumere il giudizio nei confronti soltanto della parte non colpita dall'evento, trattandosi di cause scindibili; in tal caso, se il convenuto nei cui confronti il giudizio è regolarmente riassunto intenda coltivare la propria domanda di manleva o di accertamento della responsabilità esclusiva dell'altro convenuto, ha l'onere di provvedere lui alla riassunzione cui non ha provveduto l'attore (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2012, n. 6924; si veda anche Cass. civ., sez. II, 26 luglio 2010, n. 17533, secondo cui i processi in cui sono riunite più cause distinte, connesse ma autonome, possono essere legittimamente riassunti o proseguiti, dopo la dichiarazione di interruzione del procedimento, anche limitatamente ad alcuni soltanto dei rapporti da cui sono composte poiché su ogni parte grava l'onere di riattivare il processo, relativamente alle domande per le quali ha interesse a una pronuncia di merito).

iv) Le modalità di prosecuzione del processo interrotto sono disciplinate dagli artt. 302 e ss. del codice di rito.

L'art. 305 dello stesso codice prevede che il processo interrotto si estingue qualora non venga proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall'interruzione.

È ormai incontroverso, a seguito degli interventi compiuti dalla Consulta con le sentenze n. 139/1967 e n. 159/1971, che, nei casi di interruzione automatica del processo (artt. 299, 300, comma 3, e 301, comma 1, c.p.c.), il termine per la riassunzione decorre dal giorno in cui l'evento interruttivo è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione (v., per fattispecie particolari, Cass. civ., sez. VI, ord. 11 novembre 2019, n. 29144 e Cass. civ., sez. II, 14 gennaio 2020, n. 450, relative ad interruzione del processo a seguito di provvedimento di sospensione del procuratore dall'esercizio della professione, nonché Cass. civ., sez. V, 14 giugno 2019, n. 15996 e Cass. civ., sez. II, 8 agosto 2019, n. 21211, relative ad interruzione del processo per intervenuta dichiarazione di fallimento).

La riassunzione deve essere effettuata mediante ricorso.

È principio consolidato che, per stabilire se il termine per la riassunzione sia stato rispettato, occorre avere riguardo alla data del deposito del ricorso nella cancelleria del giudice (v. Cass. civ., sez. un., 28 giugno 2006, n. 14854, cui si debbono anche tutte le considerazioni che seguono, nonché, ex multis, da ultimo, Cass. civ., sez. III, ord., 20 aprile 2018, n. 9819 e Cass. civ., sez. I, 11 marzo 2019, n. 6921).

Eseguito tempestivamente tale adempimento (editio actionis), la fissazione successiva di un ulteriore termine, da parte del giudice, per il ripristino del contraddittorio, pur presupponendo che il detto termine sia stato rispettato, oramai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole della vocatio in ius.

Di conseguenza, il vizio da cui sia colpita la notifica dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione di udienza non si comunica alla riassunzione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi la nullità di ordinare, anche qualora si sia oltre i termini per la riassunzione ex art. 305 c.p.c., la rinnovazione della notifica, in applicazione analogica dell'art. 291, comma 2, c.p.c., entro un termine perentorio, solo il cui mancato rispetto comporterà l'estinzione del giudizio, in forza del combinato disposto degli artt. 291, comma 3, e 307, comma 3, c.p.c.

v) Ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, c.p.c., con effetto dal 4 luglio 2009 (il testo vigente della disposizione è stato introdotto dalla l. 69/2009), l'estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del g.i. ovvero con sentenza del collegio. In precedenza, l'estinzione, pur operando di diritto, doveva essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa.

Conclusioni

Come chiarito nei precedenti paragrafi, pur in assenza di esplicite previsioni normative, vigono in materia principi ormai consolidati.

I procedimenti cumulati restano autonomi, così come autonoma resta la posizione delle parti in ciascuno di essi.

Da ciò consegue che le vicende processuali proprie di uno soltanto dei suddetti procedimenti non rilevano in ordine all'altro o agli altri giudizi.

Particolari applicazioni di tali principi si hanno nei casi in cui si verifichino eventi interruttivi.

Potrebbe non essere inopportuno che il legislatore, «ratificando» le soluzioni attualmente dominanti in giurisprudenza, provveda a disciplinare gli aspetti in ordine a cui almeno in passato risultano essersi manifestate opinioni divergenti.

Il riferimento è, essenzialmente al tema della titolarità dell'onere della riassunzione della causa a seguito dell'evento interruttivo, di cui si è trattato nel precedente paragrafo, al punto distinto con le lettere iii).

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