Vicende organizzative della videoudienza nel processo tributario
12 Aprile 2021
Premessa
La proroga al 31 luglio 2021 delle disposizioni emergenziali dettate per il processo tributario dall'art. 27 del D.L. n. 137/2020, disposta dall'art. 6 del D.L. n. 44/2021, ripropone all'attenzione degli operatori la questione della operatività della videoudienza, tuttora non adeguatamente risolta nella maggior parte delle 124 Commissioni tributarie.
La celebrazione dell'udienza con la partecipazione a distanza delle parti, dei giudici e del personale amministrativo, già operativa nei processi in sede civile, penale e amministrativa, stenta ad affermarsi nei giudizi avanti le Commissioni tributarie. L'accennata difficoltà persiste, nonostante l'individuazione con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze dell'11/11/2020 delle necessarie regole tecnico-operative e la successiva pubblicazione in data 14/11/2020 delle relative “Linee guida” ex artt. 2 e 5 del citato d.m. Le diffuse preoccupazioni destate dalla difficoltà e/o riluttanza a utilizzare con sistematicità la videoudienza, pure individuata dal legislatore come più efficace rimedio alle limitazioni imposte dall'emergenza pandemica in alternativa all'ordinario svolgimento delle attività delle Commissioni tributarie, suggeriscono l'opportunità di fare il punto della situazione, con un aggiornamento del Focus del 09 novembre 2020 su “Le Commissioni tributarie nell'emergenza sanitaria”.
I Presidenti delle Commissioni tributarie provinciali e regionali, ciascuno secondo le rispettive competenze, sono autorizzati a adottare, per decreto, misure organizzative per la trattazione degli affari giudiziari fino al 31 luglio 2021, uniformandosi al disposto dell'art. 27 del decreto-legge n. 137/2020 (c.d. decreto Ristori). Le diverse soluzioni praticabili sono indicate dal legislatore secondo un ordine gerarchico facilmente desumibile dalla trama del citato articolo.
a) Svolgimento del processo nelle forme ordinarie Occorre preliminarmente evidenziare che nel periodo dell'emergenza lo svolgimento delle attività processuali nelle forme ordinarie previste dal D.lgs. n. 546/1992 non è interdetto. Benché l'art. 27 del decreto Ristori (di seguito, art. 127) non lo preveda espressamente, ogni valutazione in merito alla opportunità e/o possibilità di celebrare il processo secondo il rito ordinario è rimessa ai Presidenti. Tanto si deduce dalla circostanza che il collegamento da remoto, quale alternativa più immediata all'udienza in presenza, richiedeva – secondo l'originario disposto dell'art. 27, sul punto non riproposto nella versione modificata dal D.L. n. 44/2021 – una preventiva verifica della sussistenza di “divieti, limiti, impossibilità di circolazione su tutto o parte del territorio nazionale conseguenti al[lo] … stato di emergenza ovvero altre situazioni di pericolo per l'incolumità pubblica o dei soggetti a vario titolo interessati nel processo tributario”. È da ritenere che il venir meno del riferimento a tale condizione,in verità superflua ove si consideri che le situazioni di pericolo e le limitazioni indotte sono immanenti allo stato di emergenza, non abbia esautorato il ruolo del Presidente nella valutazione delle condizioni che suggeriscono l'opportunità e/o necessità di disporre, a seconda delle circostanze, l'udienza da remoto ovvero in presenza. Residua peraltro la difficoltà di coordinare la menzionata soppressione con la perdurante necessità che “lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto [debba essere] autorizzato… con decreto motivato…”. Una volta soppresso, in quanto pleonastico, il riferimento ai “divieti” e “limiti” indotti dall'emergenza, non si comprende quali possano essere gli ulteriori argomenti da richiamare nella motivazione del decreto che autorizza il collegamento da remoto. Di contro, l'onere della motivazione, non necessaria per poter svolgere da remoto sia l'udienza che la camera di consiglio, deve essere assolto ai fini della celebrazione del processo nelle forme ordinarie. Al riguardo il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria nella delibera n. 1230/2020 ha aperto alla valutazione dei Presidenti delle Commissioni tributarie, ammettendo pur nella fase emergenziale la possibilità di celebrare il processo secondo il rito ordinario “ove le condizioni sanitarie locali lo consentano”, previa valutazione anche dei “rischi cui vengono esposti tutti i protagonisti del processo (giudici, ausiliari, difensori e personale di segreteria) per effetto di tale modalità di partecipazione”, in ogni caso con le necessarie precauzioni igienico-sanitarie, come il distanziamento di sicurezza interpersonale e il divieto di assembramento. La coerente e rigorosa soluzione indicata dal CPGT presuppone l'assolvimento di un obbligo di motivazione che, nella diversa ipotesi in cui si autorizza il collegamento da remoto, è sostanzialmente superflua.
b) Svolgimento da remoto delle attività Il Presidente della Commissione tributaria può autorizzare lo svolgimento da remoto dell'udienza o della camera di consiglio, mediante decreto da comunicarsi almeno cinque giorni prima della data fissata per l'udienza. La celebrazione del processo a distanza, pure indicata dall'art. 27 come soluzione preferenziale, nella fase emergenziale non è elevata a diritto incondizionato alla videoudienza in quanto potrà essere autorizzata solo se “le dotazioni informatiche della giustizia tributaria lo consentano e nei limiti delle risorse tecniche e finanziarie disponibili.”. L'apposizione di quest'ultima condizione fa sì che la previsione del collegamento da remoto si traduca in una prospettiva teorica o di mero auspicio, che non ha possibilità di trovare concreto accoglimento, qualora – come in tanti casi riconosciuto dai Presidenti – le necessarie dotazioni informatiche non siano disponibili.
c) La decisione sulla base degli atti A fronte della inadeguatezza delle dotazioni informatiche e della conseguente impossibilità di autorizzare il collegamento da remoto, l'art. 127 prevede che “le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti”. Accertata l'inadeguatezza dei supporti informatici, la decisione in base agli atti è indicata come soluzione d'obbligo per la generalità delle trattazioni fissate per il periodo dell'emergenza, che non sembra lasciare spazio alle valutazioni dei Presidenti “salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione”. E da chiedersi se l'accertamento di inadeguatezza delle dotazioni informatiche, quale presupposto necessario per il passaggio alla decisione in base agli atti, possa essere meramente enunciato una tantum nel decreto di organizzazione delle udienze di competenza del Presidente della Commissione oppure necessiti di ulteriori specificazioni a supporto. Al riguardo, il TAR Puglia, con ordinanza del 27 novembre 2020,n. 742, ha sospeso l'efficacia del decreto emesso da Presidente della CTP di Foggia che, in applicazione dell'art. 27 del decreto Ristori, aveva escluso la possibilità di svolgimento delle udienze da remoto, senza allegare le ragioni tecniche di interesse pubblico che avrebbero reso non praticabile o amministrativamente inopportuno il collegamento a distanza. La questione sollevata avanti il giudice amministrativo attiene alla configurabilità del diritto delle parti alla videoudienza alla luce della speciale disciplina dettata per la fase emergenziale dall'art. 27, quando cioè le regole tecniche per lo svolgimento delle attività da remoto non erano state ancora individuate e l'utilizzo delle videoudienza appariva obiettivamente problematico. La stessa questione è destinata ad assumere un diverso spessore nel periodo post emergenziale, avendo come univoco riferimento l'art. 16, comma 4, del D.L. n. 119/2018, che consente a ciascuna delle parti di formulare apposita richiesta di partecipazione all'udienza pubblica mediante collegamento audiovisivo da effettuare in conformità alle regole tecniche individuate dal MEF. Nel nuovo scenario che andrà a consolidarsi, l'eventuale diniego al collegamento da remoto non potrà verosimilmente opporsi in assenza di motivazione.
d) La trattazione scritta La parte che “insista per la discussione” ha l'onere di presentare apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione in udienza pubblica. In tal caso si procederà (non con lo svolgimento dell'udienza in presenza, come verrebbe spontaneo pensare, ma) “mediante trattazione scritta”. In breve, l'udienza già fissata non si terrà più e la Commissione deciderà in camera di consiglio. La peculiarità (e anche il tratto differenziale rispetto alla “decisione in base agli atti”) della “trattazione scritta” si sostanzia nella facoltà riconosciuta alle parti di depositare “memorie conclusionali” e “memorie di replica”, entro il termine fissato dal Presidente che in ogni caso non potrà essere inferiore rispettivamente a dieci e a cinque giorni prima della data fissata per l'udienza. A riprova del rilievo attribuito al deposito delle memorie, quale facoltà caratterizzante la “trattazione scritta”, è poi previsto che, nell'impossibilità di rispettare i già menzionati termini (fissati dal Presidente distintamente per il deposito delle memorie conclusionali e di replica), la causa sia rinviata a nuovo ruolo per consentire alle parti di provvedere comunque al deposito, nei medesimi termini di dieci e cinque giorni anteriori alla data fissata per la trattazione scritta. Da notare che la decisione in base agli atti e, in subordine, la trattazione scritta sono presentate come alternative alla discussione mediante collegamento da remoto, limitatamente alle “controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica” (art. 27, comma 2). Si vuole qui evidenziare che, fatta eccezione per la previsione del collegamento da remoto, l'art. 27 non reca altre disposizioni in merito alle modalità di svolgimento (alternative al collegamento da remoto) delle udienze camerali partecipate e delle camere di consiglio le quali, pur frequentate da un minor numero di persone, sono comunque fonte di possibili contagi. Ciononostante, il CPGT, in considerazione della ratio emergenziale del decreto Ristori, nella menzionata delibera n. 1230/2020 ha correttamente ritenuto che il passaggio alla trattazione scritta debba ammettersi anche per le udienze camerali partecipate per la discussione di incidenti cautelati (artt. 47, 52, 62-bis e 65 c. 3-bis del D.Lgs. n. 546/1992) o di richieste di ottemperanza (art. 70. c. 7, del d.lgs. n. 546/1992).
L'insieme delle norme recate dall'art. 27 del decreto Ristori offre un quadro completo di soluzioni, cui i rispettivi Presidenti possono fare riferimento per la trattazione delle attività di competenza delle Commissioni tributarie provinciali e regionali. Nella gerarchia delle soluzioni indicate dal decreto Ristori, il collegamento da remoto benché presentato come alternativa prioritaria allo svolgimento delle attività nelle forme ordinarie, di fatto non è percorribile qualora non si disponga delle necessarie disponibilità tecnico-informatiche e finanziarie. In tal caso, la soluzione d'obbligo è la trattazione cartolare, cui sostanzialmente preludono le due forme della “decisione sulla base degli atti” e della “trattazione scritta”.
Se da un lato il processo documentale nella fase emergenziale consente di prevenire i rischi di contagio, garantendo contemporaneamente la continuità della funzione giurisdizionale, con il vantaggio di poter trattare un maggior numero di cause e contenere la formazione di arretrati, dall'altro comprime il diritto di difesa che nel processo tributario in tanti casi si esplica attraverso la esposizione orale di concetti che non è sempre facile rappresentare in forma cartolare. Come denunciato dalle categorie professionali, il massiccio ricorso alla trattazione cartolare rende precaria tanto la “salvaguardia del contraddittorio” quanto “l'effettiva partecipazione delle parti”, su cui poggia la legalità del processo. Tanto più che il decreto Ristori sembra aver relegato le parti ad un ruolo secondario nella individuazione delle misure più idonee a contemperare la tutela della salute pubblica e il diritto di difesa, consentendo loro di scegliere tra soluzioni (decisione in base agli atti o trattazione scritta) solo formalmente diverse ma che escludono entrambe il contraddittorio orale, con il suo importante ruolo nella formazione del convincimento del giudice. Secondo il tenore letterale della norma in esame, fintanto che non sarà possibile attivare la videoconferenza consentendo alle parti di discutere oralmente la controversia, nel periodo dell'emergenza le Commissioni tributarie dovrebbero operare esclusivamente in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, per assumere decisioni in base agli atti o mediante trattazione scritta. Ciò che comporterebbe una sostanziale alterazione nell'equilibrio delle soluzioni indicate nel decreto Ristori.
La trattazione scritta basata sullo scambio di memorie, in particolare, aggiunge poco alla facoltà di depositare memorie illustrative fino a dieci giorni liberi prima della data fissata per la trattazione, riconosciuta a regime dall'art. 32 del d. lgs. n. 546 del 1992, con la sola differenza di poter presentare memorie conclusionali entro cinque (anziché dieci) giorni dalla data di trattazione in camera di consiglio. D'altra parte, il rinvio della trattazione a data successiva al 31 luglio 2021, quale soluzione potenzialmente idonea a contemperare le opposte esigenze, non è contemplata dal decreto Ristori. Di qui la preoccupazione che controversie caratterizzate da elevata specializzazione passino comunque in decisione sulla base di atti e memorie che non soddisfano appieno le esigenze conoscitive del giudice. Come affermato dal Consiglio di Stato nelle ordinanzedel 21 aprile 2020, nn. 2538-2539/20, il “contraddittorio cartolare coatto” rappresenta “una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del «giusto processo»; il comma 2 dell'art. 111 della Costituzione, nello stabilire che il «giusto processo» ‒ qualsiasi processo ‒ debba svolgersi «nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità», impone, non solo un procedimento nel quale tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla funzione giurisdizionale devono esserne necessariamente “parti”, ma anche che queste ultime abbiamo la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando quelle degli altri”. Tale principio, secondo il Consiglio di Stato, trova applicazione anche nei processi che, “a differenza del processo penale, non sono improntati al principio di oralità delle dichiarazioni e del contraddittorio in senso «forte»”.
A marcare la rilevanza costituzionale dei principi della oralità e del contraddittorio nel processo tributario, in qualche modo compressi dall'art. 27, è intervenuta di recente la CTP di Catania, che con ordinanza del 7/01/ 2021, n. 11 ha sollevato questione di illegittimità costituzionalità dell'art. 33 del d. lgs. n. 546/1992, laddove si prevede che la celebrazione della pubblica udienza sia rimessa alla disponibilità delle parti, in tal modo svalutandone la naturale funzione preordinata alla tutela di interessi pubblici. Di qui la sospetta violazione, in particolare, dell'art. 101 della Costituzione in quanto la pubblica udienza è espressione della sovranità popolare. Le soluzioni prospettate dal Consiglio di Presidenza delle Commissioni Tributarie
A porre un argine alla deriva di iniziative disomogenee in un primo momento adottate dalle Commissioni tributarie, è intervenuto il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria con deliberazione n. 1230/20 del 10 novembre 2020, cui va riconosciuto il merito di aver fornito un'interpretazione sistematica delle disposizioni introdotte dal menzionato art. 27, rimediando almeno in parte alle inadeguate applicazioni della norma emergenziale prima evidenziate. Con il proposito di orientare correttamente i Presidenti di Commissione nella redazione dei decreti ad essi demandati, il CPGT ha approvato delle Linee guida contenenti “Indicazioni relative alla fissazione e alla trattazione delle udienze”, con invito a stipulare protocolli condivisi con gli Uffici finanziari e gli Ordini professionali funzionali all'applicazione della disciplina di cui al menzionato art. 27. Si tratta di regole non vincolanti, definite nel rispetto della cornice normativa dell'art. 27, che non comprimono l'autonomia del Presidente di Commissione nell'organizzazione del proprio ufficio e nella pianificazione delle udienze.
a) L'organo di autogoverno dei giudici tributari ha innanzitutto chiarito come l'art. 27 non escluda la possibilità di tenere le udienze in presenza con ingresso scaglionato nelle commissioni, sia pure subordinatamente all'appuramento delle condizioni e alla adozione delle precauzioni evidenziate in precedenza; b) il CPGT ha altresì ritenuto, come già anticipato, che in considerazione della ratio emergenziale del decreto Ristori, il passaggio alla trattazione scritta debba ammettersi anche per le udienze camerali partecipate per la discussione di incidenti cautelati (artt. 47, 52, 62-bis e 65 c. 3-bis del D.lgs. 546/1992) o di richieste di ottemperanza (art. 70. c. 7, del D.lgs. n. 546/1992); c) pur dando atto della “indisponibilità [alla data di adozione della delibera] di dotazioni informatiche per le udienze pubbliche e camerali con collegamento da remoto”, il CPGT ha evidenziato la possibilità che i Presidenti individuino “adeguate tecnologie (piattaforme di videoconferenza o altri strumenti di comunicazione digitale)” per le decisioni in camera di consiglio dei ricorsi a trattazione scritta nonché per quelli ex art. 33, comma 1, parte prima, del D.lgs. n. 546/1992. Da notare come questa indicazione, di taglio più determinato, sia riferita alle camere di consiglio e non anche alle udienze, nel presupposto implicito che il collegamento a distanza sia meno problematico a fronte di un numero più ridotto di partecipanti. La stessa tende a favorire la partecipazione a distanza dei giudici alla camera di consiglio, in alternativa alla richiesta di esonero che i componenti dei collegi giudicanti residenti, domiciliati o comunque dimoranti in luoghi diversi da quelli in cui si trova la commissione di appartenenza, potrebbero presentare, avvalendosi della facoltà riconosciuta espressamente al comma 3 dell'art. 27. La portata della indicazione in argomento, volta a incentivare la celebrazione a distanza delle camere di consiglio mediante utilizzo di una qualsiasi infrastruttura informatica, necessita di alcune puntualizzazioni alla luce del sopravvenuto decreto del Ministero dell'economia e delle finanze dell'11/11/2020 che ha definito le specifiche tecnico-operative per lo svolgimento da remoto delle attività processuale. A tal fine il decreto prevede l'utilizzo della piattaforma Skype for Business in ambiente protetto, all'interno del sistema informativo della fiscalità (Sif) del Ministero dell'economia e delle finanze che meglio tutela l'esigenza di riservatezza dei dati personali. Per tale motivo è da ritenere che tutte le attività da remoto, celebrate in udienza o camera di consiglio, debbano essere necessariamente organizzate in conformità alle menzionate specifiche tecniche. In altre parole, a tutela della privacy tanto le camere di consiglio da remoto quanto le videoudienze non potranno essere svolte su piattaforme “individuate dal presidente del collegio” che siano diverse da quella fornita dal Ministero; d) l'eventuale contrarietà alla “decisione sulla base degli atti”, manifestata da una delle parti che “insista per la discussione” implica non solo la facoltà di depositare “memorie conclusionali” e “memorie di replica” come si evince dal dato testuale dell'art. 27 ma, in virtù di un'interpretazione sistematica della norma, può tradursi anche in una manifestazione di contrarietà alla celebrazione del processo cartolare e nella conseguente richiesta di trattazione orale in presenza previo rinvio dell'udienza. Richiesta che il Presidente potrà prendere in considerazione, tenendo conto in particolare della rilevanza, novità, complessità della questione giudiziale, del suo valore e del numero di documenti da esaminare. Viene in tal modo riconosciuta alla parte interessata la “facoltà di chiedere il differimento dell'udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione “. Appare netta l'apertura ad un rinvio “motivato” e per questioni rilevanti a data successiva al periodo emergenziale, non essendo sostenibile che la trattazione scritta sia l'unica alternativa al processo da remoto.
L'indicazione affermativa del diritto di non accettare il contraddittorio cartolare dell'art. 27 e la facoltà di presentare un'istanza di discussione orale e di rinvio a data successiva alla cessazione della fase emergenziale, è in linea con il menzionato orientamento del Consiglio di Stato. La situazione attuale e i possibili rimedi
Sembrerebbe che le univoche ed esaustive indicazioni del CPGT non abbiano trovato puntuale e uniforme applicazione presso tutte le Commissioni tributarie. Secondo la denuncia del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti ed esperti contabili, a distanza di diversi mesi dall'approvazione delle regole per lo svolgimento delle udienze a distanza, la videoudienza stenta ancora a decollare, essendo ancora poche le Commissioni tributarie che usano gestire con modalità telematica le udienze pubbliche. La maggior parte continuerebbe invece a operare con la modalità cartolare, senza possibilità di incontro e di discussione orale tra le parti e il Collegio giudicante. dando atto nei provvedimenti organizzativi della indisponibilità delle risorse tecniche. Tale disomogeneità di orientamenti sembra trovare parziale motivazione innanzitutto nella inadeguatezza del sistema informativo della fiscalità (Sif) del Ministero dell'economia e delle finanze, che consentirebbe ai singoli collegi delle Commissioni tributarie di svolgere una videoudienza alla volta. Per ovviare all'inconveniente alcune Commissioni utilizzano i router dei telefoni privati dei giudici e dei segretari per svolgere un numero illimitato di videoconferenze. Altre Commissioni accusano difficoltà nell'utilizzo dell'infrastruttura informatica ritenuta complessa, altre ancora segnalano problemi di linea che rallentano i lavori fino a renderli difficili se non impossibili. Allo stesso tempo, il processo di potenziamento dell'intera rete dati preannunciato dal MEF non sembra avviato a conclusione. Di qui la diffusa tendenza a privilegiare la trattazione scritta o a rinviare l'udienza a data anche successiva al termine dell'emergenza, con prevedibili effetti negativi sulla durata dei processi e sullo smaltimento dell'arretrato. Qualora il calo delle pronunce che si è registrato negli ultimi mesi dovesse perdurare, si rischia di vanificare i progressi registrati negli ultimi anni sul piano della riduzione dei tempi di giustizia e dell'attuazione del giusto processo.
L'insieme degli esposti motivi suggerisce l'adozione di risolutivi interventi sul piano dell'organizzazione e delle dotazioni informatiche che valgano a intercettare e rimuovere difficoltà obiettive e ingiustificate riluttanze. |