Una fattispecie di interpretazione estensiva della responsabilità solidale ai sensi dell'art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003
12 Aprile 2021
Massima
La Corte costituzionale n. 254/2017 ha statuito che la tutela solidale, ex art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, va estesa a tutti i livelli di decentramento.
Il ragionamento seguito dalla Corte ed il passaggio secondo il quale la tutela solidale non può non estendersi a tutti i livelli del lavoro indiretto, autorizzano una lettura costituzionalmente orientata anche nei confronti delle prestazioni rese in somministrazione nel medesimo appalto.
Invero, la previsione della responsabilità solidale del committente è finalizzata ad evitare che meccanismi di decentramento e dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e reale utilizzatore delle prestazione rechino danno ai lavoratori coinvolti. Il caso
La sentenza in commento trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo proposto dal dipendente di un'agenzia di somministrazione di lavoro. Oggetto delle fattispecie erano le prestazioni rese dalla somministrata su richiesta di una impresa utilizzatrice che, a sua volta, era appaltatrice del servizio di trasporto e recapito di effetti postali.
Il lavoratore ricorrente aveva ricevuto le buste paga e le relative retribuzioni tanto dalla agenzia di somministrazione quanto dall'impresa utilizzatrice. Il ricorso monitorio, tuttavia, era stato proposto nei confronti della stazione appaltante: in esso, il lavoratore lamentava che per il periodo di tempo in cui l'impresa appaltatrice si era rivolto all'agenzia di somministrazione, il trattamento retributivo era risultato inferiore a quello che sarebbe stato dovuto ove egli fosse stato dipendente diretto dell'appaltatrice stessa, in contrasto con l'art. 30 del CCNL per i lavoratori delle agenzie di somministrazione.
In particolare, il dipendente protestava di non avere ricevuto quanto di diritto a titolo di tfr, ferie, rol, ex festività, tredicesima e quattordicesima mensilità, indennità di mensa, presenza e produttività.
Il Giudice del lavoro accoglieva il ricorso e pronunziava il richiesto decreto d'ingiunzione, avverso il quale proponeva opposizione il committente. La questione
Il decreto opposto aveva ingiunto il pagamento delle somme richieste dal lavoratore sulla base della ritenuta obbligazione in solido della stazione appaltante, discendente dall'art. 29 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
L'impresa ingiunta eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e comunque la mancanza di titolarità passiva del rapporto controverso, contestando l'applicabilità al caso di specie dell'art. 29, comma 2, testé richiamato; inoltre, veniva contestato il quantum del credito azionato in via monitoria ed era svolta domanda di manleva nei confronti degli altri soggetti coinvolti nella vicenda (appaltatrice e agenzia di somministrazione). La soluzione giuridica
Il Giudice del Lavoro rigetta l'opposizione, in quanto infondata.
La stazione appaltante aveva tentato di argomentare l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 valorizzando il dato dell'estraneità, rispetto alla filiera delle imprese coinvolte nell'appalto, dall'agenzia di somministrazione datrice di lavoro del ricorrente opposto. In altre parole, secondo l'appaltante, il vincolo di solidarietà discendente dalla norma appena citata non sarebbe stato invocabile, per avere il lavoratore prestato la propria opera in forza del contratto di somministrazione e non sulla base del contratto di appalto.
Il Tribunale di Padova non ritiene che le difese dell'opponente colgano nel segno ed applica al caso di specie i principi e gli insegnamenti forniti dalla sentenza della Corte costituzionale 6 dicembre 2017, n. 254, considerata portatrice del principio per cui la tutela solidale va estesa a tutti i livelli di decentramento.
La pronunzia in commento ricorda che la Consulta, nella decisione succitata, si era espressa a proposito di una fattispecie di subfornitura, traendo da ciò lo spunto per riflettere sulla ratio della responsabilità solidale del committente. Lo scopo di tale istituto è quello di evitare il rischio che i fenomeni di dissociazione e decentramento tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno dei lavoratori coinvolti. Trattasi di una garanzia che, secondo il Giudice delle leggi, va estesa anche ai dipendenti del fornitore, onde non incorrere in un contrasto col principio di eguaglianza posto dall'art. 3 della Costituzione. Come anticipato, la Consulta afferma in questa sede che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta va estesa a tutti i livelli del decentramento e ciò evidentemente ricomprende anche i dipendenti di una impresa subfornitrice che, d'altro canto, a causa della strutturale debolezza del proprio datore di lavoro, si trovano in una situazione di vulnerabilità più marcata rispetto ai lavoratori dipendenti di una impresa appaltatrice.
Secondo la pronunzia patavina, il ragionamento della Consulta autorizza una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 tale da estendere le tutele solidaristiche poste da tale norma anche all'ipotesi delle prestazioni lavorative rese in somministrazione nel più ampio ambito di un contratto di appalto.
A ragionare diversamente, tanto più alla luce della costanza nel tempo delle mansioni ricoperte dal lavoratore ricorrente opposto, si perverrebbe ad un contrasto con l'art. 3 della Carta, negando pari tutele a situazioni fattuali analoghe.
La pronunzia prosegue rilevando ulteriori profili di infondatezza, questa volta di fatto, dell'opposizione svolta dalla stazione appaltante, che pure aveva tentato di sostenere la natura estranea alla retribuzione dei crediti fatti valere in via monitoria.
Il Giudice del lavoro non condivide tali rilievi, sottolineando, in primis, come le voci di credito in questione fossero state maturate pacificamente nel periodo di tempo in cui si era sviluppato il contratto di appalto in esame, ciò che vieppiù confermava l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003.
In secondo luogo, la decisione in commento, pur richiamandosi al rigoroso orientamento espresso dalla Corte di cassazione (v. ad es. Cass. 6 novembre 2019, n. 28517) secondo cui l'espressione “trattamenti retributivi” utilizzata dal citato art. 29 va interpretata in modo restrittivo, mostra di non dubitare del carattere retributivo dei crediti vantati dal lavoratore. In punto indennità sostitutiva per permessi, rol e ferie non goduti, si evidenzia come svariati precedenti, sempre di legittimità (si citano le sentenze di Cass. 10 maggio 2010, n. 11262 e 29 maggio 2018, n. 13473
Superata un'ulteriore e generica eccezione sull'inefficacia probatoria della documentazione allegata al ricorso, il Tribunale di Padova giunge quindi a rigettare l'opposizione, accogliendo tuttavia la domanda di manleva svolta dalla stazione appaltante verso le terze chiamate: ossia nei confronti dell'agenzia di somministrazione e dell'impresa appaltatrice, che aveva appunto fatto ricorso al lavoro somministrato, peraltro rimaste contumaci nel corso del giudizio. Osservazioni
La sentenza in commento si segnala per l'applicazione estensiva della disposizione posta dall'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, operazione che viene considerata come necessitata alla luce del precedente costituito dalla decisione della Corte costituzionale n. 254 del 2017.
E' appena il caso di ricordare che la norma testé richiamata, al comma secondo, sancisce la solidarietà dal lato passivo tra committente imprenditore o datore di lavoro e appaltatore e (eventuali) subappaltatori quanto ai trattamenti retributivi, comprensivi di quote di tfr, e contributivi dovuti ai lavoratori in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, con il limite temporale di due anni dalla cessazione dell'appalto stesso. L'art. 29, comma 2, costituisce dunque una garanzia dell'effettività della retribuzione in favore del prestatore di lavoro, cui si garantisce la possibilità di agire verso più soggetti – e specialmente verso un soggetto, come l'appaltante, che dovrebbe garantire maggiore solidità economica – per ottenere il pagamento di quanto dovuto per le prestazioni lavorative rese.
La sentenza della Consulta n. 254/2017 aveva ritenuto che le garanzie ex art. 29 dovessero essere estese altresì ai dipendenti del subfornitore. Prescindendo dal dibattito, ancora vivo, sulla riconducibilità o meno della subfornitura a “sottotipo” dell'appalto, la Corte aveva comunque escluso che la natura eccezionale della norma sulla responsabilità solidale del committente potesse condurre ad una sua applicazione estensiva. Secondo il ragionamento dei Giudici costituzionali, infatti, “l'eccezionalità della responsabilità del committente è tale rispetto alla disciplina ordinaria della responsabilità civile - che esige di correlarsi alla condotta di un soggetto determinato - ma non lo è più se riferita all'ambito, ove pur distinto, ma comunque omogeneo in termini di lavoro indiretto, dei rapporti di subfornitura”.
La Corte costituzionale – come riporta la decisione del Tribunale di Padova in commento – considera infatti che la ratio alla base dell'art. 29 non giustifichi l'esclusione dalla tutela dei dipendenti del subfornitore, poiché la garanzia in esame deve al contrario “estendersi a tutti i livelli del decentramento”.
La pronunzia in esame, pertanto, appare avere aderito letteralmente all'insegnamento della Consulta, ulteriormente ampliando l'area di applicabilità delle tutele di cui all'art. 29 ricomprendendovi la fattispecie della somministrazione di lavoro. Va notato come già prima dell'arresto della Corte Costituzionale non fossero mancati, specialmente nella giurisprudenza di merito, tentativi di riconoscere la responsabilità solidale in presenza di contratti diversi dall'appalto ma dotati di una analoga impostazione, come è il caso della subfornitura. Si può citare, ad esempio, la sentenza della Corte d'appello di Brescia 11 maggio 2016 (in Argomenti di Diritto del Lavoro, 2016, pp. 1033 e ss., con nota di Tagliente) giunta proprio ad applicare l'art. 29 in favore dei dipendenti di un subfornitore, sulla scorta della ritenuta genericità del riferimento all'appalto compiuto da detta norma, da intendersi piuttosto come richiamo allo schema contrattuale di tale contratto, e della riconducibilità della subfornitura proprio ad un sottotipo di appalto. Evidentemente, la decisione del Tribunale di Padova va oltre, garantendo la protezione di cui alla norma testé citata anche in presenza di un tipo contrattuale, quale è la somministrazione, molto più lontano dallo schema dell'appalto, specie con riguardo ad aspetti quale l'organizzazione di mezzi propri.
Come suggerito dalla prassi, non v'è dubbio che i dipendenti delle agenzie di somministrazione possano sovente trovarsi in condizioni di speciale vulnerabilità, a ragione della vistosa asimmetria negoziale che solitamente sussiste tra il datore di lavoro e l'impresa utilizzatrice delle prestazioni lavorative. In altre parole, anche la somministrazione realizza un fenomeno di esternalizzazione in forza del quale il lavoratore somministrato si trova a contare su una garanzia di ricevere la dovuta retribuzione minore di quella del lavoratore alle dirette dipendenze dell'impresa utilizzatrice.
Tuttavia, il ragionamento che sembra avere seguito il Tribunale di Padova appare prestare il fianco proprio a quelle osservazioni che parte della dottrina aveva già mosso alla pronunzia della Corte Costituzionale. Non erano mancati giuristi che avevano avvertito come la decisione della Consulta, imperniata sul poco definito concetto di “lavoro indiretto”, finisse per esporre a responsabilità solidaristiche in materia retributiva e contributiva una platea indefinita di imprese, essendo numerosi i negozi giuridici in forza dei quali una azienda può avvantaggiarsi delle prestazioni rese da lavoratori formalmente dipendenti da altro soggetto.
Secondo questa esegesi, la posizione assunta dalla Corte Costituzionale avrebbe avuto l'effetto di operare un ampliamento indeterminato dell'area di operatività della disposizione di cui al d.lgs. del 2003, senza tenere in considerazione la grande eterogeneità delle fattispecie potenzialmente coinvolte da tale opzione interpretativa. In questo modo, gli effetti pratici della sentenza sarebbero in pratica imprevedibili, con l'ulteriore conseguenza di avere scardinato il bilanciamento di interessi posto dal legislatore, anche attraverso la graduazione delle tutele in riferimento ai diversi tipi negoziali.
Anche lo “strumento” giuridico utilizzato dai Giudici delle leggi è stato criticato. La scelta di operare un intervento potenzialmente così impattante sulle conseguenze delle scelte negoziali delle parti del rapporto di lavoro attraverso una sentenza interpretativa di rigetto della questione di legittimità costituzionale non è apparsa opportuna, trattandosi di decisione atta a produrre effetto tra le sole parti del giudizio a quo e non perciò erga omnes come avviene per le decisioni di accoglimento.
Altri giuristi hanno tentato di prevedere la pratica portata della decisione della Consulta interrogandosi sulle implicazioni del ragionamento ivi sviluppato. Secondo questa posizione dottrinale, non si potrebbe considerare la sentenza suddetta quale fondatrice di un principio generale di responsabilità solidale, avendo tale intervento la diversa funzione di estendere una condizione di vantaggio (quella che l'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 riconosce ai dipendenti dell'appaltatore) a figure (i dipendenti del subfornitore) che ne erano illegittimamente prive.
Se tale premessa risulta corretta, occorre derivarne che le conclusioni della Corte costituzionale non potranno essere analogicamente applicate a quei rapporti in cui non sono riscontrabili le lacune di tutela esistenti con riguardo alla subfornitura. In altre parole, non si potrebbe invocare in via d'analogia la tutela ex art. 29 per quei tipi contrattuali per cui il legislatore ha disciplinato un particolare regime di solidarietà.
Accogliendo questa posizione, si potrebbe giungere a concludere come la scelta interpretativa accolta dalla sentenza del Tribunale di Padova possa esporsi a critiche, per essere la somministrazione di lavoro un negozio per il quale il legislatore, all'art. 35 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, ha regolato il regime della solidarietà tra agenzia ed impresa utilizzatrice.
Ma d'altro canto, tornando per un attimo alla corrente dottrinale poc'anzi richiamata, espressasi sulla sentenza della Consulta n°254 del 2017, ove ci si focalizzasse sugli altri criteri impiegati dalla Corte Costituzionale onde individuare i rapporti analoghi all'appalto (e dunque meritevoli di vedere estese nella loro direzione le tutele ex art.29), si rischierebbe di giungere ad una conclusione opposta e cioè di ricomprendere in tale novero anche la somministrazione. Infatti, certamente nella somministrazione si ha una fattispecie di “lavoro indiretto”, nonché una “dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione”.
E ancora, non può tacersi l'ulteriore particolarità della pronunzia patavina in esame che conduce l'applicazione analogica della norma di cui al d.lgs. n. 276 del 2003 con l'effetto non già di ampliare la legittimazione retributiva e contributiva dal lato passivo coinvolgendo l'impresa utilizzatrice del dedotto rapporto di somministrazione, bensì la parte appaltante del contratto di appalto ove la medesima impresa utilizzatrice figurava come appaltatore. L'estensione delle tutele di cui all'art. 29, in altre parole, ha riguardato due tipologie di contratto, così raddoppiando i soggetti giuridici interposti tra il garantito (il lavoratore) e il garante (la stazione appaltante), separati non già dal solo appaltatore ma anche dall'azienda di somministrazione cui l'appaltatore si era rivolto. Si tratta di uno schema negoziale che può ricordare quello del subappalto o, per meglio dire, della “catena” composta al primo “anello” da un contratto di appalto dal quale si originano vari rapporti di subappalto: e forse proprio da questa similitudine può trarsi lo spunto per azzardare qualche considerazione conclusiva.
Sembrano davvero condivisibili le preoccupazioni espresse da larghi settori della dottrina in merito all'incerta e forse indefinibile portata del sopraesposto principio della Consulta, espressamente richiamato dalla sentenza di merito in commento. Il richiamo al concetto, non meglio definito, di “lavoro indiretto” appare davvero sfumato, in grado di supportare una estensione della tutela ex art. 29 in termini non preventivabili, con ovvie e negative ricadute. Si intende alludere alla emersione di una vasta area di sostanziale imprevedibilità del diritto, affidata in pratica alla discrezionalità del giudicante, facultizzato addirittura a sovrapporre le proprie considerazioni alle valutazioni politiche compiute dal legislatore: eloquente, in tal senso, è la circostanza per cui alcuni dei tipi contrattuali ravvicinabili all'idea di “lavoro indiretto” già dispongono invero di una completa regolazione del rapporto di solidarietà tra le parti dei medesimi. Inoltre, non può sottacersi come la decisione in esame abbia mostrato di non avere dedicato molto spazio ad un'operazione esegetica che al contrario, come evidenziano i rilievi svolti sin qui, è pregna di rilevanti implicazioni, preferendo compiere un essenziale rinvio al precedente della Corte Costituzionale, per vero dotato di un impianto motivazionale non molto più particolareggiato.
Il tema, in definitiva, appare meritevole di approfondite rimeditazioni. Ma non si pensi che ciò equivalga a lasciare privi di tutela ampi settori di lavoratori, che la pratica ci ricorda essere effettivamente esposti ai rischi patrimoniali e previdenziali connessi al rapporto con controparti datoriali poco strutturate ed economicamente fragili: ciò quanto meno con riguardo a situazioni “patologiche” o di abuso del diritto. Ci si vuole ricollegare al riferimento, fatto più sopra, alla “catena” di appalti per richiamare la ormai ampia elaborazione giurisprudenziale, di merito e di legittimità, a proposito dell'individuazione dei criteri per portare all'emersione di ipotesi di interposizione illecita. Non può sfuggire, concentrandosi sulla somministrazione, contratto alla base della lite decisa dal Tribunale di Padova, che l'effetto espansivo delle tutele in favore del lavoratore è perseguibile altresì a mezzo dell'indagine sulla genuinità del tipo contrattuale stretto tra dipendente, agenzia di somministrazione ed utilizzatore, dato che, dalla scoperta di irregolarità, discenderebbe la possibilità di veder costituito un rapporto di lavoro alle dirette dipendenze del soggetto utilizzatore, con conseguente legittimazione degli Istituti di previdenza ed assistenza a perseguire presso l'autentico datore di lavoro il versamento della contribuzione dovuta. Anche in questa casistica si assiste alla parificazione, quanto a tutele, della posizione del diretto dipendente dell'azienda utilizzatrice di una prestazione laburistica “indiretta” con quella del dipendente dell'azienda che tale prestazione offre; con il pregio, tuttavia, di vedere condotta una simile operazione sulla base di canoni interpretativi lungamente affinati dalla prassi giudiziale e, dunque, maggiormente prevedibili nella loro pratica applicazione.
Guida all'approfondimento Corte costituzionale, 6 dicembre 2017, n. 254. In dottrina: A. Ilario, Appalto, subfornitura, lavoro indiretto: la Corte Costituzionale amplia l'ambito di applicazione della responsabilità solidale, in Rivista Italiana del Diritto del Lavoro, 2018, pagg. 242 e ss.; M. Del Frate, La Corte costituzionale sull'applicabilità della responsabilità solidale alla subfornitura: condivisibile il risultato ma non il metodo, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2018, pagg. 611 e ss.; L. Principato Luigi, Responsabilità solidale del committente e debiti di lavoro: dall'appalto alla subfornitura attraverso una sentenza interpretativa di rigetto additiva, in Giurisprudenza Costituzionale, 2017, pp. 2709 e ss.; E. Villa, La responsabilità solidale: dall'appalto alla subfornitura e oltre, in Giustiziacivile.com, 26 giugno 2018. |