Validità della manleva inerente rapporti circoscritti e noti al garante

Antonio Franchi
21 Aprile 2021

L'accordo di manleva, infatti, si inserisce e si giustifica nell'ambito di una più ampia operazione negoziale avente ad oggetto il trasferimento delle quote. E' nel complessivo assetto di interessi delineato dalle parti e nel complessivo equilibrio dell'operazione che dev'essere individuata la concreta meritevolezza di tutela del patto...
Massima

L'accordo di manleva si inserisce e si giustifica nell'ambito di una più ampia operazione negoziale avente ad oggetto il trasferimento delle quote di una s.r.l.. E' dunque nel complessivo assetto di interessi delineato dalle parti e nel complessivo equilibrio dell'operazione che dev'essere individuata la concreta meritevolezza di tutela del patto: la garanzia in questione, infatti, ha ad oggetto passività sorte a carico della società target sino alla data del trasferimento delle quote ed e stata assunta, con evidente effetto rafforzativo della correttezza dell'equilibrio economico delle reciproche prestazioni, dal socio unico ed amministratore del soggetto venditore in favore della target stessa e del compratore, nuovo socio di quest'ultima.

Il caso

Nella sentenza del Tribunale di Milano in esame sono presi in analisi diversi argomenti e, tra questi, il tema (oggetto del presente commento) della validità di una manleva rilasciata a garanzia del pagamento di debiti temporalmente circoscritti e noti al garante.

A tale riguardo, il terzo chiamato in garanzia ha eccepito la nullità del patto di manleva ponendo a fondamento, inter alia, il difetto di causa concreta di tale patto e l'omessa indicazione dell'importo massimo garantito.

Il Tribunale ha rigettato l'eccezione del terzo chiamato motivando così come riportato nelle massime anzi esposte.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

I requisiti di validità della manleva

Mediante il patto di manleva le parti riversano su una di esse, il mallevadore o garante, gli effetti derivanti dalla responsabilità dell'altro soggetto, il mallevato, purché in ciò vi sia un interesse patrimoniale del mallevadore. A riguardo si veda Cass. civ.21 novembre 1988, n. 6267, in Giust. civ. Mass. 1988, 11, per la quale “è perciò principio fermo, nella giurisprudenza di questa Corte, quello della validità del patto (di manleva) in forza del quale il debitore riversi su altri, che vi abbia un interesse patrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilità, non essendo esso in contrasto con alcun principio generale del vigente ordinamento, né, in particolare, con la “ratio” dell'art. 1229 c.c., diretto a proteggere il creditore danneggiato, il quale, anzi, è da questa clausola tutelato (V. per tutte, Cass., 21 giugno 1969 n. 2211 e 8 marzo 1980 n. 1543)”.

In termini più generali, si ha una manleva quando un dato soggetto assume l'obbligo di sollevare l'altra parte dalle eventuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti da un dato evento o dal fatto dello stesso mallevadore o del mallevato o di terzi.

Tuttavia, non esiste una tipizzazione dell'istituto della manleva, benché tale strumento giuridico di trasferimento del danno e degli effetti derivanti dalla responsabilità civile, tanto contrattuale quanto extracontrattuale, sia ampiamente diffuso nella prassi (si veda Cass., 8 marzo 1980, n. 1543, in Foro it., 1981, I, 2539, per la quale “il patto di manleva costituisce un contratto atipico, onde la sua validità, ai sensi degli art. 1322, 1343 e 1418 c.c., è condizionata al perseguimento di interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento”; Cass., 30 maggio 2013, n. 13613, in CED Cassazione 2013, per la quale “il contratto o patto di manleva, con il quale si trasferiscono le conseguenze risarcitorie dell'inadempimento in capo ad altro soggetto che, comunque, garantisce il creditore, è un contratto atipico, non disciplinato dall'ordinamento giuridico italiano; dalla manleva scaturisce l'obbligo di tenere indenne il manlevato dalle conseguenze patrimoniali dannose di eventi o di atti il cui verificarsi sia del tutto eventuale”; Trib. Milano, ord. 20 dicembre 2013, in Società, 2014, 3, 358, per il quale “l'accordo di manleva costituisce un contratto legalmente atipico (ma socialmente tipico) che può ritenersi valido solo se ed in quanto persegua interessi meritevoli di tutela”).

Esistono delle analogie tra patto di manleva e contratto di assicurazione, ma quest'ultimo ha, tuttavia, struttura giuridica e causa ben diversa da quelle del contratto di manleva.

La causa giuridica del contratto di assicurazione, infatti, consiste nel soddisfare il bisogno attuale dell'assicurato di poter far fronte a quei bisogni che eventualmente saranno provocati dal verificarsi di un evento incerto e non specificamente individuato, né individuabile al momento della conclusione del contratto, mentre, come abbiamo visto, la causa del contratto di manleva consiste nel riversare sul mallevadore gli effetti dannosi derivanti a carico del mallevato sia da eventi di futuro accadimento sia da eventi già verificatisi, in presenza di un interesse patrimoniale del mallevadore medesimo (su natura e funzione del contratto di assicurazione, si veda Santoro Passarelli, Variazioni sul contratto di assicurazione,in Assic. 1975, I, p. 205. Dopo l'introduzione del Codice delle assicurazioni private (d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209), si veda Alpa, Le assicurazioni private, Torino, 2006; Donati e Volpe Putzolu, Manuale di diritto delle assicurazioni, Milano, 2006, 109).

Pertanto, affinché il patto di manleva sia valido, è necessario che vi sia una causa, una contropartita alle obbligazioni assunte dal soggetto che si obbliga a manlevare: deve sussistere, dunque, una ragione pratica, un interesse concreto che il contratto di manleva sia diretto a soddisfare, tale da giustificare legittimamente l'assunzione di obblighi da parte del soggetto mallevadore (sulla causa (ragione giustificativa) della manleva si veda Corrias, voce Manleva (patto di), in Enc. Giur. Treccani, Aggiornamento, Roma, 2008, 4; Adriano, Patti di manleva e circolazione del costo del danno, Padova, 2012, 47 ss.).

Si può ragionevolmente ritenere che la causa possa essere individuata nella presenza di accordi sottostanti o collegati al patto di manleva (si vedano Cass., 18 maggio 1954, n. 1580 in Foro it., 1955, I, p. 1701 e in Casi e questioni di diritto privato. Materiali didattici, a cura di Bessone, Genova, 1973, 334 e Cass., 8 marzo 1980, n. 1543 cit. sui contratti di manleva tra le Ferrovie dello Stato e la Compagnia Vagoni Letto. Qui la contropartita alla manleva consisteva nel vantaggio ricevuto dalla Compagnia Vagoni Letto per aver ottenuto la concessione del servizio da parte delle Ferrovie dello Stato).

Ad esempio, può aversi una adeguata causa laddove, come spesso accade, si preveda il rilascio di una manleva al fine di evitare future discussioni su profili di responsabilità che potrebbero essere di difficile valutazione, come ad esempio nelle ipotesi di responsabilità derivanti da comportamenti tenuti in esecuzione di direttive della società o di pareri di consulenti esterni accreditati della società. Altre possibili ipotesi di manleva con valida causa si hanno, ancora, nell'ambito di complessi contratti o articolate operazioni, quando la contropartita all'assunzione degli impegni da parte del mallevadore è contemperata all'interno della composizione dei contrapposti interessi per la conclusione dell'operazione, così come nel caso deciso dal Tribunale di Milano.

La determinatezza o determinabilità dell'oggetto e il tetto massimo garantito

Requisiti essenziali ai fini della configurazione di una valida manleva sono rappresentati dalla determinatezza o determinabilità dell'oggetto e dalla previsione dell'importo massimo garantito.

Infatti, una manleva in forma generica – in assenza dell'indicazione, dunque, di un preciso evento o comportamento dai quali possa nascere il futuro debito – deve essere ritenuta nulla per contrasto con l'art. 1346 c.c. in tema di requisiti dell'oggetto del contratto (sulla genericità della manleva si veda App. Torino 29 luglio 2009, n. 1093, per la quale “nessuna liberatoria potrebbe concepirsi né risultare efficace con riguardo ad un fatto che, al momento dell'asserito «sgravio» e della pretesa «manleva», nemmeno era ancora stato accertato, né nella sua oggettività né nelle conseguenze economiche da essa derivanti in pregiudizio alla società”; Trib. Milano, ordinanza 20 dicembre 2013 cit.).

Altresì, fatto salvo quanto indicato nel seguente paragrafo 3, deve essere considerata nulla una manleva che non indichi la previsione di un importo massimo garantito, ponendosi questa in contrasto con l'art. 1938 c.c. in tema di fideiussione per obbligazioni future o condizionali.

Infatti, l'art. 1938 c.c., così come novellato dalla legge 17 febbraio 1992 n. 154, stabilisce che “la fideiussione può essere prestata anche per un'obbligazione condizionale o futura con la previsione, in quest'ultimo caso, dell'importo massimo garantito” (sul punto si veda Cass., 23 settembre 2015, n. 18771 per la quale «in effetti, questa Corte (Cass., n. 1520 del 26 gennaio 2010) ha avuto modo di ravvisare nel disposto dell'art. 1938 c.c. un principio di carattere generale, nel momento in cui ha affermato che ‘in tema di fideiussione, l'art. 1938 cod. civ., come modificato dalla l. 17 febbraio 1992, n. 154, nel prevedere la necessità della determinazione dell'importo massimo garantito per le obbligazioni future, pone un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, valevole anche per le garanzie personali atipiche»”).

In effetti, appare del tutto ragionevole che il principio posto dall'articolo 1938 c.c. debba applicarsi anche alla figura della manleva, giacché attraverso la conclusione di un tale tipo di pattuizione (garanzia personale atipica, così come ricordato, inter alia, da Cass., 30 maggio 2013, n. 13613, cit.) il mallevadore (garante), come abbiamo visto, viene ad assumere dei debiti futuri il cui importo potrebbe essere non noto e non prevedibile.

La conoscenza da parte del garante dei rapporti dai quali possa nascere la posizione debitoria

Tuttavia, potrebbe aversi una valida manleva anche in assenza della previsione di un tetto massimo garantito, nell'ipotesi – come quella in esame – in cui i rapporti dai quali possa nascere la posizione debitoria siano ben circoscritti o circoscrivibili o comunque noti al mallevadore, in maniera tale che non possano sorgere responsabilità o situazioni debitorie per importi nuovi e non prevedibili.

Deve, infatti, ritenersi che l'applicazione del principio posto nell'art. 1938 c.c. sia dovuta soltanto nell'ipotesi in cui l'evento che faccia scattare l'obbligazione del mallevadore sia estraneo alla sua sfera di controllo e di influenza. L'art. 1938 c.c. non può, dunque, trovare applicazione nell'ipotesi in cui i fatti dai quali derivi la responsabilità oggetto di manleva siano determinabili alla data di rilascio della manleva stessa, per essere questi riferiti al periodo antecedente il rilascio della manleva e inerenti il patrimonio del mallevadore (e, dunque, per ciò stesso, relativi alla sfera di controllo del garante, a questo noti o da questo conoscibili o sotto la propria responsabilità). Risulta, infatti, ovvio che in una tale ipotesi il mallevadore sia perfettamente consapevole del rischio cui si esponga per effetto del rilascio della manleva e, dunque, non sia necessaria l'applicazione della regola sancita nell'art. 1938 c.c. (si veda Trib. Milano 6 maggio 2016, in giurisprudenzadelleimprese.it).

Dovendosi, altresì, sottolineare che qualora l'evento originatore della responsabilità del manlevato fosse sotto il controllo del mallevadore o quando lo stesso mallevadore fosse responsabile di tale evento, a ben guardare, l'obbligazione di manleva non costituirebbe una vera e propria garanzia, bensì rappresenterebbe una c.d. garanzia generica, semplicemente rafforzativa della posizione giuridica originariamente assunta dall'obbligato (si veda Betti, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1953, II, 82-90; Corrias, Garanzia pura e contratti di rischio, Milano, 2006, 300 ss.).

Osservazioni

La sentenza in esame indica i requisiti di validità della cd. manleva e sottolinea, in maniera del tutto condivisibile, che la giustificazione causale della stessa può ben individuarsi nel complessivo assetto degli interessi delle parti in un dato rapporto e nel complessivo equilibrio dell'operazione in relazione alla quale il patto di manleva venga concluso.

Viene, inoltre, confermato il principio per cui la manleva non può essere considerata con oggetto indeterminabile nel momento in cui i rapporti dai quali possa nascere la posizione debitoria e la conseguente obbligazione di garanzia siano circoscritti e noti al garante.

Conclusioni

Alla luce delle statuizioni del Tribunale di Milano viene a confermarsi il principio per cui la causa della manleva non necessariamente deve essere espressa, non configurando il contratto di manleva un contratto formale per il quale sia necessaria l'expressio causae; per quanto, motivi di opportunità, al fine di evitare l'insorgere di possibili procedimenti contenziosi, inducano a ritenere che sia sempre preferibile esplicitare la causa della manleva tutte le volte in cui ciò sia possibile.

Si sottolinea, infine, che con la decisione del Tribunale oggetto del presente commento, viene ribadito, seppur a contrariis, il principio per cui la manleva debba avere un oggetto determinato e/o un tetto massimo garantito nell'ipotesi in cui non siano circoscritti i rapporti dai quali possa nascere la posizione debitoria e quando tali rapporti non siano noti al garante.

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