Sospensione necessaria e sospensione facoltativa

22 Aprile 2021

Non vi è un'informe interpretazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione dell'endiadi composta dagli artt. 295 e 297 c.p.c.; in particolare il contrasto verte sull'obbligatorietà o meno delle parti di attendere il passaggio in giudicato della sentenza che definisce la causa pregiudicante per presentare l'istanza per la prosecuzione del processo sospeso.
Massima

Non vi è un'informe interpretazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione dell'endiadi composta dagli artt. 295 e 297 c.p.c.; in particolare il contrasto verte sull'obbligatorietà o meno delle parti di attendere il passaggio in giudicato della sentenza che definisce la causa pregiudicante per presentare l'istanza per la prosecuzione del processo sospeso. Si tratta di una questione di massima di particolare importanza che giustifica, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., la rimessione al Primo Presidente della Suprema Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Il caso

Il Tribunale di Ancona, davanti al quale è stato sospeso un procedimento di primo grado ai sensi dell'art. 295 c.p.c. in attesa della definizione di altra causa pregiudicante, rigetta l'istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del giudizio ex art. 297 c.p.c., perché il processo causa della sospensione non è stato ancora definito con sentenza passata in giudicato. Contro quest'ultima decisione, infatti, è stato proposto appello.

Contro il provvedimento del Tribunale viene proposto regolamento necessario di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c.

In particolare, avverso il provvedimento di rigetto, il ricorrente richiama la giurisprudenza della Corte di cassazione (tra cui le Sezioni Unite n. 10027/2012), per la quale, quando tra due giudizi sussiste un rapporto di pregiudizialità e il giudizio pregiudicante viene definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 c.p.c., e ciò in base a un'interpretazione sistematica, in cui incide pure l'art. 282 c.p.c. Conseguentemente l'art. 295 c.p.c. si applica «al solo spazio temporale delimitato dalla contemporanea pendenza dei due giudizi in primo grado, senza che quello pregiudicante sia stato ancora deciso». La sentenza di primo grado che definisce il giudizio pregiudicante ai sensi dell'art. 282, oltre ad avere effetti esecutivi, darebbe luogo ad un accertamento, pur provvisorio, sul quale si potrebbe fondare anche la decisione della causa pregiudicata; perciò, i tre mesi previsti all'art. 297 dal passaggio in giudicato di detta sentenza, andrebbero intesi come termine ultimo per la presentazione dell'istanza di prosecuzione della causa sospesa.

Il Procuratore generale aderisce alla tesi del ricorrente.

Questa interpretazione, però, non è seguita da una serie di sentenze della Cassazione stessa successive alla pronuncia delle Sezioni Unite del 2012.La Corte prende atto della sussistenza di un contrasto giurisprudenziale sull'interpretazione degli artt. 295 e art. 297 c.p.c., in combinato disposto con l'art. 337 e 282 c.p.c. e, perciò, opera la rimessione al Primo Presidente della Suprema Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

La questione

La pronuncia in commento affronta tre questioni.

La prima questione è posta dalla natura stessa del ricorso presentato, ovvero quale sia lo strumento per contestare il provvedimento di rigetto dell'istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del giudizio, nel silenzio della legge.

La seconda questione riguarda la delimitazione delle due aree della sospensione necessaria (art. 295) e della sospensione facoltativa in caso di impugnazione (art. 337, comma 2).

Strettamente connessa con la seconda questione è la terza, oggetto di rimessione al Primo Presidente della Cassazione: infatti, dalla ricostruzione dell'istituto della sospensione necessaria alla quale si aderisce, dipende anche l'interpretazione del limite posto all'art. 297 c.p.c. per chiedere la prosecuzione del giudizio sospeso.

Le soluzioni giuridiche

Sulla prima questione, non esiste contrasto giurisprudenziale. La Cassazione (Cass. civ., 13 dicembre 2013, n. 27958) ha ammesso l'impugnabilità con regolamento di competenza necessario del provvedimento che abbia respinto l'istanza di fissazione dell'udienza, in virtù di un'interpretazione estensiva dell'art. 42 c.p.c.. Questa operazione è giustificata dalla necessità di reagire contro «un'abnorme quiescenza del processo», non più dovuta all'esigenza di un accertamento pregiudiziale ed in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost.

La seconda questione è il fulcro del contrasto giurisprudenziale messo in luce dall'ordinanza in commento. In ordine ad essa vi sono una serie di pronunce della Cassazione che possono racchiudersi in due orientamenti.

La prima posizione è ben espressa dalla massima delle Sezioni Unite, n. 10027/2012: «Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 c.p.c., come si trae dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 c.p.c.: il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado» (così anche le successive: Cass. civ., 20 novembre 2013, n. 26104; Id., 24 giugno 2014, n. 14274).

In buona sostanza, l'ordinamento giuridico giustificherebbe la sospensione del giudizio pregiudicato fino a quando non si sia formato un accertamento di primo grado, che seppur provvisorio, sarebbe tale da poter supportare la decisione nella causa pregiudicata. Perciò, qualora venga proposto appello contro tale sentenza di primo grado, spetterà al giudice della causa pregiudicata valutare se sospendere il giudizio ex art. 337, comma 2, prendendo in considerazione la fondatezza delle ragioni poste alla base dell'impugnazione.

Seguendo questa interpretazione l'art. 297 porrebbe solo come termine ultimo per la presentazione dell'istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del giudizio i tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile causa di sospensione, o meglio dalla conoscenza che la parte ne abbia, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata della Corte costituzionale, (Corte cost., 3 marzo 1970, n. 34). Quindi, verrebbe lasciato alle parti la scelta di evitare o meno il possibile conflitto fra giudicati.

Vi sono, però, una serie di sentenze successive alle Sezioni Unite del 2012, che sono tornate all'interpretazione tradizionale dell'istituto, secondo la quale la sospensione necessaria va protratta fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza sulla causa pregiudicante. Perciò, il riferimento dell'art. 297 c.p.c. al limite del giudicato non sarebbe solo temporale, ma contenutistico: si dovrebbe aspettare la formazione del giudicato sulla questione pregiudicante proprio per evitare l'eventuale conflitto con il giudicato sulla questione pregiudicata.

Questa corrente giurisprudenziale, in accordo con la dottrina (G. Trisorio Liuzzi, La sospensione del processo civile di cognizione, Bari, 1987; F. Cipriani, Sospensione del processo (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, XXX, 1993) ha limitato la sospensione necessaria ai fenomeni di cosiddetta pregiudizialità tecnica, non logica (Cass. civ., 24 settembre 2013, n. 21794; Id., 16 marzo 2016, n. 5229; Id., 15 maggio 2019, n. 12999) ovvero al caso in cui il rapporto pregiudicante sia un elemento costitutivo del rapporto pregiudicato e l'accertamento dell'elemento costitutivo – pregiudicante sia richiesto con efficacia di giudicato per il conseguente accertamento della fattispecie pregiudicata (Cass. civ., 24 settembre 2013 n. 21794). Cass. civ., 7 settembre 2012, n. 15053 limita la sospensione necessaria del processo civile al caso in cui l'accertamento con efficacia di giudicato dell'elemento costitutivo – causa pregiudicante sia imposto da un'esplicita norma di legge (così G. Trisorio Liuzzi, La sospensione, cit., 558 ss.). Inoltre, in una recente pronuncia si è specificato che la sospensione necessaria presupporrebbe l'identità delle parti delle due cause (Cass. civ., 25 agosto 2020, n. 17623).

In questo contesto la sospensione di cui all'art. 337, comma 2, riguarderebbe le ipotesi in cui la causa pregiudicante sia già stata definita da sentenza impugnata al momento dell'instaurazione della causa pregiudicata e, secondo l'interpretazione da ultimo prospettata dalla Cassazione, anche quando le due cause non abbiano le medesime parti (Cass., 25 agosto 2020 n. 17623).

Queste due interpretazioni del complesso normativo degli artt. 295, 297 e 337, comma 2, c.p.c. appaiono tra di loro non conciliabili.

Osservazioni

In attesta che si pronuncino le Sezioni Unite si possono fare alcune osservazioni, che possono aiutare a prendere una posizione.

L'istituto della sospensione necessaria deve essere posto in relazione all'istituto degli accertamenti incidentali di cui all'art. 34 c.p.c. perché entrambi hanno lo stesso scopo: evitare che sorgano giudicati contrastanti in presenza di fattispecie tra loro in rapporto di pregiudizialità tecnica. L'ordinamento giuridico, infatti, non sarebbe armonico se si formasse un giudicato su una fattispecie complessa in contrasto con il giudicato formatosi su un rapporto giuridico che proprio di tale fattispecie è elemento costitutivo. Perciò, delle due l'una: o si consente al giudice che conosce del rapporto pregiudicato di decidere incidenter tantum ovvero debbono essere messi in campo gli strumenti necessari per coordinare le due decisioni.

Se le due cause sono iniziate insieme abbiamo l'art. 34 c.p.c. che, quando sia necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale, prescrive la rimessione al giudice superiore se il giudice davanti al quale pende la causa pregiudicata non è competente per entrambe; l'art. 34 non distingue a seconda che l'accertamento sia chiesto dalla legge o dalla volontà delle parti.

Le cause connesse possono essere anche successivamente riunite ai sensi degli artt. 40 e 274 c.p.c.

Quando le cause pendano in gradi diversi o siano di competenza esclusiva di giudici diversi la riunione non può avvenire.

Quale estrema ratio vi dovrebbe essere, allora, lo strumento della sospensione necessaria, che per prevenire il problema del contrasto tra giudicati può avere senso solo se impone di protrarre la sospensione fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza sulla causa pregiudicante. Questa interpretazione sembra essere confermata dal riferimento che l'art. 297 c.p.c. fa al passaggio in giudicato della sentenza civile sulla fattispecie pregiudicante come punto di riferimento dal quale far partire il termine perentorio di tre mesi per chiedere la fissazione dell'udienza di prosecuzione del giudizio sospeso.

Ne dovrebbero esserci distinzioni a seconda che l'accertamento con efficacia di giudicato sia richiesto dalla parte o dalla legge, perché nessuna distinzione compie sul punto l'art. 34 c.p.c. che svolge la stessa funzione dell'art. 295 c.p.c.

Altra questione è se la sospensione necessaria debba essere limitata ai casi in cui la causa pregiudicante si stia svolgendo tra terzi o tra una parte ed un terzo: in questo caso si dovrebbe consentire la sospensione necessaria della causa pregiudicante in tutte le ipotesi in cui alla parte sarebbe data la chiamata in causa del terzo, che non può avvenire perché già pende un giudizio tra loro. Anche in questo caso la sospensione necessaria supplisce alla possibilità di svolgere un processo simultaneo su cause dipendenti, purché ci sia però un'esplicita istanza di parte in proposito.

Perciò, il giudizio potrà proseguire solo quando si sia formato giudicato sulla fattispecie pregiudicante.

Così interpretato l'istituto della sospensione necessaria limita la sospensione facoltativa di cui all'art. 337, comma 2, c.p.c. ai soli casi in cui la sentenza sulla fattispecie pregiudicante sia stata impugnata, quindi, le due cause pendano in gradi diversi. In tale ipotesi, spetterà al giudice valutare la fondatezza dell'impugnazione ed eventualmente disporre la sospensione.

Riferimenti
  • F. Cipriani, Sospensione del processo (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, XXX, 1993;
  • M. Giacomelli, Sub artt. 295-297, in Codice di procedura civile commentato, diretto da C. Consolo, 2018, II, 831 ss.;
  • C. Mandrioli – A. Carratta, Diritto processuale civile, Torino, 2019, II, 330 ss.;
  • G. Trisorio Liuzzi, La sospensione del processo civile di cognizione, Bari, 1987;
  • R. Tiscini, Itinerari ricostruttivi intorno alla pregiudizialità tecnica e logica, in Giustiziacivile.com, 2016, n.3.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.