La prova della notifica telematica del ricorso per cassazione

Yari Fera
26 Aprile 2021

È inammissibile il ricorso per cassazione per mancanza di prova della notificazione del ricorso in caso di deposito di copia informe dei documenti di consegna telematica. La mancata prova della consegna è equiparabile all'inesistenza della notificazione, che non consente come tale la concessione di un termine per il deposito, né la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c., propria dei soli casi in cui la notifica sia nulla.
Massima

È inammissibile il ricorso per cassazione per mancanza di prova della notificazione del ricorso in caso di deposito di copia informe dei documenti di consegna telematica. La mancata prova della consegna è equiparabile all'inesistenza della notificazione (Cass., S.U., 20 luglio 2016, n. 14916), che non consente come tale la concessione di un termine per il deposito, né la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c., propria dei soli casi in cui la notifica sia nulla.

Il caso

In relazione ad un ricorso per cassazione cartaceo notificato in via telematica, veniva depositata copia cartacea delle ricevute PEC (accettazione e avvenuta consegna), tuttavia prive di attestazione di conformità. Il destinatario dell'impugnazione restava intimato e anche successivamente l'attestazione di conformità non veniva prodotta dal ricorrente.

La questione

Ai fini della prova della notifica telematica, nel giudizio di cassazione è necessario produrre le ricevute della notifica corredate dalla relativa attestazione di conformità? Nel qual caso, è possibile produrre l'attestazione di conformità anche successivamente al termine di cui all'art. 369 c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ritiene che la produzione di “copie informi” delle ricevute della notifica telematica, cioè di copie prive di attestazione di conformità ex art. 9, co. 1-bis L. 53/1994, non sia sufficiente per “documenta[re] validamente l'avvenuta notificazione degli atti introduttivi del giudizio di legittimità”.

Secondo la decisione, le copie prive di attestazione si riducono a “fogli privi di qualsiasi elemento che consenta in alcun modo di inferirne la corrispondenza agli eventuali originali telematici e dunque privi di significato giuridico”.

Nel caso di specie, poiché il resistente è rimasto intimato, la prova della notifica non può essere raggiunta neanche in applicazione del principio del “raggiungimento dello scopo, anche per mancata contestazione”, talché processualmente discende la “mancanza materiale della notificazione, per mancanza di prova di essa in giudizio”.

Secondo la Cassazione, la mancata prova della consegna è processualmente equiparabile all' “inesistenza della notificazione (Cass., S.U., 20 luglio 2016, n. 14916)”, il che ha l'effetto di non consentire “la concessione di un termine per il deposito, né la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c., propria dei soli casi in cui la notifica sia nulla”.

Discende pertanto l'inammissibilità del ricorso per cassazione per effetto della mancata produzione dell'attestazione di conformità.

Osservazioni

La prova della notifica telematica nel giudizio di cassazione costituisce tematica rilevante che ha dato luogo a notevoli dubbi interpretativi in passato.

Poiché al giudizio di cassazione non è stato esteso il processo telematico (salva la recente apertura di cui all'art. 221, comma 5 D.L. 34/2020), la prova della notifica telematica va fornita in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 9, co. 1-bis L. 53/1994: in sintesi, l'avvocato deve produrre copia cartacea del messaggio PEC e relativi allegati, nonché delle ricevute di accettazione e avvenuta consegna, e poi attestarne la conformità agli originali informatici ex art. 23, co. 1 D. Lgs. 82/2005.

In relazione ai casi di mancata produzione dell'attestazione di conformità si era formato un rigido orientamento giurisprudenziale che applicava, senza eccezioni, la sanzione dell'improcedibilità del ricorso per cassazione (tra gli altri, Cass. n. 30918/2017).

Questo orientamento è stato superato a partire dalla pronuncia a Sezioni Unite di cui a Cass. 22438/2018 che ha chiarito come l'improcedibilità del ricorso possa essere pronunciata solo in casi residuali ed in particolare:

- in caso di mancato deposito del controricorso,

- in caso di disconoscimento da parte del controricorrente della copia cartacea depositata dal ricorrente,

- in presenza di più destinatari della notificazione telematica, quando non tutti depositino il controricorso,

quando il ricorrente non provveda a depositare l'attestazione di conformità sino all'udienza di discussione (art. 379 c.p.c.) o all'adunanza in camera di consiglio (artt. 380-bis, 380-bis.1 e 380-ter c.p.c.).

In altri termini, se il controricorrente non formula contestazioni sulla copia non asseverata depositata dal ricorrente, secondo le Sezioni Unite, l'attestazione di conformità non occorre, mentre diventa necessaria se l'intimato non svolge difese ovvero contesti la conformità della copia depositata all'originale notificato telematicamente. In questi due ultimi casi, come detto, il deposito può essere effettuato successivamente al termine di cui all'art. 369 c.p.c. (20 giorni dall'ultima notificazione) fino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio.

La giurisprudenza si è successivamente uniformata ai principi della pronuncia a Cass. Sez. Un., 22438/2018: in questo senso, Cass. 27480/2018 ha ritenuto improcedibile il ricorso cartaceo, notificato via PEC, le cui ricevute erano state depositate senza attestazione di conformità nonostante la controparte fosse rimasta intimata, senza che alla successiva udienza camerale il ricorrente avesse depositato l'attestazione. Più recentemente, Cass. 1843/2021 ha ritenuto improcedibile il ricorso notificato via PEC al resistente rimasto intimato poiché l'attestazione di conformità prodotta non era munita di sottoscrizione autografa del difensore né il vizio era stato sanato entro la data dell'adunanza in camera di consiglio. Ancora, Cass. 4587/2021 ha ritenuto procedibile il ricorso privo di attestazione di conformità al momento del deposito ex art. 369 c.p.c., successivamente sanato con la produzione dell'attestazione di conformità, con apposizione di firma autografa, delle copie cartacee degli atti firmati digitalmente e notificati tramite PEC, a fronte del fatto che il destinatario della notifica non aveva svolto difese.

Nello stesso solco si inserisce la decisione in commento, che ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per effetto della mancata produzione dell'attestazione di conformità nonostante il resistente non avesse depositato controricorso. Rilevante, nella decisione, è peraltro il ragionamento che collega la mancanza dell'attestazione alla carenza di prova della notifica, quest'ultima equiparata all' “inesistenza della notificazione”. Da ciò consegue l'impossibilità di applicare i rimedi tipici della notifica nulla: ex art. 156 c.p.c. la sanatoria per raggiungimento dello scopo (attraverso la costituzione in giudizio del destinatario della notifica) ed ex art. 291 c.p.c. la rinnovazione della notifica ordinata dal giudice al contumace, a meno che la parte abbia spontaneamente già provveduto.