Portale delle vendite pubbliche: obbligo ex art. 490 c.p.c. e procedure fallimentari

Giorgetti Mariacarla
03 Maggio 2021

In quali situazioni esiste l'obbligo di pubblicazione ex art. 490, comma 1, c.p.c., sul “portale delle vendite pubbliche”?

In quali situazioni esiste l'obbligo di pubblicazione

ex art. 490, comma 1, c.p.c.

, sul

portale delle vendite pubbliche”

? In particolare:

a) Alle procedure fallimentari l'obbligo si applica solo in caso di adozione di modalità di vendita di cui all'art. 107, comma 2, l. fall.?

b) Nel caso di concordato preventivo e concordato preventivo omologato, per effetto del richiamo previsto dall'

art. 182, comma 1, l. fall.

a tutte le vendite effettuate (eccezionalmente) dal commissario giudiziale ante omologa e, successivamente, dal liquidatore giudiziale, come si declina l'obbligo?

L'art. 490, comma 1, c.p.c

.

recita: “Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un'area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”.

Dunque, si deve ritenere che nel Portale delle vendite vubbliche

debbano essere inserite tutte le vendite per le quali sia espresso il richiamo dell'articolo citato:

vi sono comprese le vendite previste dalla legge fallimentare e ora dalle procedure del codice della crisi e dell'insolvenza e, pertanto, fallimenti e concordati, oltre che quelle comprese nell'ambito delle esecuzioni, che si devono applicare a tutti i tipi di beni, anche di importo modesto.

Si devono invece ritenere non sottoposte all'obbligo di pubblicazione nel portale ex art. 490, comma 1, c.p.c

.

, le vendite effettuate nell'ambito della procedura di sovraindebitamento o della procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Invero, occorre precisare che l'obbligo sussiste solamente laddove ci sia stata una scelta in tal senso da parte del Giudice delegato, che deve avere previsto la vendita ai sensi dell'art. 107, comma 2, l.fall.: “Il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili” (comma aggiunto dal d.lgs. n. 169/2007). In tutti gli altri casi, ossia, ad esempio, laddove sia prevista la modalità di vendita presso il curatore, si procederà con le modalità consuete.

Occorre ricordare che al curatore spetta la scelta e la gestione delle procedure di vendita, dal momento che è affidata alla sua discrezionale valutazione l'individuazione dello strumento potenzialmente in grado di ottenere il massimo risultato.

È necessario, altresì, tenere a mente un

discrimine fondamentale

: si deve distinguere, all'interno di una più ampia categoria delle

vendite cd. endofallimentari

, tra il caso in cui la vendita sia posta in essere dal curatore o da un suo delegato e il caso in cui il curatore chieda al giudice delegato di procedere lui stesso alle vendite, ai sensi dell'appena ricordato

art. 107, comma 2, l. fall.

Nel primo caso

, tutte le vendite, sia quelle mobiliari che quelle immobiliari, si svolgono secondo la disciplina della vendita senza incanto: almeno questa è stata la prassi della maggior parte dei fori italiani.

Nel secondo caso

, invece, la liquidazione dei beni avviene secondo un modello ben più codificato, quello delle norme del codice di rito. Si possono poi avere vendite extrafallimentari, ossia vendite che si verificano in caso di subingresso del curatore in una procedura esecutiva già in corso, secondo quanto si legge all'

art. 107, comma 6, l. fall.

: “Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell'esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all'articolo 51”.

Nel caso in cui il

curatore scelga di non subentrare nella procedura esecutiva

, il risultato sarà l'improcedibilità dell'esecuzione, sicché la vendita avverrà secondo le modalità poc'anzi descritte.

Recita l'

art. 182, l. fall.

(“Provvedimenti in caso di cessione dei beni”): “Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. In tal caso, il tribunale dispone che il liquidatore effettui la pubblicità prevista dall'

articolo 490, primo comma, del codice di procedura civile

e fissa il termine entro cui la stessa deve essere eseguita”.

La nuova versione dell'

art. 182, l. fall.

è dedicata alla liquidazione dei beni ceduti dal debitore ai creditori ed il comma 1 mantiene la forma originaria e precisa come spetti a colui che propone il concordato la previsione della fase liquidatoria.

La

fase esecutiva del concordato preventivo

è disciplinata nei successivi quattro commi, che ridisegnano una liquidazione nuova perché aperta a nuove soluzioni negoziali e non più rigidamente vincolata alle scelte discrezionali del liquidatore e/o alle modalità previste dal tribunale. Il principio perseguito genericamente è che il regime della liquidazione fallimentare debba trovare applicazione solamente laddove la proposta concordataria non preveda le modalità di liquidazione dei beni ceduti. Conseguenza di ciò è che veniva riconosciuto un

limitato potere suppletivo del tribunale in sede di omologazione del concordato

: infatti, non si ammetteva che il tribunale potesse attuare una modifica delle modalità stabilite da colui che concretamente proponeva la liquidazione, dal momento che - si riteneva - il collegio avrebbe potuto solamente colmare le eventuali lacune del piano concordatario.

Nella

previgente disciplina

, in riferimento alle modalità applicabili, se il debitore non prevedeva alcunché in riferimento alla liquidazione dei beni, il tribunale poteva stabilire le modalità ritenute più opportune in relazione alle singole fattispecie. Successivamente, invece, come noto, si è imposto un sistema di vendite immobiliari che reca in sé il richiamo alle norme fallimentari. Ciò ha determinato

l'affermarsi di una procedura caratterizzata dalla competitività

, condotta sulla base di stime che, almeno tendenzialmente, dovrebbero essere effettuate nelle precedenti fasi del concordato, e con il corredo di un'adeguata forma di pubblicità.

Con la

modifica all'

art. 182, l. fall.

sono cambiate sensibilmente le cose

. La stessa rubrica viene modificata, e viene a qualificare l'ampio ambito di applicazione, che si estende a tutti i casi in cui si debbano effettuare cessioni in tema di concordato. Inoltre, viene estesa l'applicazione delle regole previste per la vendita fallimentare, in maniera tale da esaltare il principio della competitività anche nei casi in cui sia il curatore a gestire la vendita e anche nel caso in cui si verta nell'ipotesi del concordato operato dall'imprenditore attraverso il piano: si tratta di una scelta, coordinata con la clausola di compatibilità, che viene adottata anche dal

nuovo Codice della crisi d'impresa

, all'

art. 114.

D'altra parte, le norme in materia di vendita nel corso di procedure concorsuali risultano di natura imperativa, finalizzate alla tutela dei creditori e dei terzi, sicché possono essere applicate solamente per il caso del concordato per cessione.

Nella nuova disciplina della crisi e dell'insolvenza, a rilevare è

l'

art. 114, comma 5, CCI,

che si colloca quasi parallelamente al dettato dell'

art. 182, comma 5, l. fall.

, contenente un significativo rimando complessivo alle norme in materia di liquidazione giudiziale, fatta salva la medesima clausola di compatibilità: viene, pertanto, mantenuta la distinzione tra vendite regolate dal codice di procedura civile e vendite specificamente pensate per le procedure concorsuali, che devono salvaguardare le modalità competitive. Si deve considerare che, rispetto alla precedente versione degli

artt. 105 ss. l. fall.

, le norme relative alla liquidazione giudiziale, ossia gli artt. 216 ss. CCI, prevede una serie di vincoli contenutistici piuttosto stringenti alle forme competitive non codicistiche previste dal piano, e volte ad assimilare sempre più tali forme a quelle del codice di rito. L'art. 216, comma 3, in particolare, sancisce che la compatibilità delle liquidazioni con la disciplina del concordato preventivo deve essere verificata immediatamente, con una differenza rispetto all'

art. 107

l. fall.

Leggiamo, infatti, che “Il giudice delegato può disporre che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate secondo le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili”.

D'altra parte, laddove il piano prevedesse forme alternative di vendita competitiva, il giudice delegato potrebbe in ogni momento disporre la vendita con le forme del codice di rito.

(Fonte: Ilfallimentarista.it)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.