L'amministratore di nomina giudiziaria ha un mandato limitato rispetto al professionista di nomina assembleare

Edoardo Valentino
10 Maggio 2021

Il mandato dell'amministratore di Condominio è diverso se nominato dall'assemblea o se di natura giudiziaria: nel primo caso ha durata di due anni, mentre nel secondo il rapporto è finalizzato al mero compimento dell'atto non compiuto e necessario per la gestione dello stabile. Superato l'impasse che aveva paralizzato l'attività del palazzo, il mandato dell'amministratore condominiale può cessare.

Sul tema la S.C. con la sentenza n. 11717/21; depositata il 5 maggio.

La vicenda. Un amministratore agiva avverso un Condominio domandando il saldo dei compensi maturati per il suo lavoro. Egli, in particolare, affermava di essere stato revocato anzitempo e invocava il pagamento del totale dovuto sino al termine originariamente stabilito per il contratto.

L'amministratore revocato, in particolare, invocava la tutela dell'art. 1725 c.c., che prevede che «La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa».

Si difendeva in giudizio il Condominio, affermando la non debenza delle somme richieste dall'amministratore. Secondo lo stabile, infatti, il professionista aveva percepito tutto quanto dovuto fino al termine del mandato, ma egli non avrebbe avuto diritto a percepire una indennità per il periodo successivo alla revoca, essendo il suo mandato di origine giudiziale esaurito.

Il Tribunale, al termine del processo di primo grado, accoglieva la domanda dell'amministratore.

Il Condominio impugnava detta sentenza in sede di Appello e otteneva una riforma della decisione.

Alla luce della soccombenza, quindi, l'amministratore proponeva ricorso in Cassazione, finalizzato ad ottenere la decisiva riforma della sentenza di appello e il riconoscimento dei propri emolumenti per tutta la durata del mandato, nonostante l'intervenuta revoca.

La Cassazione rigetta il ricorso: l'amministratore giudiziario è diverso dall'amministratore nominato dall'assemblea. Il ricorso dell'amministratore era incentrato su tre distinti motivi di doglianza.

In primo luogo, secondo il ricorrente avrebbe errato la Corte d'Appello nel non applicare le disposizioni del codice civile alla sua vicenda. Secondo la ricostruzione fornita dal ricorrente egli, amministratore nominato dal giudice a seguito di procedura giudiziale, era comunque legato al Condominio da un contratto di mandato, con tutti gli oneri e i diritti da esso discendenti. Doveva trovare applicazione, in particolare, il dettame dell'art. 1129 c.c., che prevede che «L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata». Secondo l'amministratore, quindi, la revoca anticipata avrebbe esposto il Condominio alla responsabilità prevista dal succitato art. 1725 c.c..

Con il secondo motivo, poi, l'amministratore contestava il mancato esame da parte della Corte d'Appello della questione della possibilità di revocare in ogni momento l'amministratore di Condominio di natura giudiziale, che secondo il ricorrente non era stata adeguatamente trattata nel secondo grado di giudizio.

Con il terzo e ultimo motivo, poi, l'amministratore deduceva come la controparte avesse tentato di giustificare la revoca, affermando tardivamente la sussistenza di una giusta causa.

Tale argomentazione non sarebbe stata ammissibile in quanto sollevata per la prima volta in grado d'appello.

Con la sentenza in oggetto, la Corte rigettava il ricorso sopra tratteggiato.

Secondo la Corte, i tre motivi di ricorso erano parimenti inammissibili e dovevano essere trattati congiuntamente.

La questione giuridica a monte della vicenda è l'applicabilità o meno della disciplina relativa al mandato dell'amministratore condominiale anche ai professionisti non nominati dall'assemblea, ma dal Tribunale.

Secondo gli Ermellini le due fattispecie sono divise e non accomunabili. La disciplina generale, e conseguentemente la protezione stabilita dall'art. 1725 c.c., sono infatti unicamente applicabili alla fattispecie dell'amministratore di nomina assembleare.

L'amministratore giudiziale, invece, ha un ruolo diverso e una protezione diversa. Quando il Condominio non è in grado di deliberare, infatti, i condomini possono fare ricorso al Tribunale per ottenere un amministratore di nomina giudiziale. Tale professionista, tuttavia, è legato al Condominio da un mandato più limitato di un normale amministratore e volto unicamente al compimento dell'atto per il quale l'assemblea non era in grado di deliberare.

Conseguentemente, terminato detto compito, l'amministratore può ben essere revocato, non sussistendo più la motivazione originaria che aveva portato alla sua nomina.

Egli non ha, quindi, diritto a richiedere il compenso per l'intero anno di mandato, prerogativa concessa al mandatario di nomina assembleare.

Se non stabilito anzitempo, quindi, l'amministratore ha diritto ad un compenso per il lavoro svolto, che viene determinato dal giudice sulla base delle tariffe e degli usi.

Il compenso, però, deve essere relativo solamente al periodo di tempo in cui il professionista aveva effettivamente ricoperto l'incarico, e non anche il successivo.

Alla luce di tali argomentazioni, il ricorso dell'amministratore veniva integralmente rigettato.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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