Redazione scientifica
14 Maggio 2021

Il Tribunale di Bari solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 696-bis, 1 comma, primo periodo, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede l'espletamento della consulenza tecnica preventiva in relazione a crediti derivanti dall'inadempimento di obbligazioni atipiche ex artt. 1173 c.c.

Il Tribunale di Bari solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 696-bis, 1 comma, primo periodo, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che l'espletamento della consulenza tecnica in via preventiva possa essere richiesto ai fini dell'accertamento e della determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione, oltre che di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito, di obbligazioni derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico.

La questione di costituzionalità viene sollevata in ragione, anzitutto, dell'impossibilità di pervenire ad un'interpretazione della norma di cui all'art. 696-bis c.p.c. diversa e che la renda compatibile con la Costituzione. Invero, una tale «diversa» lettura è esclusa dal tenore letterale della disposizione censurata, che, nello stabilire le ipotesi nelle quali è ammesso il ricorso alla consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi, seleziona soltanto due generi di obbligazioni (quelle da contratto e da fatto illecito), cosi escludendo il terzo (le obbligazioni derivanti da ogni altro atto o fatto idonee a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico).

Ciò chiarito, osservano i giudici che la questione risulta rilevante, in quanto, nella specie, la ricorrente ha proposto domanda di consulenza tecnica preventiva in relazione ad un credito (indennizzo per l'arricchimento senza causa), cui ha fatto seguito l'eccezione di inammissibilità del ricorso da parte dei resistenti. Pertanto, posto che la verifica dell'azionabilità dello strumento ex art. 696-bis c.p.c. costituisce oggetto di doverosa verifica preliminare, risulta evidente come l'eventuale esito negativo del giudizio di costituzionalità, imporrebbe al giudice a quo l'adozione di una pronuncia definitoria in rito (inammissibilità del ricorso).

In punto di non manifesta infondatezza, il Tribunale, in un'ottica di sistema, evidenzia come la consulenza tecnica preventiva risponda ad «evidenti interessi generali», in ragione della finalità deflattiva del contenzioso civile cui è ispirata. D'altro canto, nella medesima logica, si sottolinea che la categoria delle obbligazioni derivanti da «ogni altro fatto o atto idonee a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico» ex art. 1173 c.c. si è affermata sempre più largamente nel diritto vivente per risolvere delicati problemi di inquadramento di situazioni atipiche generatrici di pretese creditorie aventi comunque fondamento nella legge, intesa come l'insieme dei principi e dei criteri desumibili dall'ordinamento considerato nella sua interezza, complessità ed evoluzione (Cass. civ., n. 25292/2015). La scelta del legislatore di escludere il ricorso alla consulenza tecnica preventiva per crediti derivanti da altri atti o fatti idonei, si risolve, pertanto, in un'incoerenza interna dell'istituto, tale perciò da dover essere sindacata sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost. Sotto ulteriore profilo, viene infine rilevato che l'ingiustificata restrizione del campo di applicabilità del ricorso per consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. soltanto ad alcune categorie di diritti di obbligazione incide negativamente sulla pienezza del potere di agire in giudizio dei portatori dei diritti derivanti dalla categoria esclusa, la cui suscettibilità di una più pronta ed efficace realizzazione resta immotivatamente priva di uno strumento alternativo alla ordinaria tutela giurisdizionale nonché ad essa eventualmente preordinato (laddove non sia raggiunta la conciliazione), con violazione anche dell'art. 24 Cost.

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