Sospensione cautelare della delibera di esclusione del socio: natura anticipatoria o conservativa?
19 Maggio 2021
Massima
La sospensione della delibera assembleare di esclusione del socio, disposta in via cautelare, ha natura conservativa, mirando ad evitare – attraverso un ripristino provvisorio del rapporto societario che impedisca che i diritti del socio vengano ad essere definitivamente compromessi, non percependo eventuali utili, né potendo influire, ove si tratti di società di persone, sulla sua amministrazione e gestione – che la durata del processo possa incidere irreversibilmente sulla posizione del socio stesso. Ne consegue che, ove il giudizio di merito concernente l'impugnazione di quella delibera si estingua, il provvedimento predetto perde la sua efficacia. Il caso
Il Tribunale di Venezia accoglieva la richiesta del socio di una società in nome collettivo (successivamente trasformatasi in società a responsabilità limitata) di sospendere, in via cautelare, la delibera con la quale era stato escluso dalla compagine sociale. Il giudizio di merito radicato per conseguire l'annullamento della delibera era, invece, successivamente dichiarato estinto con statuizione che diveniva definitiva in quanto non reclamata. La società proponeva, quindi, ricorso ex art. 669-novies c.p.c. perché venisse dichiarata l'inefficacia della misura cautelare che era stata accordata al socio, ma il Tribunale di Venezia lo respingeva, con provvedimento confermato dalla Corte d'appello di Venezia. I giudici di secondo grado, infatti, rilevavano che la sospensione dell'efficacia della delibera assembleare pronunciata in via cautelare sopravviveva all'estinzione del giudizio di merito, in quanto aveva contenuto anticipatorio degli effetti della sentenza che avrebbe dovuto definire il giudizio, avendo determinato la reintegra del socio nella compagine sociale, con facoltà di partecipare attivamente alla vita sociale, consentendogli di prendere parte con pieni diritti alle assemblee della società e rimuovendo – in questo modo – l'efficacia della delibera impugnata che di tali facoltà lo privava, assicurando, già in via provvisoria, la pressoché totale soddisfazione delle sue aspettative, pur senza produrre la rimozione totale del provvedimento gravato. La società, a questo punto, proponeva ricorso per cassazione, censurando la sentenza della Corte d'appello di Venezia per avere ritenuto che il provvedimento cautelare di sospensione della delibera assembleare di esclusione del socio ha natura anticipatoria (anziché conservativa), rendendo, dunque, superflua la pronuncia di merito e sopravvivendo, così, all'estinzione del giudizio.
Le questioni giuridiche e la soluzione
Con l'ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo che il provvedimento che sospende, in via cautelare, l'efficacia della delibera di esclusione del socio ha natura conservativa e non anticipatoria, con la conseguenza che esso non può sopravvivere all'estinzione del giudizio di merito volto a fare accertare e dichiarare l'invalidità di tale delibera. La motivazione posta a fondamento della decisione assunta si articola nei seguenti passaggi: 1) la sentenza di annullamento della delibera di esclusione del socio ha natura costitutiva e, pur avendo efficacia retroattiva, non produce effetto fino a che non è passata in giudicato; 2) rispetto a una sentenza avente efficacia costitutiva, la tutela cautelare non può produrre, in via anticipata, l'effetto costitutivo che discende solo dal provvedimento conclusivo del giudizio, ma è diretta ad assicurare la futura esecuzione delle statuizioni accessorie rispetto a esso; 3) la sospensione cautelare della delibera di esclusione del socio, quindi, non può anticipare l'effetto costitutivo connesso al suo annullamento, ma consente un ripristino provvisorio del rapporto societario, onde evitare che, nel lasso di tempo occorrente per la celebrazione del processo, la posizione di socio venga irrimediabilmente compromessa.
Osservazioni
La questione esaminata nell'ordinanza che si annota attiene agli effetti che debbono riconnettersi al provvedimento cautelare che sospende l'efficacia della delibera di esclusione del socio che sia stata fatta oggetto di opposizione. Nel caso di specie, trattandosi di delibera assunta da una società in nome collettivo, veniva in considerazione la norma dettata dall'art. 2287 c.c. (applicabile in virtù del rinvio operato dall'art. 2293 c.c.), il cui comma 2 stabilisce che il tribunale adito dal socio che abbia proposto opposizione avverso la delibera di esclusione può sospenderne l'esecuzione; analoga disposizione è dettata, con riguardo all'impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea di società di capitali, dall'art. 2378 c.c. (sebbene l'iter processuale ivi delineato non sia perfettamente coincidente con quello contemplato dall'art. 2287 c.c.). Sebbene non sia mancata qualche pronuncia di merito che ha sostenuto l'ammissibilità di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. a favore del socio opponente, qualora ne sia stata chiesta l'emissione prima dell'introduzione del giudizio di opposizione, la giurisprudenza prevalente ritiene che l'espressa previsione, da parte del comma 2 dell'art. 2287 c.c., del rimedio specifico rappresentato dalla sospensione dell'esecuzione della delibera di esclusione comporta l'inammissibilità di misure cautelari atipiche, caratterizzate – come noto – dalla necessaria residualità, che ne preclude la pronuncia laddove l'ordinamento appresti già uno strumento cautelare ad hoc con riguardo alla situazione considerata; d'altra parte, il tenore letterale della norma induce a ritenere che, in effetti, il provvedimento possa essere assunto incidentalmente solo nell'ambito del giudizio di opposizione. Da questo punto di vista, dunque, viene meno uno degli argomenti che potrebbero essere addotti per sostenere che, in caso di estinzione del giudizio di opposizione avverso la delibera di esclusione, l'ordinanza che ha disposto la sospensione della sua efficacia si consoliderebbe, assumendo carattere definitivo: l'art. 669-octies, comma 6, c.p.c., infatti, sottrae alla regola dettata dal comma 1 dell'art. 669-novies c.p.c. (a mente della quale il provvedimento cautelare perde la sua efficacia se il giudizio di merito non è iniziato nel termine perentorio all'uopo previsto o se, successivamente, si estingue) proprio i provvedimenti d'urgenza emessi ai sensi dell'art. 700 c.p.c. Ma la medesima disposizione contempla, allo stesso modo, quelli che sono comunque idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, sicché la pronuncia che si annota ha il pregio di argomentare il fondamento giuridico della ravvisata natura meramente conservativa (e non anticipatoria) dell'ordinanza che sospende l'esecuzione della delibera di esclusione del socio. A questo proposito, i giudici di legittimità fanno perno sulla natura costitutiva della sentenza di annullamento della delibera, che, come tale, non sortisce effetti fintantoché non sia passata in giudicato. Ciò, perlomeno, secondo l'orientamento prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza: sebbene, infatti, l'art. 282 c.p.c. sancisca che la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti, senza alcuna ulteriore specificazione circa la latitudine applicativa della norma, secondo l'interpretazione assolutamente maggioritaria ciò può valere solo per le pronunce idonee a costituire titolo esecutivo, ovvero a fondare l'esecuzione forzata nelle forme previste dal libro III del codice di rito, vale a dire per le sole sentenze di condanna, con esclusione di quelle di mero accertamento e costitutive (salvo che queste ultime non contengano pure dei capi condannatori aventi carattere accessorio, ovvero consequenziale). In quest'ottica, si ritiene che la tutela cautelare può essere ancillare anche rispetto a giudizi di accertamento costitutivo, con riguardo ai quali l'esecuzione forzata è esclusa per definizione, ma solo in relazione alle statuizioni che assumono un contenuto condannatorio accessorio rispetto a quello propriamente costitutivo. Nell'ambito dei provvedimenti cautelari, d'altra parte, si distinguono quelli che si caratterizzano perché fanno operare in via provvisoria e anticipata gli effetti dell'emananda decisione di merito (e che, in quanto tali, assumono natura anticipatoria, assicurando un risultato pratico analogo a quello che deriverà dalla pronuncia finale), dai provvedimenti che, invece, mirano a conservare integro uno stato di fatto, in attesa e allo scopo che, su di esso, la decisione conclusiva del giudizio possa, in futuro, esercitare i suoi effetti (ai quali, dunque, è sostanzialmente estraneo un contenuto anticipatorio). In quest'ottica, i provvedimenti che dispongono la sospensione di una delibera potrebbero effettivamente essere reputati idonei a realizzare – in via anticipata – lo scopo cui mira l'azione tendente a farne accertare l'invalidità. Tuttavia, seguendo un approccio di carattere sistematico, i giudici di legittimità fanno propria una diversa prospettiva, che pone l'accento sul fatto che il provvedimento sospensivo è piuttosto preordinato a evitare che l'esecuzione della delibera impugnata, nelle more del giudizio volto a vagliarne la tenuta, determini modificazioni di fatto e di diritto che non siano rimediabili ex post, considerato che la sentenza costitutiva di annullamento ha carattere retroattivo (il che comporta, nel caso della delibera di esclusione del socio, la sua reintegrazione nella compagine sociale, nella posizione che possedeva e nella pienezza dei diritti che ne derivano); la tutela cautelare non può, cioè, spingersi fino al punto di anticipare gli effetti che solo il provvedimento costitutivo (ossia la sentenza di annullamento) può produrre, ma fornire uno strumento che consenta a tali effetti di esplicarsi in tutte le loro declinazioni, una volta che verranno a giuridica esistenza, mediante l'autorizzazione al compimento di atti di salvaguardia del diritto che la sentenza di merito accerterà o costituirà. Quello che la pronuncia vuole dire è che alla sospensione, in via cautelare, dell'esecuzione della delibera di esclusione del socio potrebbe attribuirsi natura autenticamente anticipatoria solo in quanto fosse in grado di estromettere dalla realtà giuridica la delibera stessa (nel che si sostanzia l'effetto ontologicamente tipico della sentenza di annullamento, rispetto al quale il definitivo riacquisto, da parte del socio, del suo status e dei diritti a esso connessi, subordinato necessariamente a tale rimozione, si pone in rapporto di consequenzialità e di accessorietà); poiché, tuttavia, così non è, deve ammettersi che la sospensione, in realtà, ha il più limitato scopo di impedire la compromissione della futura esecuzione delle statuizioni consequenziali a quella (costitutiva) di annullamento. In altre parole, alla sospensione cautelare della delibera di esclusione del socio va riconosciuta natura meramente conservativa, finalizzata a evitare che la durata del giudizio di annullamento possa incidere irreversibilmente sulla posizione del socio stesso, ovvero a consentire, in tale senso, il ripristino provvisorio del rapporto societario (con il conseguente diritto di percepire gli utili e di partecipare all'amministrazione e alla gestione della società) per il caso in cui, al termine del processo, venga affermato il diritto di essere reintegrato nella compagine sociale.
Conclusioni
Per quanto la pronuncia annotata sia alquanto condivisibile in ordine al principio di diritto affermato, bisogna ammettere che le motivazioni che lo sorreggono non appaiono del tutto convincenti. Ancorare la distinzione tra provvedimenti cautelari anticipatori e conservativi alla natura (condannatoria piuttosto che costitutiva) della sentenza e alla sua idoneità ad assumere efficacia esecutiva non sembra così dirimente: vuoi perché, indipendentemente dal fatto di essere idonee a formare titolo esecutivo, tutte le sentenze possiedono l'attitudine a provocare un mutamento della realtà giuridica e, pertanto, a esplicare effetti che, in misura più o meno ampia, sono suscettibili di essere anticipati; vuoi perché gli effetti consequenziali ovvero accessori alla pronuncia costitutiva (con riguardo ai quali i giudici di legittimità ammettono una tutela meramente conservativa), sebbene non siano quelli tipici, scaturiscono comunque da essa, sicché riesce obiettivamente difficile non annoverare i provvedimenti cautelari che ne consentono l'esplicazione tra quelli idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito ai quali fa riferimento l'art. 669-octies, comma 6, c.p.c., che non si riferisce agli uni piuttosto che agli altri. In verità, dai passaggi motivazionali dell'ordinanza traspare in maniera piuttosto evidente la premura di fornire una soluzione che, a costo di scontare qualche aporia dal punto di vista dogmatico, risulti coerente dal punto di vista sistematico: ne è sintomo l'elencazione delle conseguenze contraddittorie che deriverebbero dall'adozione di una diversa soluzione, che spaziano dall'incertezza che permeerebbe i rapporti societari, laddove l'ordinanza sospensiva avente natura meramente interinale sopravvivesse sine die all'estinzione del giudizio di merito, all'incongruenza sottesa all'impossibilità di riattivare il giudizio volto a sfociare nella sentenza di merito che sia stato dichiarato estinto, a fronte dell'intervenuta scadenza del termine per l'impugnazione della delibera, con la definitiva sottrazione del provvedimento sospensivo a ogni sindacato in sede di cognizione ordinaria e piena. Vi è da dire, a onor del vero, che l'estinzione del giudizio di annullamento della delibera di esclusione causato dall'inerzia delle parti può essere ascrivibile a entrambe, ossia non solo al socio: detto altrimenti, se la società ha interesse a evitare il consolidamento del provvedimento di sospensione, in quanto gli fosse riconosciuta natura anticipatoria e, dunque, idoneità a divenire definitivo, nulla le impedirebbe di attivarsi ovvero di coltivare il relativo giudizio, onde fare accertare la piena validità della delibera, sicché la sua sorte non è rimessa all'arbitrio del solo socio, ma piuttosto alla diligenza di chi, nel caso specifico, ha un concreto ed effettivo interesse al suo esito. Un po' come avviene, mutatis mutandis, quando, proposta opposizione all'esecuzione, il processo esecutivo viene sospeso in via cautelare all'esito della fase sommaria, stabilendo il comma 3 dell'art. 624 c.p.c. che, qualora il successivo giudizio di merito non sia stato introdotto nel termine perentorio all'uopo fissato, la sospensione – per così dire – si cristallizza e si converte in estinzione, essendo dunque rimesso all'iniziativa di chi vuole evitare che ciò accada dare corso alla fase di merito dell'opposizione (indipendentemente dal fatto che si tratti di colui che l'aveva promossa). |