Verso un nuovo metodo di conversione in denaro del danno da perdita del rapporto parentale?

24 Maggio 2021

La Cassazione, con la recente sentenza n. 10579/2021, ha sancito il superamento delle tabelle milanesi relative alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto parentale, a favore dell'applicazione di un sistema “a punti”, in grado di garantire l'uniformità di trattamento.
Il superamento della tabella milanese

A distanza di dieci anni dalla pronuncia con la quale la Cassazione ha suggellato la vocazione nazionale delle tabelle milanesi, i giudici di legittimità sanciscono – con una “sentenza-trattato” – il superamento del metodo meneghino di liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita/lesione del rapporto parentale (la cui efficacia paranormativa, a suo tempo affermata dalla sentenza n. 12408/2011, risulta essere stata di recente messa in dubbio da Cass. 7770/2021).

Nella pronuncia n. 10579/2021, i giudici di legittimità affermano che la tabella milanese sarebbe formulata in maniera tale da non garantire uniformità e prevedibilità delle decisioni.
Di qui la necessità di fare riferimento a una tabella del danno parentale costruita secondo un sistema a punti, tale da rispondere ai seguenti requisiti: “1) adozione del criterio “a punto variabile”; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi”.

Le indicazioni formulate dalla Cassazione disegnano un sistema che rispecchia in tutto e per tutto il modello accolto dal tribunale di Roma, sicché sarebbero le relative tabelle – nel campo del danno da morte del congiunto – a incarnare il nuovo riferimento cui rapportare la liquidazione.

Consapevole delle implicazioni pratiche derivanti da tale evoluzione interpretativa, la S.C. sottolinea che “il criterio per la valutazione delle decisioni adottate sulla base del precedente orientamento è (…) quello dell'assenza o presenza di sproporzione rispetto al danno che si sarebbe determinato seguendo una tabella basata sul sistema a punti”.

Il nuovo metodo di misurazione del danno da perdita del rapporto parentale viene rappresentato – dalla Cassazione – quale tappa intermedia, in un percorso volto a raggiungere “un livello massimo di certezza, uniformità e prevedibilità che solo la tabella nazionale, per la sua natura di diritto legislativo, una volta adottata, potrà al meglio garantire, salvaguardando, nei limiti previsti dall'art. 138 cod. assicurazioni, il bilanciamento con le esigenze del caso concreto”.
La S.C. sembra scordare, tuttavia, che nessun tipo di tabella è attualmente prevista a livello legislativo per quanto riguarda il danno da perdita del rapporto parentale. Individuare un sistema alternativo, rispetto a quello maggiormente diffuso presso le corti, quale fonte di riferimento per la valutazione equitativa del giudice è, dunque, un'operazione destinata a influenzare in maniera permanente un'area del pregiudizio di consistente rilievo, considerata l'entità dei risarcimenti che vengono in gioco in questo campo del torto.

Il sistema a punti

A giustificazione dell'abbandono della tabellazione milanese del danno parentale, la Cassazione sottolinea l'eccessiva indeterminatezza di tale sistema, tratta sulla base del confronto con il modello del “punto variabile”, applicato per il danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute.

Quando il metodo tabellare non risulti ancorato alla tecnica del punto, ma si limiti – come accade per la tabella milanese relativa alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale - a individuare tetti minimi e massimi, con un largo intervallo di oscillazione compreso tra i limiti individuati in corrispondenza a ciascun tipo di relazione familiare, tale sistema non costituisce – secondo la Cassazione - “una forma di concretizzazione tipizzata quale è la tabella basata sul punto variabile”, ma rappresenta “una sorta di clausola generale, di cui si è soltanto ridotto, sia pure in modo relativamente significativo, il margine di generalità”.

Di qui l'indicazione secondo cui bisogna applicare anche in materia di lesione del rapporto parentale il sistema a punti, basata sull'idea che questo metodo si presti a ricalcare il modello applicato nel settore della lesione alla salute.

Ora, è a tutti noto che il sistema di conversione in denaro del danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute appare incardinato sul concetto di “punto di invalidità permanente”: nozione, questa, elaborata dalla scienza medico-legale, quale metodo scientifico utile a misurare l'incidenza di ogni singolo tipo di lesione all'integrità psico-fisica sulla complessiva validità della persona. Il sistema di valutazione tabellare applicato in sede giurisprudenziale (e, altresì, normativa) appare dunque fondato sull'utilizzo di un'unità di misura di carattere medico-legale, applicabile esclusivamente per la lesione dell'integrità psico-fisica.

Sostenere, come fa la Cassazione, la necessità di applicare un sistema a punto anche per il danno parentale rappresenta, quindi, una presa di posizione di carattere meramente nominalistico, considerato che dietro tale etichetta operano metodi radicalmente diversi, come può evincersi dall'analisi del sistema romano.

Per quanto riguarda la tabella romana, la scelta di misurare la sofferenza attraverso punti non viene fondata su alcuna evidenza di carattere scientifico/metodologico, come invece accade nel campo della salute.

Va, in particolare, rilevato, che il metodo adottato si basa sulla considerazione distinta delle diverse circostanze che influenzano l'entità del danno: come se quest'ultimo si prestasse ad essere parcellizzato in una serie di moduli, ciascuno dei quali originato da una diversa variabile. Una costruzione del genere non rispecchia quanto accade sul piano reale, posto che il pregiudizio patito dal familiare è un fenomeno unitario, influenzato in maniera congiunta dai vari indici enucleati a livello giurisprudenziale.

Inoltre, non vengono esplicitate le evidenze sulle basi delle quali il tribunale capitolino è pervenuto alla graduazione dei punti, distintamente stabiliti per ciascuno dei parametri presi in considerazione. Anche per quanto riguarda il valore attribuito al punto, non appare chiaro il processo attraverso il quale è stata effettuata l'estrazione dello stesso dai precedenti, né l'aggiornamento di tale importo (posto che nella relazione alle tabelle romane per l'anno 2018, viene precisato che si è proceduto a una rimodulazione del valore del punto per determinare “una coincidenza con i valori previsti dal sistema tabellare elaborato dall'Osservatorio di Milano, conservando però i criteri definiti dai giudici del Tribunale di Roma”, rimane ignota la metodologia attraverso la quale si è pervenuti ad un adeguamento del valore del punto attraverso il riferimento a un sistema come quello milanese, che non utilizza tale metodo di misurazione).

Si tratta, infine, di sottolineare che la tabella romana non pone in evidenza la necessità di prendere in considerazione, oltre alla componente morale, anche quella dinamico-relazionale del pregiudizio: ciò in quanto il punto è riferito esclusivamente alla sofferenza (diversamente da quanto previsto nella tabella romana relativa al danno riflesso del congiunto di vittima di lesioni alla salute, dove il valore del punto viene scomposto – sul piano quantificatorio - nelle due componenti del danno morale e del danno dinamico-relazionale).

Alternative possibili

Posto che l'unica concretizzazione del sistema “a punti” indicato dalla S.C. è oggi rappresentata dalla tabella romana, bisogna valutare quali siano gli effetti concreti derivanti dalla relativa applicazione.

Ora, è bensì vero che tale metodo è in grado di garantire una maggior uniformità delle liquidazioni, ma il prezzo da pagare è quello di un esasperato automatismo.

Si tratta, quindi, di chiedersi se un'indicazione del genere possa effettivamente essere rappresentata come un passo di carattere evolutivo, o se invece la stessa si ponga in controtendenza rispetto alla logica perseguita in questi ultimi anni - sul piano del ristoro del danno non patrimoniale – dalla Cassazione: ciò in quanto le relative indicazioni risultano collocarsi in una prospettiva volta a evitare automatismi e a garantire un'integralità del risarcimento calibrata sulla situazione del caso concreto.

Bisogna, allora, valutare l'opportunità di costruire un sistema di valutazione alternativo a quello romano, fondato su un assetto metodologico meno opaco.

Un'utile ispirazione può essere tratta dall'analisi del metodo indicato dall'Osservatorio della giustizia civile di Milano in seno ai nuovi “Criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale da mancato/carente consenso informato in ambito sanitario”.
Tale sistema prevede una scala di graduazione del “danno all'autodeterminazione”, scandita attraverso quattro livelli (lieve – media – grave – eccezionale entità); per ciascuno di essi risulta identificata una fascia - entro cui collocare la liquidazione del giudice - i cui estremi minimo e massimo sono stati individuati in base all'analisi degli importi liquidati dai precedenti.

Al fine di pervenire alla qualificazione del danno, da lieve a gravissimo, il giudice dovrà ricorrere ad una serie di indici, tratti dalle decisioni giurisprudenziali enucleando le circostanze che risultano evocate in maniera ricorrente a supporto della quantificazione del danno.

Un sistema del genere si presta senz'altro ad essere replicato nel campo del danno da perdita del rapporto parentale, dove si potrebbe ricorrere a una graduazione di carattere descrittivo, tale da rendere intellegibile il meccanismo di conversione in denaro del pregiudizio: graduazione che potrebbe, in ogni caso, essere ulteriormente scandita attraverso una misurazione a punti, in ossequio alle indicazioni della Cassazione, suscettibile di riflettere le varie circostanze rilevanti ai fini della determinazione dell'entità del pregiudizio.

Un simile metodo – distanziandosi dalla modularità artificiale del sistema romano – permetterebbe di far confluire la combinazione dei diversi indici entro una considerazione unitaria, fatta comunque salva la possibilità di procedere a una distinzione delle due componenti (morale e dinamico-relazionale) del pregiudizio.

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