Sfruttamento del lavoro ex art. 603-bis c.p.: è davvero sufficiente un solo indice sintomatico?

24 Maggio 2021

Ai fini dell'integrazione del reato p. e p. dall'art. 603-bis c.p. non è necessario l'accertamento della sussistenza di ciascuno degli indici rivelatori dello sfruttamento dei lavoratori. Tenuto conto dell'espressa alternatività di suddetti indici, infatti, è sufficiente la rilevazione anche di uno solo di essi nella fattispecie concreta.
Massima

Ai fini dell'integrazione del reato p. e p. dall'art. 603-bis c.p. non è necessario l'accertamento della sussistenza di ciascuno degli indici rivelatori dello sfruttamento dei lavoratori. Tenuto conto dell'espressa alternatività di suddetti indici, infatti, è sufficiente la rilevazione anche di uno solo di essi nella fattispecie concreta.

Il caso

Il ricorrente veniva indagato per il reato p. e p. dall'art. 603-bis c.p., con l'accusa di aver sottoposto i lavoratori a condizioni di sfruttamento, corrispondendo reiteratamente una retribuzione difforme da quella indicata nei contratti collettivi e comunque sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato. L'indagato proponeva ricorso per Cassazione ex art. 311 c.p.p., asserendo la violazione dell'art. 273 c.p.p. con riferimento all'art. 603-bis c.p., per insussistenza dei “gravi indizi di colpevolezza”, nonché per l'omessa motivazione in ordine sia agli indici rivelatori della condizione di sfruttamento dei lavoratori (effettive condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, situazioni alloggiative degradanti dei lavoratori) che al dato temporale della ripetizione dell'unica condotta contestata, rectius retribuzione in misura difforme ed inferiore ai contratti collettivi.

La questione giuridica

Perché possano dirsi sussistenti “gravi indizi di colpevolezza” (art. 273 c.p.p.) è sufficiente accertare la sussistenza di uno solo degli indici sintomatici dello sfruttamento previsti dall'art. 603-bis c.p.?

La soluzione della Corte

Dopo aver rammentato il necessario confronto dell'istanza di revoca o di modifica della misura coercitiva con il contenuto del c.d. giudicato cautelare, presupponendo la richiesta stessa il mutamento in senso favorevole all'imputato degli elementi di accusa, o il venir meno delle esigenze cautelari. Le ordinanze in materia cautelare – esauriti i mezzi di impugnazioni previsti ex lege - hanno efficacia preclusiva "endoprocessuale" riguardo al dedotto e al deducibile, sicché una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame.

Mediante il ricorso ex art. 311 c.p.p. l'indagato aveva presentato un'inammissibile richiesta di rivalutazione del quadro indiziario, sganciata dai necessari elementi di novità sopra richiamati.

Sotto il profilo sostanziale, invece, la Corte ha ritenuto irrilevante la carente valutazione della gravità indiziaria in ordine a tutti gli indici rivelatori dello sfruttamento dei lavoratori: ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 603-bis c.p., infatti, il giudice di legittimità ha ritenuto sufficiente la sussistenza di uno soltanto degli indici contemplati dalla disposizione penale, essendo gli stessi previsti, expressis verbis, come alternativi.

Relativamente all'asserita carente valutazione della effettiva ripetizione della condotta emersa dal quadro indiziario (retribuzione inferiore a quella prevista dai contratti collettivi), la Corte ha ritenuto che tale elemento fosse implicitamente deducibile dal quadro indiziario.

Il ricorso, pertanto, è stato rigettato.

Osservazioni

Il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro è stato introdotto nel codice penale dal d.l. n. 138/2011 e successivamente modificato dalla l. n. 199/2016 eliminando la necessità della forma organizzata dell'attività di intermediazione, estendendo la categoria dei soggetti attivi e riqualificando come circostanze aggravanti gli eventuali comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori dell'agente. Lo stato di bisogno, invece, è stato conservato come elemento costitutivo, ergo indefettibile, della fattispecie.

La norma considera due condotte distinte: la prima, comma 1 n. 1, consiste nel reclutare manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; la seconda, comma 1 n. 2, si sostanzia nell'utilizzare, assumere o impiegare manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

Al terzo comma il Legislatore indica quattro indici idonei a manifestare una situazione di sfruttamento dei lavoratori: la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

È sufficiente, come risulta dalla stessa disposizione normativa, la presenza anche solo di uno degli indici prefati.

Relativamente alle condizioni di sfruttamento, pertanto, non è fornita all'interprete una definizione precisa, preferendosi tipizzare alcuni indici “sintomatici” di tale stato (c.d. tipicità di contesto), senza che gli stessi siano tassativi per l'interprete che è libero di discostarsene.

Tuttavia, come è evincibile dalla lettera della norma, non ogni violazione della normativa in materia di lavoro integra una situazione di sfruttamento, essendo necessario, ad esempio, per quanto concerne il profilo retributivo, accertare se la condotta illecita sia o meno reiterata. Episodi sporadici o del tutto occasionali, pertanto, non potrebbero integrare la fattispecie criminosa in esame.

Nell'esaminare il dato testuale dell'art. 603-bis c.p., successivamente alla modifica legislativa del 2016, sembra possibile constatare una sorta di flessione del disvalore sociale dei comportamenti penalmente sanzionati rispetto alla formulazione precedente.

Nel testo previgente, infatti, la significatività penale della fattispecie veniva a puntualizzarsi sulle modalità di esplicazione della condotta, ossia sulla violenza e sulla minaccia le quali, oggi, configurano elementi circostanziali. Nonostante il depauperamento dei connotati di disvalore caratterizzanti il reato, il Legislatore non ha operato una compensazione mediante una modifica anche degli indici sintomatici dello sfruttamento i quali, si ripete, non sono cumulativi.

Relativamente al primo indice, ad esempio, la condotta non dovrà più risultare “sistematica” ma “reiterata”; le violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro non dovranno essere tali da “esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale” con conseguente rischio di attribuzione di rilevanza penale a qualunque inosservanza di suddetta normativa, anche di carattere meramente formale.

La “scadenza” del disvalore si riscontra, ancora, nel quarto indice ove dall'inciso “particolarmente degradanti” è stato eliminato l'avverbio.

Venuti meno taluni elementi prima determinanti la stessa integrazione della fattispecie non condizionata, l'imputazione potrebbe prendere l'aire a partire anche solo da mere condotte inosservanti, le quali potrebbero realizzarsi nel contesto di un'attività lavorativa lecita sotto ogni altro profilo.

L'effetto finale è un ampliamento del “penalmente rilevante” con conseguente difficoltà selettiva delle condotte punibili, in netta contrapposizione sia con il principio di extrema ratio della sanzione penale sia con quello di tipicità, in particolare sotto il profilo della determinatezza della fattispecie astratta.

Elemento cruciale nell'attuale formulazione dell'art. 603-bis c.p., sotto il profilo del disvalore sociale della condotta, dovrebbe pertanto essere individuato nell' “approfittamento dello stato di bisogno” del lavoratore.

Nel caso in esame la Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente l'accertata presenza di uno soltanto degli indici sopra richiamati ai fini della legittimità della misura cautelare. Non essendo questa la sede per esaminare la giurisprudenza formatasi in punto di “gravi indizi di colpevolezza” ex art.273 c.p.p. (la verifica è necessariamente sommaria e non comporta un accertamento sulla fondatezza della pretesa punitiva e le eventuali difformità tra fattispecie legale e caso concreto possono assumere rilievo solo se rilevabili ictu oculi) sembra comunque opportuno fare alcune considerazioni ulteriori circa gli indici sintomatici dello sfruttamento.

Quest'ultimi non sono tassativi, né concorrono a descrivere la tipicità della fattispecie. Essi fungono piuttosto da criteri di orientamento probatorio, costituenti un ausilio nel lavoro dell'interprete. Gli indici sono “sintomi” ossia indizi che il giudice dovrà valutare, ma non anche elementi costitutivi del reato. Qualora, ad esempio, venisse accertata la violazione delle disposizioni in tema di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro ciò non sarebbe ex se sufficiente ad integrare la condotta criminosa, occorrendo comunque che il lavoratore risulti sfruttato e che del suo stato di bisogno il datore di lavoro abbia profittato.

Gli indici sono dunque “linee guida” per la prova dello sfruttamento e l'accertamento di uno solo di essi non potrebbe di fatto sostituire l'indagine circa la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, in essi incentrandosi il disvalore della fattispecie, recte l'asservimento e la compromissione della autodeterminazione del lavoratore.

Le violazioni prese in considerazione dal Legislatore (retribuzione, orario di lavoro, igiene, etc.) possono rilevare solo se espressive di una offensività meritevole di sanzione penale il che difficilmente potrebbe essere sostenuto ove solo uno degli indici di sfruttamento venisse accertato in concreto. La tutela penale del lavoratore verrebbe collegata, ad esempio, alla mera “reiterata violazione” di disposizioni normative o negoziali, con sindacabile sterilizzazione del principio di offensività.

Nel caso in esame, tuttavia, la Corte sembra aver “eretto” ad elementi costitutivi del reato gli indici sintomatici dello sfruttamento, affermando – discutibilmente, come si è cercato sopra di esporre - che “ai fini della integrazione del reato contestato, (è sufficiente) la sussistenza di uno soltanto degli indici contemplati dall'art. 603-bis cod.pen.”.

Per approfondire

- L. Lorea, Sulla nozione di “sfruttamento del lavoro”: cosa è cambiato, in Dir. Rel. Ind., 2020, 4, pp. 1083 ss.;

- T. Padovani, Un nuovo intervento per superare i difetti di una riforma zoppa, in Guida dir., 2016, pp. 48 ss.;

- E. Tomasinelli, Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: una recente pronuncia del Tribunale di Milano in tema di “caporalato grigio”, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 12 – ISSN 2499-846X;

- A. Scarcella,Il legislatore interviene nuovamente sul fenomeno del "caporalato": ultimo atto? - il commento, in Dir. Pen. e Processo, 2017, 7, pp. 852;

- S. Tordini Cagli, Profili penali del collocamento della manodopera. Dalla intermediazione illecita all'«intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro», in Ind. pen., 2017, 727 ss.;

- A. De Rubeis, Qualche breve considerazione critica sul nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in Dir. Pen. contemporaneo, 4/2017, 221 ss.;

- M. Miscione, Caporalato e sfruttamento del lavoro, in Lavoro nella Giur., 2017, 2, pp. 113 ss.;

- D. Ferranti, La legge n. 199/2016: disposizioni penali in materia di caporalato e sfruttamento del lavoro nell'ottica del legislatore, in Dir. Pen. contemporaneo, 2016, 11, pp. 2 ss.;

- A. Giuliani, I reati in materia di “caporalato”, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, Padova, 2015;

- S. Fiore,(Dignità degli) Uomini e (punizione dei) caporali. Il nuovo delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in Scritti in onore di Alfonso Stile, AA.VV., 2014, Editore Scientifica, pp. 873 ss.;

- E. Lo Monte, Osservazioni sull'art. 603-bis c.p. di contrasto al caporalato: ancora una fattispecie enigmatica,in Scritti in onore di Alfonso Stile, AA.VV., 2014, Editore Scientifica, pp. 951 ss.

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