Calcolo dell'usurarietà: non si sommano interessi corrispettivi e moratori

Studio Mascellaro Fanelli
Studio Mascellaro Fanelli
26 Maggio 2021

È in assoluta coerenza con l'intero impianto normativo dettato in materia di usura intendere che la somma fra la misura percentuale del tasso degli interessi corrispettivi e la misura percentuale prevista per gli interessi moratori è errata sotto il profilo logico e matematico...

È in assoluta coerenza con l'intero impianto normativo dettato in materia di usura intendere che la somma fra la misura percentuale del tasso degli interessi corrispettivi e la misura percentuale prevista per gli interessi moratori è errata sotto il profilo logico e matematico, posto che in tal modo si giunge a sommare due entità tra loro eterogenee, che si riferiscono a due basi di calcolo differenti. Il tasso corrispettivo, infatti, si applica al debito capitale residuo, al fine di determinare la quota di interessi della rata di ammortamento, mentre il tasso di mora si calcola sulla singola rata di ammortamento, nel caso in cui la stessa non sia pagata alla scadenza. Tali modalità rispecchiano la differente natura dei due tassi, giacché l'interesse corrispettivo è espressione della fruttuosità del denaro, mentre quello di mora ha natura risarcitoria per l'inadempimento.

Ne consegue che non è possibile sommare la misura percentuale degli interessi corrispettivi e quella degli interessi di mora, giacché i due istituti assolvono a funzioni causali del tutto differenti fra loro, e, conseguentemente, le relative percentuali si applicano a grandezze diverse.

L'ISC che non costituisce un “tasso di interesse” o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi.

Da ciò discende che, l'erronea indicazione dell'ISC/TAEG, non comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto un'erronea rappresentazione del suo costo complessivo. Non è dunque possibile invocare la nullità quale conseguenza dell'errata indicazione dell'ISC, atteso che l'art. 117 TUB sanziona per altro verso con la nullità le clausole contrattuali che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.