L'esecuzione nei confronti del condòmino per i debiti del condominio

Vito Amendolagine
16 Giugno 2021

Nel presente contributo si esaminano le principali problematiche riguardanti l'esecuzione forzata del terzo creditore del condominio nei confronti del condòmino, riconducibili alla diretta eseguibilità verso quest'ultimo del titolo esecutivo formatosi nei confronti dell'ente di gestione in persona del suo amministratore pro-tempore.
Il titolo formatosi contro il condominio ai fini dell'azione esecutiva contro i singoli condòmini

Il titolo giudiziale di condanna al pagamento di una determinata somma nei confronti di un condominio di edifici costituisce, per consolidata interpretazione giurisprudenziale, titolo esecutivo relativo all'intero importo azionabile nei confronti dello stesso condominio (Cass. civ., 29 marzo 2017, n. 8150; Cass. civ., 14 ottobre 2004, n.20304).

La posizione assunta dalla più recente giurisprudenza di legittimità ha inoltre chiarito che l'esecuzione nei confronti di un singolo condòmino, sulla base di un titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio, per le obbligazioni di fonte negoziale contratte dall'amministratore pro-tempore, può avere legittimamente luogo esclusivamente nei limiti della quota millesimale del singolo condòmino esecutato, che il creditore può limitarsi ad allegare (Cass. civ., 29 marzo 2017, n. 8150; Cass. civ., 14 ottobre 2004, n.20304).

In particolare, secondo la giurisprudenza di legittimità, da un lato, l'obbligazione contrattuale del condominio graverebbe pro-quota sui singoli condòmini, e non in solido per l'intero sugli stessi (Cass. civ., 9 giugno 2017, n. 14530; Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148; Cass. civ., 19 aprile 2000, n. 5117; Cass. civ., 27 settembre 1996, n. 8530), e, dall'altro, il titolo giudiziale formatosi contro il condominio è valido, ai fini dell'azione esecutiva, contro i singoli condòmini, ritenendo in tale ottica inammissibile la proposizione di una nuova azione di condanna contro il singolo condòmino, laddove il creditore già disponga di un titolo esecutivo formatosi nei confronti del condominio (Cass. civ., 14 ottobre 2004, n. 20304, cit).

In ordine alla struttura delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio - in realtà, ascritte ai singoli condòmini - si riscontrano certamente la pluralità dei debitori e la eadem causa obbligandi ovvero l'unicità della causa: il contratto da cui l'obbligazione ha origine, mentre è discutibile, invece, l'unicità della prestazione, che certamente è unica ed indivisibile per il creditore, il quale effettua una prestazione nell'interesse ed in favore di tutti condòmini, ma non anche per i condòmini, consistendo in una somma di danaro, che raffigura una prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile.

In tema di condominio di edifici, le obbligazioni pecuniarie che riguardano tale particolare organizzazione pluralistica dei soggetti rappresentati, sono divisibili ex parte debitoris nel senso che ogni singolo condòmino risponde del debito assunto dall'amministratore in rappresentanza dei condòmini nei soli limiti della rispettiva quota, sicché, in assenza di una norma ad hoc che disponga diversamente, non potrebbe applicarsi il principio-base della solidarietà passiva, trovando invece ingresso quelli della sussidiarietà e parziarietà dell'obbligazione, in analogia a quanto dispone la legge per le obbligazioni ereditarie di cui agli artt. 752 e 1295 c.c. (Trib. Vicenza, 17 gennaio 2019).

Conseguentemente, non potendo configurarsi un caso di solidarietà passiva, che in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e dell'identica causa dell'obbligazione, ma altresì dell'indivisibilità della prestazione comune, mancando quest'ultimo requisito, ed in difetto di un'espressa disposizione di legge, l'intrinseca parziarietà dell'obbligazione dei condòmini assume carattere prevalente, riconducendosi all'art. 1123 c.c., interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità dell'obbligazione e quella della res, trattandosi pur sempre di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell'appartenenza in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e che solo in ragione della quota, in base alla suddetta disposizione normativa, i condòmini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni del condominio.

L'obbligazione assunta nell'interesse del condominio si imputa quindi ai suoi singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall'art. 1123 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese (Cass. civ., 11 agosto 2017, n.20073).

Tuttavia, come si avrà modo di vedere nel successivo paragrafo, la stessa giurisprudenza ritiene che per procedere ad esecuzione forzata nei confronti del singolo condòmino in base al titolo esecutivo formatosi contro il condominio, occorre preventivamente notificargli personalmente detto titolo ed il precetto (Cass. civ., 29 marzo 2017, n. 8150, cit.) anche in caso di decreto ingiuntivo, non essendo applicabile in tale ipotesi l'art. 654 c.p.c.

Conseguentemente, in base al suddetto quadro interpretativo emerso nella giurisprudenza di legittimità, dovrebbe escludersi che il creditore del condominio, il quale abbia ottenuto un titolo esecutivo nei confronti di quest'ultimo, e che intenda successivamente agire nei confronti dei singoli condòmini per recuperare il proprio credito, non solo debba instaurare e coltivare una serie di distinte procedure esecutive contro ciascun condòmino per la rispettiva quota di debito, ma debba anche considerarsi onerato di allegare la misura della quota millesimale spettante a ciascuno dei singoli condòmini.

Tale impostazione, porta a concludere da un lato, che l'utilizzabilità del titolo esecutivo formatosi nei confronti del condominio per promuovere l'esecuzione forzata contro i singoli condòmini implica di per sè esclusivamente l'onere, per il creditore procedente, di dimostrare la legittimazione passiva, sul piano esecutivo, dei condòmini aggrediti, e cioè la loro qualità di condòmini, e, dall'altro, che per quanto attiene alla misura della rispettiva quota millesimale, deve invece ritenersi sufficiente una mera allegazione da parte dell'intimante.

Ciò però comporta che il condòmino a cui sia eventualmente richiesto il pagamento di un importo eccedente quello della sua quota, sarà di fatto «costretto» a proporre opposizione all'esecuzione, ed in tale sede sarà suo onere dimostrare l'esatta misura della relativa quota.

Ad analoghe conseguenze sul piano del diritto a procedere ad esecuzione forzata nei confronti del singolo condòmino per un credito portato dal titolo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, si perviene anche nell'ipotesi in cui il medesimo creditore procedente intimi il pagamento dell'intera obbligazione ad uno o più condòmini, ad esempio sostenendo che quest'ultimi sono titolari della totalità delle quote condominiali ovvero assumendone, erroneamente, la responsabilità solidale per l'intera obbligazione, oppure qualora venga intimato il pagamento della quota ad un solo condòmino, indicando nell'atto di precetto l'importo totale del credito senza specificare la misura della quota millesimale dovuta dal medesimo soggetto obbligato.

Il singolo condòmino cui sia intimato il pagamento del debito condominiale per l'intero ammontare dell'obbligazione o senza specificazione della sua quota di responsabilità, potrà quindi proporre anche in tali ipotesi, l'opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., allegando di non essere condòmino (App. Bari, 13 dicembre 2018), ed in tale caso, l'onere della prova della sua qualità di condòmino graverà sul creditore, trattandosi di un fatto costitutivo della legittimazione passiva all'azione esecutiva del singolo condòmino ovvero dell'efficacia del titolo esecutivo azionato contro l'intimato, ovvero eccependo di essere condòmino ma per una quota millesimale inferiore a quella allegata esplicitamente od implicitamente dal creditore (App. Bari, 13 dicembre 2018, cit.), ed in tale ultima ipotesi, l'onere della prova della misura di detta quota spetterà invece all'opponente, trattandosi di allegazione di un fatto quanto meno assimilabile a quello modificativo o parzialmente impeditivo della legittimazione passiva all'azione esecutiva nei confronti del singolo condòmino, ovvero dell'efficacia del titolo esecutivo per il suo intero importo.

In definitiva, laddove il singolo condòmino intimato del pagamento del debito del condominio per l'intero o senza specificazione della minore quota su di lui gravante, proponga opposizione all'esecuzione, dovrà dimostrare, a sostegno dell'opposizione proposta, la misura della sua partecipazione condominiale (Trib. Roma, 2 marzo 2012), perchè in difetto, subirà l'esecuzione per la quota allegata dal creditore, o se detta quota non sia stata specificata, per l'intero debito di cui risulti intimato il pagamento, ferme restando, nel vigore della nuova normativa, le disposizioni di cui all'art. 63, comma 2, disp. att. c.p.c., in tema di beneficium excussionis.

La precostituzione del titolo esecutivo nei confronti del condominio e la sua esecuzione in danno dei condòmini

Il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini, e l'esistenza dell'amministratore pro-tempore - il cui ufficio di diritto privato è assimilabile a quello proprio di un mandatario con rappresentanza, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti sia esclusivi, che comuni inerenti all'edificio, né sono configurabili effetti giuridici che si verifichino nei confronti del condominio in sé e non anche nei confronti dei singoli condòmini.

Allo stesso modo, la natura parziaria dell'obbligazione contratta dall'amministratore per conto dei condòmini non limita, in sede cognitiva, il diritto di azione del creditore, che può indifferentemente evocare in giudizio, il condominio od i singoli condòmini morosi, conseguendo, in entrambi i casi, un titolo da porre successivamente in esecuzione nei confronti dei condòmini per la quota di rispettiva competenza.

Il creditore, nell'agire in giudizio nei confronti del condominio e non dei singoli condòmini inadempienti, non viola dunque il noto principio secondo cui, in riferimento alle obbligazioni contratte dall'amministratore, la responsabilità dei condòmini è retta dal criterio della parziarietà, con la conseguenza che le obbligazioni assunte nell'interesse dell'ente di gestione si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, giacché la proposizione della domanda di accertamento del proprio diritto di credito nei confronti dell'amministratore, quale organo investito della rappresentanza legale di tutti i proprietari del fabbricato, non legittima per ciò solo anche il successivo esercizio dell'azione esecutiva, al fine di ottenere il pagamento dell'intero debito da parte di uno o di alcuni soltanto dei condòmini.

Pertanto, il creditore del condominio deve ritenersi legittimato ad agire in giudizio, anche in via monitoria, al fine di precostituirsi il titolo esecutivo nei confronti sia dell'ente di gestione, in persona dell'amministratore pro tempore, sia dei condòmini inadempienti, dovendo, in ogni caso, ed in particolare, ove intenda promuovere successivamente l'espropriazione forzata, richiedere a ciascun condòmino moroso, in ossequio al principio della parziarietà delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio, il pagamento della sola quota dallo stesso dovuta a norma dell'art. 1123 c.c. (App. Salerno, 7 luglio 2020).

Al riguardo, occorre premettere che già nel regime previgente alla novellazione dell'art. 63 disp. att. c.c. l'adozione del criterio della parziarietà dell'obbligazione contratta dal condominio con un terzo contraente - ad esempio l'impresa appaltatrice di servizi condominiali - comportava la negazione del riconoscimento verso quest'ultimo di un'obbligazione unica solidale, esigibile per l'intero nei confronti dei singoli condòmini, con la conseguenza che al condòmino che assumeva di aver adempiuto al pagamento delle quote spettanti ad altri condòmini morosi, non poteva accordarsi alcun diritto di regresso, nè per l'intera somma dovuta dal condominio, nè nei confronti degli altri condòmini, sia pure limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi (Cass. civ., 20 maggio 2019, n.13505).

Un obbligo restitutorio del condominio nei confronti dei condòmini che abbiano anticipato le somme dovute da altri condòmini potrebbe eventualmente sorgere soltanto laddove lo stesso condominio abbia approvato una deliberazione assembleare istitutiva di un fondo cassa finalizzato a sopperire alle morosità di alcuni partecipanti, ed a scongiurare l'aggressione in executivis da parte del creditore in danno di parti comuni dell'edificio (Cass. civ., 5 novembre 2001, n. 13631).

Diversamente, al condòmino, che abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai restanti condòmini morosi, potrebbe riconoscersi soltanto la legittimazione ad agire nei loro confronti per ottenere l'indennizzo da ingiustificato arricchimento (Cass. civ., sez. un., 29 aprile 2009, n. 9946).

In tale ottica - a seguito della riforma del 2012, con la quale si è novellato l'art. 63, disp. att., c.c. ed introdotto il meccanismo di garanzia per i condòmini in regola con i pagamenti - si è quindi affermato il principio, condiviso anche nella giurisprudenza di merito (Trib. Palermo, 12 settembre 2018; Trib. Monza, 27 aprile 2016; Trib. Pescara, 17 dicembre 2013), secondo cui per potere legittimamente richiedere l'adempimento pro-quota al condòmino in regola con i pagamenti, il creditore del condominio dovrà preventivamente intraprendere tutte le procedure, anche esecutive - mobiliari, immobiliari e presso terzi - in danno del condòmino moroso, nonché seguirle con la dovuta diligenza e buona fede, perché soltanto in questo modo il creditore sarà in grado di allegare la prova di avere fatto tutto il possibile per soddisfare il proprio credito nei confronti del condòmino moroso prima di aggredire il patrimonio del condòmino in regola con i pagamenti, nel rispetto di quanto dispone l'art. 63, comma 2, disp. att., c.c.

Sulla scorta del principio per cui non è ravvisabile alcuna responsabilità solidale tra il condominio ed il singolo condòmino, sul quale grava una responsabilità solo parziale in relazione alla sua quota, anche nei rapporti esterni, appare dunque evidente come l'escussione del patrimonio del condòmino non moroso diventa sussidiaria, eventuale e successiva rispetto a quella del patrimonio del condòmino moroso.

Il creditore deve notificare anche al singolo condòmino il precetto ed il titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio?

L'affermata parziarietà e sussidiarietà - quest'ultima nei termini di cui all'art. 63, comma 2, disp. att., c.c. - dell'obbligazione del condòmino relativamente ai debiti assunti dall'amministratore, comporta delle conseguenze in relazione all'esercizio dell'azione esecutiva esercitata dal creditore in caso di mancato pagamento dell'obbligazione contratta dal condominio.

La sentenza di condanna pronunciata nei confronti del condominio - al pari del decreto ingiuntivo - costituisce titolo esecutivo anche nei confronti dei singoli condòmini, rappresentati dall'amministratore pro-tempore che è stato in giudizio per il condominio, anche se nominativamente non indicati nella sentenza (Trib. Roma, 9 agosto 2006)o nel decreto.

Ciò è d'altronde coerente con il principio giurisprudenziale secondo cui il creditore, qualora abbia ottenuto una sentenza definitiva di condanna al pagamento di una somma di denaro nei confronti del condominio, è carente di interesse ad agire contro il singolo condòmino per conseguire un titolo legittimante al pagamento pro-quota della medesima somma, disponendo già di un titolo esecutivo relativo all'intera somma, azionabile nei confronti del predetto condominio e del singolo condòmino, verificandosi, in caso contrario, un'inammissibile duplicazione di titoli esecutivi (Cass. civ., 12 ottobre 2004, n. 20304, cit.).

Il titolo esecutivo ottenuto contro il condominio può dunque essere fatto valere in executivìs contro il singolo condòmino, ma a tale fine, la giurisprudenza ritiene che a quest'ultimo debba essere notificato l'atto di precetto ed il titolo esecutivo, perché costui deve essere messo in grado non solo di conoscere qual'è il titolo ex art. 474 c.p.c., in base al quale viene minacciata in suo danno l'esecuzione, ma anche di adempiere l'obbligazione da esso risultante entro il termine previsto dall'art. 480 c.p.c. (Trib. Arezzo, 24 gennaio 2017; Cass. civ., 30 gennaio 2012, n.1289; Trib. Torino, 18 novembre 2004).

A questa impostazione, parte della dottrina ha replicato osservando che nella fattispecie in esame, la notificazione dell'atto di precetto, prodromico all'esecuzione forzosa della condanna emessa contro il condominio, dovrebbe avere gli stessi effetti giuridici della conoscenza di un qualsiasi atto introduttivo di un giudizio riguardante le parti comuni dell'edificio condominiale, attesa l'inesistenza di una differenziazione soggettiva tra il debitore «condominio» ed il debitore «condòmino» sulla cui scorta, la specificità del condominio dovrebbe indurre ad esaminare la questione dell'irrilevanza della notificazione personale del titolo esecutivo (e del precetto) al condòmino moroso sottoposto ad esecuzione forzata, in ragione della funzione unificante della rappresentanza legale dell'amministratore del condominio, in quanto già destinatario di analoga notificazione.

In particolare, si è osservato che la conoscenza dell'atto di precetto e del titolo esecutivo da parte dell'esecutando condòmino moroso dovrebbe ritenersi già acquisita in capo al medesimo per effetto della precedente notificazione dei suddetti atti eseguita direttamente all'amministratore, nella sua specifica qualità di rappresentante legale di tutti i condòmini, sulla cui scorta, non occorrerebbe dunque la necessità di eseguire un'ulteriore notificazione dei suddetti atti, in quanto trattasi di esecuzione forzata riguardante lo stesso titolo esecutivo.

L'accoglimento di tale tesi, comporterebbe che la notificazione del titolo esecutivo all'amministratore del condominio dovrebbe ritenersi di per sè un requisito sufficiente per la sua successiva esecuzione diretta - pro quota - nei confronti dei condòmini morosi, senza la necessità di procedere nei confronti di quest'ultimi ad un'ulteriore notifica individuale dello stesso titolo esecutivo corredato dell'atto di precetto.

La stessa dottrina rileva che per effetto della condanna dell'amministratore, il creditore potrebbe così procedere all'esecuzione nei confronti dei singoli condòmini morosi, secondo la pertinente quota di ciascuno, considerato che l'adempimento attiene non all'intera obbligazione indicata nello stesso titolo azionato, ma solo ad una parte, che sebbene non individuata nello stesso titolo, al pari del nominativo dei singoli condòmini obbligati, è pur sempre determinabile ai sensi dell'art. 1123 c.c., attraverso un mero calcolo aritmetico.

La suddetta impostazione, che considera il condòmino automaticamente come «parte» anche in senso processuale, sembra però destinata ad entrare in crisi quando ci si deve confrontare con l'autonoma capacità processuale del condominio, perché è evidente come in tale caso, il singolo condòmino può essere considerato anch'egli «parte» nello stesso processo civile, soltanto a condizione che vi intervenga con un formale atto di costituzione (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n.19663).

Tale questione è diversa da quella riguardante gli «effetti» sostanziali derivanti dall'accertamento del diritto di un terzo nel processo civile che ha visto come «parte» in senso processuale soltanto il condominio costituitosi nel relativo giudizio in persona dell'amministratore, e non anche il singolo condòmino, il quale, se da un lato innegabilmente subisce gli effetti sostanziali derivanti dalla relativa pronuncia giudiziale, dall'altro, non essendo stato egli «parte» anche in senso squisitamente processuale di quel giudizio, ha parimenti diritto a ricevere uti singuli la notifica del titolo esecutivo e dell'intimazione contenuta nell'atto di precetto, al fine di potere valutare autonomamente il quomodo sul piano dell'adempimento. A questo punto, occorre precisare una volta per tutte, che ad essere in discussione non è quindi la possibilità per il terzo vittorioso nel processo di agire esecutivamente sia nei confronti dell'amministratore che dei condòmini morosi, perché qui non si tratta di negare che il titolo esecutivo emesso nei confronti del condominio sia valido ed efficace direttamente anche nei confronti dei condòmini (Cfr. Trib. Sassari, 23 settembre 2019) ma unicamente la necessità o meno di fare precedere l'esecuzione forzata nei confronti di quest'ultimi da una notifica ad personam del titolo esecutivo e del precetto (Cass. civ., 29 marzo 2017, n.8150, cit.).

Infatti, l'art. 479 c.p.c. nel prevedere che se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto, precisa altresì che entrambe le suddette notifiche devono essere fatte alla «parte» personalmente.

Del resto, la «parte» in questione è ovviamente il condominio, inteso quale ente di gestione, ma anche il singolo condòmino, non certo l'amministratore che ha funzioni di mera rappresentanza legale.

Tale ultima interpretazione, si rivelerebbe coerente con il nuovo testo dell'art. 63, disp. att., c.c. novellato dalla l. 220/2012, in forza del quale, il principio della parziarietà dell'obbligazione condominiale risulta finanche esaltato, laddove si consideri che i creditori non possono agire direttamente nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l'escussione degli altri condòmini, e poiché, il condominio dovrebbe immedesimarsi direttamente con quest'ultimi, appare allora evidente che prima di intraprendere un'azione esecutiva sui beni comuni - ad esempio, l'ascensore, i locali adibiti al servizio comune di riscaldamento o di portierato od il conto corrente intestato al condominio (Trib. Palermo, 12 settembre 2018; Trib. Pescara, 18 dicembre 2013) - il creditore dovrebbe prima rivolgere le proprie pretese in executivis nei confronti dei condòmini morosi ottenendo dall'amministratore i relativi nominativi (Cfr. Trib. Catania, 26 maggio 2017; Trib. Milano, 21 novembre 2017; Trib. Milano 27 maggio 2014; Trib. Milano, 26 maggio 2014).

Ciò infatti comporta la necessità che il creditore proceda a notificare il titolo esecutivo unitamente all'atto di precetto sia al condominio in persona dell'amministratore pro-tempore sia al condòmino moroso al fine di rendere contestualmente nota al primo l'intenzione del medesimo creditore che procederà in executivis sui beni comuni nel caso in cui dovesse risultare l'incapienza su quelli del secondo - ad esempio perché già pignorati od ipotecati o qualora il condòmino risulti già essere stato dichiarato fallito se imprenditore commerciale o sottoposto a procedura di esdebitazione - ed a quest'ultimo, l'analogo avviso che ritualmente gli preannuncia l'avvio dell'azione esecutiva sui propri beni di proprietà esclusiva in qualità di soggetto obbligato in via prioritaria.

Allo stesso modo, nell'eventualità di un'infruttuoso adempimento da parte del condòmino moroso, sussiste l'analoga necessità che il creditore del condominio notifichi all'amministratore ed al condòmino in regola con i pagamenti il titolo esecutivo e l'atto di precetto al fine di rendere edotti entrambi di avere preventivamente e compiutamente assolto l'obbligo della preventiva escussione dei condòmini morosi, enunciato dall'art. 63, comma 2, disp. att., c.c., al fine di evitare la proposizione dell'opposizione a precetto ex art. 615, comma 1, c.p.c. (App. Bari, 13 dicembre 2018).

Il pignoramento del conto corrente intestato al condominio

Le suesposte osservazioni assumono rilevanza anche laddove si consideri la possibilità per il creditore del condominio di procedere in executivis al pignoramento del conto corrente a quest'ultimo dedicato (Trib. Ascoli Piceno, 26 novembre 2015).

In ordine a tale quaestio, si registrano due orientamenti giurisprudenziali: uno volto a sostenere la natura di bene comune del conto corrente intestato al condominio (Trib. Catania, 26 maggio 2017; Trib. Milano, 21 novembre 2017; Trib. Milano 27 maggio 2014; Trib. Milano, 26 maggio 2014) ed un altro di segno diametralmente opposto (Trib. Palermo, 12 settembre 2018; Trib. Pescara, 18 dicembre 2013; Cfr. anche Trib. Napoli, 11 marzo 2009), muovendo dal presupposto che al pari della titolarità dei beni comuni e della conseguente responsabilità, anche il rapporto concluso dall'amministratore con l'istituto di credito o l'ufficio postale dovrebbe intendersi anch'esso riferibile ai singoli condòmini.

Conclusioni

Qualora il creditore del condominio intenda fare valere la responsabilità patrimoniale del singolo condòmino a cui il titolo esecutivo non sia stato mai notificato unitamente all'atto di precetto, deve sempre riconoscersi, al medesimo soggetto passivo dell'esecuzione forzata, il diritto di avere notizia e piena cognizione della natura del titolo esecutivo in forza del quale si procede nei suoi confronti, e, conseguentemente, la circostanza che l'amministratore abbia la rappresentanza dei singoli condòmini, ed in quanto tale, è legittimato a ricevere la notificazione di atti giudiziari con effetti a loro immediatamente riconducibili, non vale per ciò solo anche ad escludere automaticamente la suddetta necessità, anche in forza di quanto prevede l'art. 479 c.p.c.

Ciò premesso, pur emergendo in forma palese la necessità di un'intervento del legislatore al fine di chiarire l'esatta natura giuridica del condominio, fugando ogni genere di perplessità sorte in dottrina e giurisprudenza in ordine alla sua persistente incertezza, il cui margine è anzi sicuramente aumentato per effetto della riforma del 2012, con tutte le intuibili e significative ricadute nel procedimento di esecuzione forzata laddove trattasi di aggredire i beni di proprietà esclusiva del singolo condòmino con un titolo giudiziale ottenuto dal terzo creditore direttamente nei confronti del condominio, appare altresì evidente che il riconoscimento di una qualche soggettività giuridica all'ente di gestione, unitamente alla sua correlata autonomia patrimoniale, sebbene in forma attenuata, comporterebbe nell'espropriazione promossa contro il condominio nelle forme del pignoramento presso il singolo condòmino, l'apprezzabile vantaggio per il creditore del condominio di potere addivenire alla realizzazione concreta del proprio credito agendo nei confronti di ogni condòmino senza più neppure doversi preventivamente interrogare sull'entità del pagamento della somma da indicare in atto di precetto rispetto a quella complessiva indicata nel titolo esecutivo, trattandosi di un caso in cui la posizione debitoria del condòmino assume rilevanza soltanto per effetto di essere debitore del condominio quale soggetto esecutato, a sua volta tenuto ad adempiere l'intero credito portato dal titolo esecutivo.

Non è certo un caso se tale conclusione, è stata attentamente scrutinata dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., 14 maggio 2019, n.12715, cit.), laddove in occasione del procedimento di espropriazione presso terzi azionato dal creditore del condominio per un credito vantato da quest'ultimo nei confronti del singolo condòmino, ritenuto ammissibile perché non vietato espressamente da alcuna norma, si è osservato che da un lato, laddove l'esecutato è il condominio, essendo quest'ultimo debitore per l'intero - non entra in gioco il principio di parziarietà (Trib. Milano, 21 novembre 2017, cit.; In senso conforme, Trib. Pescara, 8 maggio 2014, cit.,) - e, dall'altro, che tale forma di espropriazione dei beni e diritti del condominio, appartenenti pro-quota a tutti i condòmini, avviene pur sempre nei confronti di quest'ultimi non per l'intero debito del condominio, ma solo nei limiti di quanto dovuto per effetto della singola quota di partecipazione al condominio, proprio in forza del principio di parziarietà, il cui rispetto è dunque pienamente confermato nei confronti del singolo condòmino (Cass. civ., 14 maggio 2019, n.12715, cit.), unitamente a quello ulteriore del beneficium excussionis sancito dall'art. 63, comma 2, disp. att., c.c. a favore dei condòmini virtuosi nei pagamenti.

Riferimenti
  • Auletta, Chiesi, Aspetti problematici connessi al recupero di crediti vantati nei confronti del condominio, in www.inexecutivis.it.;
  • Baccaglini, Debito condominiale ed espropriazione forzata verso terzi. La Cassazione riconosce soggettività giuridica in capo al condominio, in Riv. esec. forzata, 2020, 452 e ss.;
  • Buonanno, Obbligazioni parziarie dei condòmini e ragioni creditorie dei terzi, in NGCC, 2018, 304 e ss.;
  • Ciaccia, Procedura esecutiva contro singolo condòmino per un d.i. in danno del condominio, in www.altalex.com.
  • Frugoni, In caso di escussione del credito per intero, il singolo condòmino deve provare la somma dovuta pro quota, in www.ilprocessocivile.it;
  • Izzo, La parziarietà nel condominio e la solidarietà nella comunione ordinaria pro indiviso: la riconferma della Cassazione e le questioni circa l'esecuzione forzata del titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio, in Giust. civ., 2012, 944 e ss.;
  • Izzo, Parziarietà delle obbligazioni contrattuali del condominio: prime applicazioni, qualche disapplicazione e un probabile contrasto con il diritto vivente, in Giust. civ., 2009, 1845 e ss.;
  • Nicoletti, Il titolo esecutivo ed il precetto: due momenti per il recupero forzoso dei crediti condominiali, in www.condominioelocazione.it;
  • Spoto, Il diritto del creditore del condominio di agire nei confronti dei singoli condòmini, in Giustiziacivile.com;

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