Impugnazione delibera assembleare di S.r.l. e clausola compromissoria

16 Giugno 2021

L'impugnazione di delibera assembleare di una S.r.l. avente ad oggetto modifiche statutarie adottate non in conformità alle legge (fra le quali anche la soppressione di clausola compromissoria), deve essere proposta innanzi al tribunale, sezione specializzata per le imprese, o al collegio arbitrale?

Si intende impugnare la deliberazione assembleare di una società a responsabilità limitata, ai sensi dell'art. 2479-ter c.c., avente ad oggetto modifiche statutarie in quanto parte attrice ritiene che le stesse non siano state prese in conformità alla legge. Fra le modifiche statutaria vi è anche la soppressione della clausola compromissoria secondo la quale tale tipologia di deliberazione sarebbe dovuta rientrare nella sindacabilità di un collegio arbitrale. Si chiede se l'impugnazione debba essere proposta innanzi al tribunale, sezione specializzata per le imprese, competente per territorio, o se debba essere proposta innanzi al collegio arbitrale contenuto nella clausola vigente nello statuto precedentemente alla sua modifica.

Il quesito pone diverse problematiche sia di ordine sostanziale che procedurale.

Infatti, dal punto di vista sostanziale, l'impugnazione di una deliberazione assembleare di una società, nel caso di specie una S.r.l., ha lo scopo di ristabilire la situazione precedente alla deliberazione stessa che abbia apportato, come nel nostro caso, delle modifiche statutarie.

È vero anche che la deliberazione assembleare, una volta iscritta presso il competente Registro delle Imprese, diviene efficace e tale resterà fino al suo eventuale annullamento, come si suppone nel caso in oggetto (art. 2436 c.c., comma 5, richiamato, per le S.r.l., dall'art. 2480 c.c.).

Dal punto di vista processuale l'art. 5 del c.p.c. afferma che «La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo».

Il precetto posto dalla norma si riassume nel c.d. principio della perpetuatio iurisdictionis in forza del quale giurisdizione e competenza si determinano al momento della domanda, potendosi ricomprendere anche il giudizio arbitrale.

Sul punto la giurisprudenza così si esprime: «Ai fini della determinazione della competenza, l'art. 5 c.p.c., anche nella nuova formulazione introdotta dall'art. 2 l. 353/1990, attribuisce valenza determinante non già al «decisum» bensì al «deductum» o, meglio, al «disputandum», e perciò alla valutazione della domanda, con ogni suo accessorio, al momento della relativa proposizione …» (Cass. civ., sez. I, 16 giugno 2000, n. 8243).

Sulla base di questi principi, quanto alla competenza, si rileva che, dovendosi ritenere efficace attualmente la deliberazione impugnata, fino alla sua eventuale caducazione per effetto della sua impugnazione e non essendo contenuto nel nuovo statuto la previsione di un collegio arbitrale, la competenza spetti al giudice ordinario (nella specie la sezione specializzata in materia di impresa).

La valutazione relativa all'operatività della clausola compromissoria che sia stata successivamente espunta dallo statuto sociale, infatti, deve tener conto del principio generale, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la competenza del giudice, costituendo un presupposto processuale, deve sussistere alla data di proposizione della domanda giudiziale.

Di conseguenza, nel caso di specie, la competenza spetterà al tribunale ordinario, sezione specializzata in materia di impresa, territorialmente competente.

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