Posizione di garanzia e principio di affidamento: irrilevanza delle carenze organizzative della struttura

Vittorio Nizza
30 Giugno 2021

In caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità ed imprevedibilità...
Massima

Una volta acclarata la posizione di garanzia ricoperta dall'autore del fatto, eventuali ulteriori condotte o fattori che si innestino nel meccanismo causale sono di regola irrilevanti. Al riguardo, infatti, bisogna richiamare il consolidato principio secondo cui, in caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità ed imprevedibilità.

Il caso

La vicenda in oggetto vedeva imputate per il reato di cui agli artt. 113 e 590 c.p. un'infermiera professionale e un'operatrice sanitaria in servizio presso una residenza per anziani per aver causato lesioni personali gravi ad un'ospite della struttura. Secondo l'imputazione, le donne per colpa, consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, non avrebbero accudito con attenzione la paziente e comunque non si sarebbero avvedute delle ingravescenti condizioni generali della salute della donna, omettendo le dovute informazioni al medico o ai responsabili della struttura residenziale ovvero al medico di fiducia, così da cagionarle lezioni personali gravi, tali da esporre a pericolo di vita la persona offesa. La paziente, infatti, trovata in stato di coma dal figlio, era poi stata trasferita al pronto soccorso ove era emersa una situazione di incoscienza, dispersione di urina, edemi declivi, ulcere da decubito con aree necrotiche, grave compromissione della pressione arteriosa, grave ipernatremia con disidratazione, infezione delle vie urinarie con ematuria e piuria.

Nel corso dell'istruttoria dibattimentale sarebbe emerso che la paziente si sarebbe trovata al momento dell'ingresso presso la struttura in condizioni di salute relativamente buone, in ogni caso stabili e ben controllate attraverso un'adeguata terapia. Le gravi condizioni cliniche poi verificatesi pertanto non sarebbero state conseguenza delle originarie patologie, ma si sarebbero verificate nei venti giorni di ricovero.

Entrambe le imputate erano state condannate in primo e secondo grado per il reato di lesioni gravi contestato.

Avverso la sentenza di appello le imputate ricorrevano per Cassazione evidenziando fondamentalmente due motivi: in primo luogo come non fosse stata tenuta in adeguata considerazione da parte dei giudici di merito la gravissima situazione di carenza organizzativa e di organico in cui si trovava la struttura. Inoltre le condizioni di salute della signora sarebbero peggiorate in maniera repentina ed imprevedibile.

La questione

La questione sottoposta all'attenzione della suprema Corte riguarda principalmente la rilevanza nella valutazione della sussistenza nel nesso causale delle gravi carenze strutturali della struttura sanitaria. Nel caso di specie infatti le condotte colpose delle imputate si inserivano in una situazione di evidente inadeguatezza della struttura sia dal punto di vista della carenza di organico sia della gestione organizzativa della stessa.

Le soluzioni giuridiche

La suprema Corte nel caso sottoposto al suo esame viene chiamata a valutare la rilevanza penale della condotta addebitabile ad un'infermiera professionale e ad un'operatrice sanitaria entrambe dipendenti presso una residenza per anziani.

La Corte, rigettando entrambi i ricorsi proposti dalle imputate, si sofferma in primo luogo sulla circostanza, ritenuta pacifica, secondo la quale entrambe le imputate rivestivano nei confronti della persona offesa, ospite della struttura, una posizione di garanzia. Tutti gli operatori delle strutture sanitarie, tra cui anche le RSA, compresi gli infermieri e gli operatori sanitari sono ex lege portatori di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà di cui agli artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti/degenti di cui devono tutelare la salute contro qualsiasi pericolo che ne minacci l'integrità per tutta la durata del loro turno di lavoro.

Premesso quanto detto, la Corte analizza i due motivi sollevati nei ricorsi. Secondo quanto emerso nel corso dell'istruttoria, le condizioni della paziente erano peggiorate gradualmente nel corso dei venti giorni di ricovero con sintomi facilmente percepibili. Tra l'altro non si trattava di condizioni dovute all'evoluzione delle originarie patologie di cui già soffriva la signora al momento del ricovero presso la RSA, ma sorte durante la degenza presso la stessa struttura a causa della scarsa attenzione e cura da parte del personale.

Era, infatti, emerso che presso la struttura fosse compito delle infermiere occuparsi del controllo della presenza di eventuali piaghe da decubito dei pazienti nonché aiutare le operatrici sanitarie nella cura generale dei pazienti. Inoltre, le operatrici sanitarie erano tenute a segnalare verbalmente eventuali problematiche, annotandole a fine giornata nel quaderno delle consegne. Con riferimento, però, alla persona offesa, non risultava che fossero state segnalata al personale medico della struttura o al medico di fiducia alcuna problematica, né sarebbe stata riferita ai responsabili amministrativi alcuna lamentela circa le difficoltà di gestione dovute alla carenza di personale.

Le due imputate, in servizio una al mattino e una al pomeriggio, pertanto, non avevano prestato le dovute attenzioni alle condizioni della paziente, il cui progressivo peggioramento appariva evidente.

Sotto il diverso profilo evidenziato dalle ricorrenti, la Corte esclude che nel caso di specie possano aver rilevanza le gravi carenze strutturali della residenza per anziani seppur pacificamente riscontrate. Le indagate infatti rivestivano una posizione di garanzia nei confronti della persona offesa, pertanto non rilevano le eventuali condotte o fattori che si inneschino nel meccanismo causa determinato dalla loro condotta colposa. Ribadiscono infatti i giudici come, in base ad un principio consolidato, non possa essere invocato nel caso di specie il principio di affidamento da parte delle imputate che per prime hanno violato una regola precauzionale, posto che le carenze organizzative della struttura non rappresentavano una causa indipendente eccezionale ed imprevedibile tale da elidere il nesso causale e far quindi venir meno la loro responsabilità. “In caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità ed imprevedibilità.

Venivano pertanto dichiarati inammissibili i ricorsi e confermate le condanne per entrambe le imputate disposte con la sentenza d'appello.

Osservazioni

Nel caso di specie viene in rilievo la problematica della rilevanza delle carenze organizzative di una struttura sanitaria, o come nel caso in oggetto di una residenza per anziani, qualora si verifichino situazioni di malasanità.

In materia di responsabilità medica, in realtà, le carenze gestionali e/o organizzative non sono generalmente ritenute particolarmente rilevanti per ciò che riguarda la responsabilità penale; diverso invece in relazione alle ipotesi di responsabilità civile o amministrativa che vedano coinvolte oltre al singolo professionista anche la struttura stessa. Anzi, nell'ambito risarcitorio con la legge Gelli-Bianco è stata ampliata la responsabilità della struttura.

Nel settore penale, invece, l'attenzione dei giudici si concentra principalmente sulla condotta del sanitario e sulla sua rilevanza causale rispetto alle lesioni, o nei casi più gravi al decesso, causati al paziente. Vi sono, tuttavia, alcune pronunce in cui la suprema Corte ha ritenuto la situazione della struttura ospedaliera o, comunque, della casa di cura così grave da andare ad elidere il nesso causale della condotta, seppur colposa, del sanitario. Si tratta, però, per lo più di casi in cui le mancanze del nosocomio erano macroscopiche e comunque in nessun modo superabili dai medici coinvolti nella vicenda. In tal senso si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 46336/2014 in relazione ad un caso che vedeva imputati per omicidio colposo due medici, l'uno del pronto soccorso ortopedico e l'altro del pronto soccorso generale di un ospedale toscano. Nel corso dell'istruttoria infatti era emerso che sebbene entrambi i medici versassero in colpa, ossia risultava addebitabile alle loro condotte un ritardo nella corretta diagnosi, tuttavia non avrebbero potuto in alcun modo evitare l'evento morte dovuto alle gravi problematiche organizzative della struttura. Era infatti emerso che le mancanze dell'ospedale (assenza di strumentazione adeguata, di personale, di sale operatorie attrezzate) erano talmente gravi da andare ad elidere il nesso di causa tra la condotta dei medici e l'evento morte del paziente, così da parte ad una pronuncia assolutoria nei loro confronti.

Ad analoga conclusione era giunta la Cassazione nella pronuncia n. 49768/2019 che vedeva imputata per omicidio colposo un'infermiera per aver erroneamente somministrato ad un paziente insulina anziché eparina. I supremi giudici avevano assolto l'imputata poiché era stato provato che lo scambio dei flaconi delle due sostanze era stato dovuto ad un profilo organizzativo della struttura nella modalità di conservazione dei medicinali non ascrivibile all'imputata.

Come rilevato anche nella pronuncia in oggetto la posizione del personale sanitario nei confronti dei pazienti è pacificamente una posizione di garanzia. Pertanto, secondo l'orientamento ormai costante della giurisprudenza, nel valutare la sussistenza del nesso causale, l'eventuale presenza di concause può avere rilevanza solo se abbiano caratteristiche di eccezionalità tali da far venir meno la situazione di pericolo originariamente provocata o tali da modificare la pregressa situazione, a tal punto da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata. Diversamente, il sanitario che versi in colpa per aver violato una regola precauzionale non può invocare il principio di affidamento.

Nel caso di specie, infatti, seppure fossero pacifiche le carenze sia gestionali che di mancanza di personale della RSA ove era ospite la persona offesa, le stesse non sarebbero state tali da andare ad elidere il nesso di causa. Le gravi condizioni in cui si sarebbe trovata la persona offesa sarebbero state dovute unicamente al fatto che le imputate non avevano posto in essere le cure e le attenzioni dovute alla paziente, non avvedendosi o comunque non intervenendo a fronte di una situazione di progressivo peggioramento delle sue condizioni, evidente anche ai profani. Non solo, infatti, le imputate non avrebbero segnalato tale situazione ai medici della struttura o al medico curante della signora, ma in ogni caso non avrebbero manifestato nemmeno alcun tipo di problematica, nemmeno di difficoltà organizzativa stante la carenza di personale, all'amministrazione della casa di riposo.

Con ragionamento analogo la suprema Corte aveva mandato assolto un medico chirurgo per il reato di omicidio colposo di un paziente a cui era stato impiantato un apparecchio portatile telemetrico per il monitoraggio dell'attività cardiaca, poiché tale monitoraggio da parte della struttura sanitaria si era rivelato non funzionante. Nella sua pronuncia la Corte di Cassazione aveva tenuto conto della concreta ed oggettivamente difficile situazione in cui il medico si era trovato ad operare. Situazione, però, più volte inutilmente evidenziata alla dirigenza amministrativa.

Secondo la giurisprudenza, le carenze organizzative di una struttura possono pertanto rilevare nella valutazione del nesso di causa a fronte di una condotta colposa del sanitario solo se effettivamente le stesse siano tali da essere così gravi ed insuperabili da andare a rappresentare una causa sopravvenuta da sola sufficiente a causare l'evento.

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