Disciplina dei licenziamenti collettivi e normativa comunitaria
01 Luglio 2021
Con riferimento all'ipotesi di una trasformazione volontaria di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, la norma di cui al secondo comma dell'art. 1 del D.lgs. n. 23 del 2015 va disapplicata, in quanto si pone in contrasto con l'art. 4 della Direttiva comunitaria 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato: la norma regolamenta in modo differente sotto il profilo della disciplina dei licenziamenti collettivi per violazione dei criteri di scelta due lavoratori che hanno svolto le stesse mansioni solo perché uno dei due ha iniziato a lavorare prima del 7 marzo 2015 in forza di un contratto a termine.
Invero, l'art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione statuisce che “tutte le persone sono uguali davanti alla legge” intendendosi per “legge” il complesso di norme che caratterizzano il sistema normativo dell'Unione.
Il principio de quo deve, quindi, trovare piena applicazione con riferimento ai licenziamenti collettivi: i lavoratori che prestano attività in forza di identiche tipologie contrattuali vengono sottoposti allo stesso tempo ad una procedura selettiva nella quale rilevano professionalità omogenee e criteri oggettivi selettivi che trovano applicazione nella medesima azienda in una stessa frazione temporale.
Un fattore che deve essere considerato ai fini di assicurare un omogeneo trattamento è rappresentato, relativamente alla fattispecie rimessa al vaglio di questo Giudicante, dall'esigenza di ritenere che l'esperienza lavorativa di un lavoratore assunto con contratto di lavoro a termine non venga trattata in forma diversa rispetto ad un lavoratore assunto a tempo indeterminato.
Tale principio è espressamente sancito chiaramente dall'art. 4 della direttiva 99/70/CE. |