In tema di contumacia nel processo civile. Un confronto con il giudizio penaleFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 290
28 Luglio 2021
Il quadro normativo
La nozione di «contumacia» affonda le sue radici già nel diritto romano, al fine di designare la parte processuale assente senza motivo durante lo svolgimento del processo. Nei processi innanzi al princeps, come emerge dalle XII Tavole, «dare litem secundum praesentam», la presenza e la collaborazione delle parti si assumeva come fondamentale e l'eventuale assenza di una delle parti durante lo svolgimento ne decretava la perdita della lite per la parte non presentatasi, in termini di condanna automatica. Nella cognitio extra ordinem fino ai tempi dell'imperatore Adriano, il contumace perdeva in caso di assenza, mentre dall'epoca imperiale di Antonino Pio in poi, il sistema si evolse in termini più garantisti nelle ipotesi in cui la parte avesse avuto tutto l'interesse a comparire in giudizio, per evitare una missio in bona o una bonorum venditio. Il termine «contumacia» derivante dal verbo «contemno» appariva dunque evocativo di un concetto di disprezzo verso l'auctoritas. Il processo in contumacia nel giudizio civile rinviene la sua disciplina nel Capo VI, Titolo I, Libro II, agli artt. 290- 294 c.p.c. Trattasi di un istituto articolato, mediante la previsione di norme ad hoc che prendono in considerazione sia la parte processuale del convenuto, sia quella dell'attore, mediante disposizioni differenti. Non può trascurarsi che lo stesso è stato più volte oggetto di diverse rivisitazioni normative da parte del legislatore nel codice del 1942, tutte modifiche in cui è stato efficacemente realizzato un ideale bilanciamento tra gli opposti interessi delle parti processuali, attore e convenuto, e dove non è stata trascurata l'esigenza di permettere alla parte contumace la costituzione in giudizio anche tardiva, ma sempre entro l'udienza di precisazione delle conclusioni. La contumacia (dell'attore ovvero del convenuto) è un fenomeno solitamente ricondotto nell'alveo della mera inattività, ossia dell'inosservanza di un onere di impulso (In tema Giannozzi, op. cit., p. 112) e riflette così la scelta della parte di non collaborare con la giustizia senza alcun motivo, attraverso la rinunzia alla costituzione in giudizio e dunque mediante la non comparizione alla prima udienza di trattazione. Questo modus operandi del contumace presenta un significato neutro, in quanto non determina immediatamente l'estinzione del processo, che può proseguire e soprattutto non solleva l'altra parte dall'onere della prova dei fatti a fondamento della domanda. Certamente una scelta che si dimostra più conveniente rispetto all'onere di contestazione dei fatti vigente nell'ordinamento. Il legislatore ha codificato quest'ultimo principio con il novellato art. 115, comma 1, c.p.c., regola da cui emerge che i fatti non contestati dalle parti in giudizio devono essere posti a fondamento della decisione giudiziale. Nel caso di contumacia, differentemente, l'assenza della parte che ha omesso di costituirsi in giudizio, non dispensa l'altra parte dall'onere della prova dei fatti, che anzi dovranno essere da questa provati ed inoltre il contumace può sempre decidere di intervenire in giudizio in un momento successivo, accettando il processo nello stato in cui si trova. Ma tratto saliente che distingue la contumacia dalla generale non contestazione dei fatti, come messo in luce anche dalla Cassazione (Cass. civ., 29 marzo 2007, n. 7739, Cass. civ., 20 febbraio 2006, n. 3601) è la considerazione che tale istituto, al fine di essere rilevante per il convincimento del giudice, deve concorrere con altri elementi. Come già evidenziato, il Capo VI «Del procedimento in contumacia» delinea una disciplina completa che prende in considerazione sia la situazione di contumacia della parte attorea, sia quella del convenuto. Si ha dichiarazione di contumacia ex art. 171, comma 3, c.p.c., ove la parte processuale che ha proposto la domanda o che è stata regolarmente citata, non si costituisca in giudizio. Nel caso in cui tale provvedimento con natura dichiarativa venga omesso dal giudice, lo stesso dovrà procedere, se pur tardivamente e fino a quando sia possibile, all'applicazione delle norme sul processo contumaciale o alla declaratoria di nullità degli atti fino a quel momento compiuti; invece nell'ipotesi in cui la dichiarazione sussista ma in assenza dei presupposti, bisognerà procedere alla revoca della stessa, con efficacia ex tunc. La contumacia dell'attore viene disciplinata dall'art. 290 c.p.c., secondo cui, in caso di mancata costituzione dello stesso nel processo, il giudice, nel dichiarare la contumacia, può ordinare che il giudizio venga proseguito su richiesta della controparte oppure procede alla cancellazione della causa dal ruolo, determinando l'estinzione della stessa. Affinché il giudizio possa proseguire è necessaria un'espressa richiesta da parte del convenuto, ad esempio perché lo stesso vuole presentare il giudizio fatti in sua difesa. Ove difetti invece questa richiesta, il giudice dispone che la causa sia cancellata dal ruolo ed il processo si estingue ex art 307 c.p.c. La ratio della norma in commento è l'espressione della voluntas legis di consentire al convenuto, nella fase iniziale del procedimento, di scegliere se proseguire il giudizio o abbandonarlo. Tuttavia, tale fenomeno è piuttosto raro, in quanto poche volte il convenuto ha interesse a dare prosecuzione a un giudizio pur in assenza dell'attore, i rari casi sono solitamente originati da fatti che determinerebbero la cessazione della materia del contendere. Nelle ipotesi in cui vi siano più soggetti convenuti, l'istanza per la prosecuzione del giudizio dovrà essere proposta da tutti i soggetti nei confronti dei quali è stata proposta la domanda. La dottrina maggioritaria ritiene che, nei casi di proposizione di istanza da parte di un solo convenuto, in una situazione di litisconsorzio facoltativo, al giudice sarà concesso, sulla base di valutazioni di opportunità, di separare le cause, in modo che ognuna prosegua in maniera indipendente. Differentemente, in una situazione di litisconsorzio necessario, l'istanza di prosecuzione della causa potrà pervenire anche da un solo soggetto (in argomento, Tarzia, op. cit., p. 220 e Giannozzi, op. cit., p. 291). L'ipotesi di contumacia del convenuto viene è invece disciplinata dall'art. 291 c.p.c, il quale detta una norma di favore per tale parte processuale, al fine di salvaguardare il principio del contraddittorio in giudizio. Se il convenuto non si sia costituito in giudizio e dunque non abbia depositato in cancelleria, almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione o dieci giorni, nel caso di abbreviazione dei termini, il proprio fascicolo, la procura ed i documenti che offre in comunicazione e non si sia presentato alla prima udienza di trattazione, la dichiarazione di contumacia del giudice avverrà solo dopo una preventiva verifica. Infatti, prima di procedere a tale dichiarazione, sul giudice incombe l'onere di un attento controllo sulla regolarità dell'atto introduttivo del giudizio e sulla sua notificazione; come emerge dall'art. 291 c.p.c., e nel caso in cui venga rilevato un vizio, comportante la nullità della notificazione della citazione, scatta il potere sanante della norma in commento, in quanto il giudice fissa un termine perentorio per l'attore per la rinnovazione della citazione. Inoltre, detta rinnovazione impedisce ogni decadenza. Difetterà invece la rinnovazione e dunque il suo conseguente potere sanante, ove la mancata conoscenza del giudizio da parte del convenuto dipenda da caso fortuito o forza maggiore o nell'ipotesi in cui la notifica sia inesistente. In questo ultimo caso infatti l'inesistenza non determinerà un onere di rinnovazione, poiché il procedimento dovrà essere definito in rito. Le medesime regole, come evidenziato dalla Corte di cassazione in più pronunce, si applicheranno anche nel caso di giudizio di appello, in cui, ove venga rilevato un vizio di nullità della notifica e la Corte non lo rilevi d'ufficio, tale omissione rende nulli gli atti successivi e dunque anche la sentenza. E nel caso in cui sia stato proposto giudizio in cassazione, i giudici della Suprema Corte dovranno rinviare ai giudici di secondo grado la decisione al fine di riformarla (Cass. civ., 16 ottobre 2009, n. 22024, Cass. civ.,1 luglio 2008, n. 17951). Il giudice dovrà provvedere alla dichiarazione di contumacia del convenuto con ordinanza ex art. 171, ultimo comma, c.p.c., nel caso in cui il convenuto non si costituisca all'udienza nuovamente fissata. Se invece l'attore non esegue l'ordine di rinnovazione della citazione per il convenuto a seguito del vizio riscontrato, il giudice provvede alla cancellazione della causa dal ruolo, che determina l'estinzione così come previsto dall'art. 307, comma 3, c.p.c.. Nell'architettura normativa, emerge dunque il ruolo fondamentale del giudice rispetto alla mancata costituzione della parte in giudizio, in quanto la dichiarazione di contumacia ex art. 171 c.p.c. non è automatica, bensì conseguenza di un preventivo controllo dal quale emergono dei vizi. La doverosità della medesima verifica giudiziale rinviene la sua ratio proprio nel rispetto del principio del contraddittorio. Dal dettato degli artt. 3 e 111 Cost., risulta che, ai fini della realizzazione piena del principio del contraddittorio, che proietta l'intero processo su una dimensione di giustizia e di parità, è necessario e sufficiente che la controparte sia stata correttamente notiziata, mediante atto di notifica del procedimento promosso a suo carico e che la stessa parte possa efficacemente esercitare il suo diritto di difesa innanzi alle pretese avversarie, a prescindere dalla volontà di costituirsi in giudizio o meno. Da queste premessa emerge come la scelta di non volersi costituire in giudizio e dunque la contumacia, non si ricolleghi tanto alla volontà della parte di non collaborare. Per tali motivi la disciplina prevista dal legislatore in tema di contumacia non intacca in alcun modo il rispetto del principio del contraddittorio, la cui tutela viene anzi rafforzata mediante la verifica giudiziale ai fini di un processo che si professi «giusto» che ponga le parti in piena parità, senza alcun vulnus di tutela. Inoltre il legislatore ha dimostrato di ritagliare spazi di tutela per il contumace nel processo mediante la comunicazione di determinati atti previsti dalla legge. L'esigenza di questa comunicazione risiederebbe nel rispetto del principio del contraddittorio, ma non sono mancate voci dissonanti, che hanno addotto motivazioni differenti. Secondo parte della dottrina, la ratio del dovere di comunicazione di determinati atti al contumace discenderebbe dalla necessità di informarlo su eventuali mutamenti delle sue valutazioni, in quanto la scelta di non costituirsi in giudizio sarebbe compiuta a seguito di un ponderato esame sugli effetti della domanda o sulle difese dell'avversario, proprio per tali ragioni si tratterebbe di un «dovere di comunicazione» (Si veda Andrioli, op. cit., p. 296). Secondo altra parte invece, la comunicazione necessaria degli atti al contumace esprime la necessità di ripristinare una dimensione di equilibrio tra parti costituite e non, in cui sarebbe risultato estremamente lesivo per la parte costituita la previsione di un onere informativo nei confronti dell'altra (In argomento Brandi, op. cit., p. 467). L'art. 292 c.p.c prevede un elenco tassativo di atti da notificare al contumace: l'ordinanza che ammette l'interrogatorio o il giuramento, le comparse con nuove domande o domande riconvenzionali da chiunque proposte; tutti atti che devono essere notificati personalmente al contumace entro i termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza. In particolare, con l'onere di comunicazione al contumace dei primi due atti, che indicano mezzi istruttori, si vuole paventare il rischio di possibili effetti pregiudizievoli che possano incombere sulla parte stessa. Sul punto, non è mancato chi ha evidenziato l'iniquità di siffatta scelta rivolta solo ad alcuni mezzi istruttori piuttosto che ad altri, evidenziando come in realtà, i mezzi istruttori non abbiano alcuna incidenza sull'oggetto della lite (In argomento Luiso, op. cit., p. 223). La scelta invece di comunicazione delle nuove domande o delle domande riconvenzionali al contumace è da ricollegare alla loro incidenza in giudizio: tali domande riguardano direttamente il petitum della citazione, con l'effetto di ampliare l'oggetto del giudizio. Tutte le altre comparse si considerano invece comunicate mediante il loro deposito in cancelleria. Gli altri atti non sono invece soggetti né a notificazione, né a comunicazione, mentre le sentenze del giudizio vanno notificate personalmente alla parte contumace. Tuttavia, non è mancato chi, in dottrina, si è espresso a favore della comunicazione di ulteriori atti rispetto a quelli previsti ex lege, spezzando così la rigidità dello schema tassativo ex art. 292 c.p.c. e ritenendo la comunicazione necessaria ogni qual volta appaia funzionale alla piena affermazione del principio del contraddittorio (Sul punto Raganati, op. cit., p. 243). Sul tema, si ricorda l'intervento della Corte Costituzionale (Corte cost., 18 maggio, 1989, n. 317), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 art. 292 c.p.c. nella parte in cui non prevedeva la notifica al contumace del verbale in cui si dava atto di una sentenza non indicata in precedenti notifiche. A seguito di tale dictum, anche il medesimo verbale deve essere notificato personalmente alla parte contumace. Nel caso in cui i predetti atti non vengano notificati alla parte contumace il giudice dovrà dichiarare la nullità degli stessi. Come già evidenziato, la normativa sulla contumacia nel giudizio civile ricerca un equilibrio tra le differenti esigenze delle parti nel processo, garantendo al contumace la scelta di costituirsi anche tardivamente. L'art. 293 c.p.c. disciplina infatti la costituzione del contumace, anche se già sia intervenuta la dichiarazione ex art. 171, comma 3, c.p.c.. Il precedente codice contemplava l'opposizione contumaciale, che permetteva al contumace di costituirsi tardivamente, rappresentando un vero e proprio mezzo speciale di impugnazione tardiva a favore della parte non presentatasi in giudizio. Secondo la nuova disciplina, la parte dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento e dunque anche quando lo stesso sia già in stato avanzato, sino all'udienza di precisazione delle conclusioni (art. 293, comma 1, come novellato con l. 263/2005). La costituzione deve avvenire mediante deposito in cancelleria di comparsa, procura e documenti o in sede di udienza. Da tale momento, il contumace, a seguito di costituzione, ha la possibilità di disconoscere in giudizio, nella prima udienza o entro il termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte. Inoltre ai sensi dell'art. 294 c.p.c., il contumace, una volta costituitosi, può chiedere al giudice di essere ammesso a compiere attività che in realtà gli sarebbero precluse. Questa possibilità è tuttavia subordinata alla condizione che la parte dimostri al giudice che la mancata conoscenza del processo sia dipesa dalla nullità della citazione o della sua notificazione o che la sua costituzione sia stata impedita da causa a lui non imputabile. In quest'ultimo caso, per «fatti non imputabili» si considera il caso fortuito o forza maggiore e dunque i casi in cui difetti il nesso eziologico intercorrente tra una certa condotta ed un certo evento. Il giudice, prima di consentire l'ammissione delle medesime attività, valuta i fatti allegati e solo ove li ritenga verosimili, può richiedere la prova dell'impedimento e dunque con ordinanza procede alla rimessione in termini delle parti. Stesso meccanismo è previsto nell'ipotesi in cui il contumace decida di svolgere attività difensiva, nonostante il mancato consenso delle altre parti, e anche se tale attività determini un ritardo nella rimessione al collegio della causa che sia già matura per la decisione. La disposizione di cui all'art. 294 c.p.c. è stata definita «valvola di sicurezza del sistema» (Sul punto, Verde, op. cit., p. 250), in quanto la stessa garantisce la tutela del contumace costituitosi da eventuali pregiudizi, ove lo stesso risulti incolpevole. Infine, particolare e certamente complessa è l'ipotesi in cui si assista alla contumacia del convenuto e alla costituzione tardiva dell'attore. In questo caso, merita richiamo un recente dictum (Trib. Cassino, 21 giugno 2016, n. 867),secondo il quale, nel giudizio di primo grado, ove l'attore si costituisca dopo il termine fissato e contemporaneamente si verifichi la contumacia del convenuto, la causa va cancellata dal ruolo. Pertanto non sarà possibile far proseguire il giudizio, potendosi ipotizzare la sola riassunzione dello stesso. Dalla disciplina in commento emerge dunque la volontà legislativa di tutelare la parte contumace che si sia tardivamente costituita, concedendo alla medesima di svolgere attività essenziali per la sua difesa, anche quando le stesse possano rallentare l'esito del giudizio e solo a condizione che la parte non le abbia potute svolgere in precedenza per fatti non certamente imputabili a tale soggetto. Emerge una ratio pienamente di favore nei confronti del convenuto, che, nonostante la sua non volontà di comparire immediatamente in udienza, conserva il diritto di difesa, intramontabile perfino negli stadi più avanzati del processo, ma sempre nel pieno rispetto del principio del contraddittorio inter partes. Parallelismo con la disciplina del processo penale
Anche il processo penale è stato oggetto di molteplici modifiche normative in tema di mancata costituzione delle parti. L'ultima riforma in tema, ha perseguito l'obiettivo di realizzare una più stretta aderenza ai principi fondamentali e dunque al modello del giusto processo anche in materia di rito contumaciale. L'attuale disciplina infatti, non contempla più l'istituto della contumacia, bensì l'assenza dell'imputato, così come previsto dalla significativa riforma della legge delega n. 67/2014, intervenuta dopo una considerevole attesa. La riforma in commento ha investito il titolo IX del Codice di rito, mediante l'introduzione di nuove disposizioni e rappresenta anche l'accoglimento delle pressanti istanze sovranazionali della Corte Edu, a seguito delle ripetute violazioni dell'art. 6 CEDU da parte dell'Italia. Il nuovo modello proposto ha proceduto all'abolizione del processo in contumacia e alla introduzione del processo in absentia. Il nuovo art. 420-bis c.p.p. («Assenza dell'imputato») consente al giudice di proseguire il processo, ma solo ove sia provato che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e, nonostante ciò, abbia deciso di non prendere parte. Tale modifica rispetto al passato riflette la piena consapevolezza dell'imputato, condizione che funge da presupposto per la prosecuzione processuale: viene infatti richiesta la sua espressa rinuncia alla partecipazione al processo a suo carico, rappresentata dalla certezza della conoscenza del procedimento o dalla volontaria sottrazione allo stesso. Inoltre, il giudice potrà dare prosecuzione al processo quando l'imputato abbia dichiarato o eletto domicilio, ove sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare, nel caso in cui abbia nominato un difensore di fiducia e nell'ipotesi in cui abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza. Tutte condizioni volte a rimarcare l'avvenuta conoscenza di un procedimento pendente a proprio carico da parte dell'imputato. Differentemente, ai sensi dell'art. 420-ter c.p.p., il giudice non potrà far proseguire il giudizio in absentia, ove l'imputato, anche se detenuto, non si presenti in aula e venga provato che l'assenza sia dipesa da una totale impossibilità a comparire per caso fortuito o forza maggiore o altro legittimo impedimento. In questi casi, il giudice rinvia a nuova udienza, con nuovo avviso per l'imputato. Le stesse regole valgono in caso di «probabilità» che l'assenza sia dovuta alle medesime cause sopra citate, probabilità che sarà valutata dallo stesso giudice. Se l'imputato non si presenta alle successive udienze, il giudice procede al rinvio, anche d'ufficio, dell'udienza, fissando la nuova udienza con ordinanza e disponendo la notificazione all'imputato. Il comma 1 dell'art. 420-ter c.p.p. si applica anche ove ad assentarsi sia il difensore, quando vi sia legittimo impedimento dello stesso, prontamente comunicato, a meno che l'imputato non sia assistito da due difensori e soltanto uno abbia avuto un legittimo impedimento. Viene invece in considerazione l'istituto della sospensione del procedimento, al di fuori dei casi precedentemente descritti e dall'ipotesi di nullità della notifica, quando non sia possibile procedere alla notificazione personalmente ad opera della polizia giudiziaria. In questo caso il giudice sospende il procedimento con ordinanza, potendo solo assumere le prove non altrimenti rinviabili, mediante le modalità dibattimentali. Trascorso un anno dall'emissione di tale ordinanza, il giudice può disporre nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso, provvedendo a ogni scadenza annuale, al fine di rintracciare l'indirizzo dell'imputato. Viene revocata l'ordinanza di sospensione del procedimento, solo ove le precedenti ricerche abbiano avuto esito positivo, nel caso in cui l'imputato abbia nominato un nuovo difensore di fiducia o se sia stata provata con certezza l'effettiva conoscenza del procedimento da parte dell'imputato. In conclusione
Come emerge dal raffronto delle due discipline in tema di mancata presenza delle parti in giudizio, le regole sono state oggetto di continua attenzione da parte del legislatore in un'ottica di maggiore tutela delle parti. Chiaramente viene messa in luce la diversità delle regole tra il terreno processuale civile e quello penale; sarebbe invero impossibile pensare ad un'uniformità normativa per via dei diversi interessi in gioco e dei differenti beni giuridici lesi. Nonostante le diverse architetture normative, non può trascurarsi la costante voluntas legis di bilanciamento degli opposti interessi delle parti, sia nella disciplina civile, sia in quella penale, rispettando sempre la libera scelta delle parti ai fini della partecipazione al processo e consentendo loro di valutare anche una successiva scelta di comparire in giudizio, così come avviene nel giudizio civile con la costituzione tardiva del contumace. Nel processo penale, a seguito della riforma del 2014, tanto auspicata a livello sovranazionale dalla Corte Edu, emerge l'importanza della prova della consapevolezza della conoscenza dell'imputato di un procedimento a suo carico e dell'eventuale sua volontà di non prenderne parte. Solo a seguito di tale verifica, il giudice potrà procedere in absentia, secondo un dettato che certamente dimostra maggiore maturità nell'ottica delle dovute garanzie dell'imputato. Scelte, queste del legislatore, che si muovono nella comune ottica di una più pregnante realizzazione della dialettica delle parti in entrambi i campi processuali per la piena affermazione del principio del contraddittorio. Riferimenti
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