L'errore sulla durata irragionevole del giudizio presupposto può integrare reciproca soccombenza?

Franco Petrolati
29 Luglio 2021

In tema di equa riparazione per la durata irragionevole del processo è legittimamente ravvisabile dal giudice del merito una soccombenza reciproca agli effetti dell'art.92, comma 2, c.p.c. laddove la domanda risulti fondata nei limiti di una minor somma, rispetto a quella richiesta, in relazione all'accertamento di una durata irragionevole del giudizio presupposto minore rispetto a quella allegata.
Massima

In tema di equa riparazione per la durata irragionevole del processo è legittimamente ravvisabile dal giudice del merito una soccombenza reciproca agli effetti dell'art. 92, comma 2, c.p.c. laddove la domanda risulti fondata nei limiti di una minor somma, rispetto a quella richiesta, in relazione all'accertamento di una durata irragionevole del giudizio presupposto minore rispetto a quella allegata (pari a dieci anni invece che tredici).

Il caso

Una banca, insinuatasi nello stato passivo di un fallimento, richiede successivamente di essere indennizzata, per la violazione del termine di ragionevole durata della procedura concorsuale, in misura pari complessivamente ad € 7.200,00, assumendo una durata irragionevole di tredici anni. Il giudice designato respinge la domanda in quanto la banca non ottempera alla sollecitata integrazione documentale; in sede collegiale, a seguito dell'opposizione avverso il decreto del giudice monocratico, la Corte condanna il Ministero della Giustizia al pagamento di € 4.000,00 riconoscendo una durata irragionevole della procedura fallimentare nei limiti di dieci anni; compensa, tuttavia, le spese processuali in ragione sia della parziale soccombenza sia del comportamento omissivo della banca in ordine alla tempestiva e compiuta allegazione e prova degli elementi rilevanti per la decisione. La banca impugna per cassazione il capo relativo alla regolazione delle spese processuali.

La questione

In particolare, con l'unico motivo di ricorso la Banca deduce che nessuno degli argomenti esposti nell'impugnato decreto costituisce valida ragione per fondare la compensazione delle spese processuali, con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell'art .92, comma 2, c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

Il ricorso è dichiarato manifestamente infondato.

La Cassazione, investita del ricorso per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 92, comma 2, c.p.c., evidenzia, in primo luogo, che nel caso di specie trova applicazione ratione temporis la norma risultante dalla novella di cui al d.l. 132/2014 conv. in l. 162/2014 (art. 13, comma 1) e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77/2018: la compensazione delle spese processuali è, quindi, ammissibile, oltre che per soccombenza reciproca, solo per l'assoluta novità della questione trattata o il sopravvenuto mutamento della giurisprudenza sui profili dirimenti ovvero per altre sopravvenienze foriere di assoluta incertezza, dotata di analoghe gravità ed eccezionalità.

In tema di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, poi, la Corte riconosce che secondo un consolidato orientamento di legittimità la riduzione dell'indennizzo, rispetto a quanto richiesto, per l'applicazione di un moltiplicatore annuo minore di quello invocato dal ricorrente, non integra una ipotesi di accoglimento parziale della domanda suscettibile di giustificare la compensazione delle spese processuali, in quanto la parte, nell'indicare la somma pretesa a titolo di danno non patrimoniale, non formula propriamente il petitum della domanda ma si limita a sollecitare il potere officioso di valutazione che compete autonomamente al giudice esercitare, in difetto di coefficienti predeterminati ex lege per la stima del pregiudizio.

Tuttavia nel caso di specie la riduzione dell'indennizzo è giustificata anche dalla limitazione del periodo eccedente la durata ragionevole del giudizio presupposto - stimato in dieci e non, come allegato dalla ricorrente, in tredici anni - con conseguente legittima configurazione di una reciproca soccombenza ai fini della compensazione delle spese processuali ex art. 92, comma 2, c.p.c., fondata su una valutazione discrezionale del principio di causalità, come si riscontra in ogni altro caso di accoglimento della domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro per un importo inferiore a quello richiesto.

La reciproca soccombenza è, inoltre, ritenuta ragione autonoma e dirimente per giustificare la compensazione degli oneri processuali, restando così assorbite le critiche alle ulteriori motivazioni adottate dalla corte di merito per la disposta compensazione, vale a dire alla effettiva integrazione di “gravi ed eccezionali ragioni” con riguardo alle rilevate carenze di allegazione e prova dei fatti oggetto della domanda.

Osservazioni

Il principio di diritto affermato si fonda sul presupposto implicito che il periodo eccedente il termine di ragionevole durata del processo sia – a differenza del c.d. moltiplicatore annuo – sufficientemente predeterminato o, comunque, predeterminabile ex lege avuto riguardo ai parametri temporali indicati all'art.2 l. 89/2001, così come successivamente novellato dal d.l. 83/2012 conv. in l. 134/2012, dalla l. 208/2015 ed emendato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 184/15 (per il processo penale) e n. 36/2016 (per il procedimento di equa riparazione); così per la procedura fallimentare il termine «ragionevole» ex lege è pari a sei anni.

L'indennizzo da liquidare a titolo di equa riparazione è, invece, previsto dall'art.2-bis l. 89/2001 – così come novellato dai citati d.l. 83/2012 e l. 208/2016 – in una misura da determinare, entro gli indicati limiti minimi e massimi, comunque commisurata alla durata irragionevole del giudizio presupposto «per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi» (di qui la denominazione di moltiplicatore annuo); nell'ambito del range minimo/massimo l'accertamento del quantum da riconoscere per ogni anno di durata irragionevole è, quindi, rimessa alla valutazione in concreto del giudice del merito.

Si comprende, quindi, che la determinazione del valore del c.d. moltiplicatore annuo rientri in linea di principio nel potere-dovere spettante al giudicante (iura novit curia) e non nell'onere, gravante sulla parte, della formulazione degli elementi costitutivi del diritto azionato, con conseguente esclusione di una effettiva soccombenza ove il valore allegato risulti, all'esito del giudizio, ridotto nell'ammontare.

Diverso è, invece, il ruolo della delimitazione del periodo del giudizio presupposto eccedente il termine ragionevole di durata: i parametri legali di durata ragionevole sono, infatti, ritenuti idoneamente predeterminati e, quindi, è congrua la configurazione di un onere di allegazione a carico di chi invochi il diritto all'equa riparazione, con conseguente assunzione del rischio di soccombenza in caso di deduzione, anche solo in parte, infondata.

Riferimenti

In termini del tutto conformi alla sentenza annotata, Cass.civ., sez. VI-II, 21 luglio 2020, n. 15500 e Cass. civ., sez. VII-II, 21 luglio 2020, n. 15499.

L'orientamento che nega rilievo al valore del moltiplicatore annuo applicato dal giudice ai fini dell'integrazione della parziale soccombenza è rinvenibile in Cass. civ., sez. VI-II, 30 luglio 2020, n. 16326; Cass. civ., sez. VI – II, 11 settembre 2018, n. 22021; Cass. civ., sez. VI-II, 19 dicembre 2016, n. 26235; Cass. civ., sez. VI-II, 16 luglio 2015, n. 14976. Nel senso, tuttavia, che in generale una notevole differenza fra il «quantum» richiesto e quello ottenuto a titolo di equa riparazione possa comunque assurgere a sintomo di quelle «gravi ed eccezionali ragioni» che giustificano, ad altro titolo, la compensazione totale o parziale, Cass. civ., n. 22021/18 cit.; ove la compensazione parziale, per metà, delle spese processuali è stata confermata in relazione ad un indennizzo riconosciuto nei limiti di € 4.277,00 a fronte della richiesta di € 13.000,00 ed è stata, altresì, ritenuta conforme al medesimo parametro delle «gravi ed eccezionali ragioni», quale clausola generale applicabile a situazioni non predeterminabili, anche l'ulteriore motivazione, adottata dalla corte di merito, avuto riguardo alla proposizione di plurime domande di equa riparazione, con identico patrocinio legale, ad opera di più soggetti, che hanno unitariamente agito nel processo presupposto, «senza che emerga alcun interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni processuali».

Per l'orientamento consolidato, più in generale, sull'integrazione del presupposto della reciproca soccombenza, nel senso che «sottende - anche in relazione al principio di causalità - una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ovvero anche l'accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell'accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo», Cass. civ., sez. VI-III, 21 gennaio 2020, n. 1268; Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2018, n. 20888; Cass. civ., sez. I, 24 aprile 2018, n. 10113; Cass. civ., sez. VI-II, 23 settembre 2013, n. 21684; Cass. civ., sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381.

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