Giudizio in Cassazione: il contributo unificato di iscrizione a ruolo deve essere versato con PagoPA?

Nicola Gargano
30 Agosto 2021

Nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, il contributo unificato di iscrizione a ruolo e la marca da bollo devono essere obbligatoriamente versati con il sistema PagoPA?

Nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, il contributo unificato di iscrizione a ruolo e la marca da bollo devono essere obbligatoriamente versati con il sistema PagoPA?

La stessa norma che ha introdotto la facoltà del deposito telematico in Cassazione prevede, fino al 31 dicembre 2021, che «gli obblighi di pagamento del contributo unificato previsto dall'art. 14 del testo unico di cui al d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nonché l'anticipazione forfettaria di cui all'articolo 30 del medesimo testo unico, connessi al deposito telematico degli atti di costituzione in giudizio presso la Corte di cassazione, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica prevista dall'art. 5, comma 2, del codice di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82».

Ebbene, tale piattaforma tecnologica è da intendersi quella raggiungibile mediante autenticazione a mezzo firma digitale (smart card o token usb) o Spid dal Portale dei Servizi Telematici, ovvero PagoPA.

A parere di chi scrive non rientra tra tali modalità il pagamento tramite modello F23 e, pertanto, non sarà possibile utilizzarlo alla stregua della scansione delle marche lottomatica. Tuttavia, la Suprema Corte, con la recente ordinanza n. 5372/2020, e richiamando l'interpretazione offerta dal Ministero della Giustizia, con nota del 4 settembre 2017, n. 164259, ha formalmente stabilito come l'atto telematico non sia comunque irricevibile in caso di irregolarità fiscali, rendendo di fatto possibile l'iscrizione a ruolo telematica, in questo periodo transitorio, pagando il contributo unificato con strumenti tradizionali.

Il medesimo orientamento è stato altresì confermato dagli Ermellini con l'ordinanza n. 9664 del 26 maggio 2020 che, oltre a richiamare la nota ministeriale sopracitata, e pur richiamando l'art. 285 T.U. che contempla il rifiuto, da parte del cancelliere, degli atti non in regola dal punto di vista fiscale – con particolare riguardo alla marca da bollo da € 27,00 – ritiene che la

sanzione della irricevibilità non si possa applicare ai depositi telematici.

Infatti, sempre la Suprema Corte, nel richiamare l'art. 16-bis, comma 7, del d.l. n. 179/2012 – ove si prevede che «il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia» – ha ritenuto che, il perfezionamento del deposito non lascerebbe alcuno spazio al rifiuto dell'atto da parte della cancelleria per irregolarità fiscali. Peraltro, la stessa norma, non prevede alcuna sanzione legata all'obbligatorietà del pagamento telematico.