Sospensione necessaria e sospensione facoltativa
27 Settembre 2021
Massima
Salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (e, se sia stata disposta, è possibile proporre subito istanza di prosecuzione in virtù dell'art. 297 c.p.c., il cui conseguente provvedimento giudiziale è assoggettabile a regolamento necessario di competenza), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell'art. 336, comma 2, c.p.c. Il caso
Con l'ordinanza 13 gennaio 2021, n. 8101 la Sezione IV della Corte di Cassazione rimetteva al Primo Presidente della Suprema Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite una questione di massima ritenuta di particolare importanza; la Sezione IV riscontrava l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine all'interpretazione dell'endiadi composta dagli artt. 295 e 297 c.p.c. In particolare il contrasto verte sull'obbligatorietà o meno delle parti di attendere il passaggio in giudicato della sentenza che definisce la causa pregiudicante per presentare l'istanza per la prosecuzione del processo sospeso. La risposta a questa domanda presuppone una differente impostazione dell'istituto della sospensione necessaria, come limitata fino alla conclusione del primo grado di giudizio ovvero protratta fino al passaggio in giudicato della sentenza sulla questione pregiudicante. La questione
Tre sono le questioni sottoposte alle Sezioni Unite. In primo luogo se sia esperibile o meno regolamento di competenza avverso l'ordinanza che rigetta l'istanza di fissazione dell'udienza per la prosecuzione del giudizio sospeso. La seconda questione, quella che impegna di più le Sezioni Unite, riguarda i limiti oggettivi e temporali della sospensione necessaria (artt. 295 e 297 c.p.c.). Strettamente connessa con la seconda questione è la terza, che riguarda l'oggetto e la funzione della sospensione facoltativa prevista dall'art. 337, comma 2 c.p.c. Le soluzioni giuridiche
Sulla prima questione, le Sezioni Unite abbracciano l'impostazione della precedente Cass. civ., 13 dicembre 2013 n. 27958; quest'ultima pronuncia ha ammesso l'impugnabilità con regolamento di competenza necessario del provvedimento che abbia respinto l'istanza di fissazione dell'udienza, in virtù di un'interpretazione estensiva dell'art. 42 c.p.c. Questa operazione è giustificata dalla necessità di reagire contro «un'abnorme quiescenza del processo», non più dovuta all'esigenza di un accertamento pregiudiziale ed in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost. La seconda questione è il fulcro del contrasto giurisprudenziale messo in luce dall'ordinanza di rimessione; su di essa le Sezioni Unite spendono la maggior parte delle loro pagine. In ordine ad essa vi sono una serie di pronunce della Cassazione che possono racchiudersi in due orientamenti. L'orientamento più restrittivo viene ben rappresentato da due sentenze: le Cass. civ., sez. un., 19 giugno 2012, n. 10027 e Cass. civ., sez. un., 26 luglio 2004, n. 14060; quest'ultima sentenza costituisce l'antecedente che viene richiamato dalle stesse Sezioni Unite n. 10027/2012. Secondo le Sezioni Unite n. 10027/2012 la sospensione necessaria dovrebbe essere disposta quando ricorrano queste tre condizioni: 1) «la rilevazione del rapporto di dipendenza che si effettua ponendo a raffronto gli elementi fondanti delle due cause, quella pregiudicante e quella in tesi pregiudicata»; 2) «la conseguente necessità che i fatti siano conosciuti e giudicati, secondo diritto, nello stesso modo»; 3) «lo stato di incertezza in cui il giudizio su quei fatti versa, perché controversi tra le parti». Nella contemporanea presenza di questi tre presupposti, la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. consentirebbe di evitare il rischio «della duplicazione dell'attività di cognizione nei due processi pendenti». Tuttavia, «salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 c.p.c., come si trae dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 c.p.c.: il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado» (così anche le successive: Cass. civ., 20 novembre 2013, n. 26104; Id., 24 giugno 2014, n. 14274). Questa impostazione non verrebbe ostacolata neppure dal disposto dell'art. 297 c.p.c., da coordinare con l'art. 295 nel senso che, il primo non dispone fino a quando il giudizio debba essere sospeso, ma l'inizio del decorso del termine ultimo (tre mesi dal passaggio in giudicato) entro il giudizio sospeso deve essere riassunto, a pena di estinzione (così Corte cost., 3 marzo 1970, n. 34). Questa interpretazione evolutiva degli artt. 295 e 297 sarebbe giustificata dal nuovo trend legislativo, che proverebbe il disfavore per l'istituto della sospensione necessaria «prolungata», ad esempio: il ridimensionamento della pregiudizialità penale; la modifica dell'art. 42 c.p.c. con l'estensione del regolamento necessario di competenza all'intera area dei provvedimenti applicativi della sospensione del processo; la modifica dell'art. 111 Cost. (Cass civ., 26 luglio 2004, n.14060); la limitazione (prima prevista) della sospensione necessaria per pregiudizialità nel processo tributario d. lgs. 546/1992, ex art. 39; - l'esclusione della sospensione nel caso di controversie relative ai rapporti di lavoro con le PP.AA. davanti al giudice ordinario, nel caso di impugnazione di provvedimenti amministrativi presupposti (d. lgs. 29/1993, art. 68 come modificato dal d. lgs. 80/1998, prima della sostituzione con il d. lgs. 165/2001) Se, poi, la sentenza di primo grado dovesse essere impugnata, spetterà al giudice della causa pregiudicata valutare se sospendere il giudizio ex art. 337, comma 2, c.p.c. prendendo in considerazione la fondatezza delle ragioni poste alla base dell'impugnazione (Cass. civ., 26 luglio 2004, n.14060, quest'ultima pronuncia si occupa in particolare del rapporto tra sentenza sull' «an» e giudizio sul «quantum», rilevando che non sussisterebbe il pericolo di conflitto tra giudicati neppure nel caso in cui il giudice dell'impugnazione non sospendesse, perché in tal caso soccorrerebbe l'art. 336, comma 2). Dopo le Sezioni Unite del 2012, si sono formati due filoni giurisprudenziali Il primo si è conformato al disposto della Sezioni Unite n. 10027/2012 (Cass. civ., 18 marzo 2014, n.6207; Cass. civ., 3 novembre 2017, n. 26251; Cass. civ., 4 gennaio 2019, n. 80): si limita la sospensione necessaria fino al passaggio in giudicato della sentenza pregiudicante solo ai casi in cui sia imposto da un'esplicita norma di legge (Cass. civ., 7 settembre 2012 n. 15053; così G. Trisorio Liuzzi, La sospensione del processo civile di cognizione, Bari, 1987). Il secondo orientamento, invece, sembra tornare all'interpretazione tradizionale dell'istituto, secondo la quale la sospensione necessaria va protratta fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza sulla causa pregiudicante. Questa giurisprudenza rimarca che la sospensione del processo ex art. 337, comma 2, c.p.c., è solo facoltativa, perché può essere disposta in presenza di un rapporto di pregiudizialità in senso lato tra cause, senza che la statuizione assunta nella prima abbia effetto di giudicato nella seconda, né richiede che le parti dei due giudizi siano identiche, mentre quella disciplinata dall'art. 295 c.p.c. è sempre necessaria, essendo finalizzata ad evitare il contrasto tra giudicati nei casi di pregiudizialità in senso stretto e presuppone, altresì, secondo una pronuncia recente, l'identità delle parti dei procedimenti (Cass. civ., 25 agosto 2020, n. 17623). Questa corrente giurisprudenziale ha limitato la sospensione necessaria ai fenomeni di cosiddetta pregiudizialità tecnica, non logica (Cass. civ., 24 settembre 2013 n. 21794; Cass. civ., 16 marzo 2016, n. 5229; Cass. civ., 15 maggio 2019, n. 12999. In dottrina vedi: G. Trisorio Liuzzi, La sospensione, cit., 558 ss F. Cipriani, Sospensione del processo (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, XXX, 1993) ovvero al caso in cui il rapporto pregiudicante sia un elemento costitutivo del rapporto pregiudicato e l'accertamento dell'elemento costitutivo – pregiudicante sia richiesto con efficacia di giudicato per il conseguente accertamento della fattispecie pregiudicata (Cass. civ., 24 settembre 2013 n. 21794). Su questo stato della giurisprudenza di Cassazione sono intervenute le Sezioni Unite. Esse aderiscono alla impostazione delle precedenti Sezioni Unite n. 10027/2012. La loro ricostruzione avrebbe cercato di coordinare il disposto dell'art. 295 c.p.c. con le norme e i principi che hanno portato ad una nuova impostazione del sistema processualcivilistico in generale, implicante la necessaria valorizzazione di un'interpretazione costituzionalmente orientata, come imposta dalla diretta applicazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 111 commi 1 e 2, Cost. Finito il giudizio di primo grado si potrebbe comunque fare conto sulla forza della sentenza di primo grado ed in caso di impugnazione si potrebbe ricorrere alla sospensione facoltativa prevista dall'art. 337, comma 2. In quest'ultimo caso la valutazione prognostica del giudice potrebbe essere ancor più precisa, grazie ad istituti quale il filtro in appello. Tale sospensione, ovviamente, non può essere obbligatoria, ma deve essere lasciata alla discrezionalità del giudice, che valuta le particolarità del caso concreto Essendo tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza pregiudicante il termine ultimo per riassumere il giudizio sospeso, verrebbe lasciata alle parti la scelta se riassumere subito il giudizio pregiudicato, valendosi dell'autorità della sentenza di primo grado ovvero attendere il giudicato. Né si potrebbe temere un contrasto tra giudicati nel caso in cui la causa pregiudicata sia stata decisa in base ad una sentenza poi riformata: l'art. 336, comma 2, infatti, si dovrebbe applicare anche ai casi di pregiudizialità tecnica, con conseguente caducazione della sentenza sul rapporto pregiudicato se in contrasto con la sentenza definitiva sul rapporto pregiudicante. L'art. 336, comma 2, in buona sostanza, verrebbe ad assumere il ruolo di «valvola di sicurezza» che ristabilirebbe, pur ex post, l'armonia tra giudicati. Questa impostazione, secondo le Sezioni Unite, consentirebbe di coordinare l'esigenza di celerità del processo con quella di assicurare un'equilibrata efficienza all'amministrazione della giustizia nel suo complesso. Osservazioni
Con tre sentenze le Sezioni Unite hanno sostanzialmente ridisegnato l'istituto della sospensione necessaria, come è già accaduto con disciplina del difetto di giurisdizione ex art. 37 c.p.c. (Cass civ., sez. un., 31 ottobre 2008, n. 26296) e del regolamento di giurisdizione di cui all'art. 41 c.p.c. (da ultimo Cass. civ., Sez. Un., 28 maggio 2020, n. 10083). Secondo la concezione tradizionale, l'istituto della sospensione necessaria dovrebbe evitare il contrasto tra giudicati ove ci siano due cause connesse per pregiudizialità, nella versione più restrittiva, tecnica, che pendano davanti due giudici differenti. L'ordinamento giuridico predispone gli strumenti perché queste cause si svolgano nel medesimo procedimento (artt. 34, 40 e 274 c.p.c.). Questa è l'ipotesi migliore, ma dove non possa avvenire, dovrebbe soccorrere l'istituto della sospensione necessaria. Dal momento che si tratta di due differenti procedimenti aventi ad oggetto due diversi rapporti giuridici, per evitare che il giudicato sulla causa pregiudicata sia in contrasto con il giudicato sulla causa pregiudicante, la sospensione dovrebbe protrarsi fino a quest'ultimo evento, come sembrerebbe arguirsi dalla lettera dell'art. 297 c.p.c. Né dovrebbero esserci distinzioni a seconda che l'accertamento con efficacia di giudicato sia richiesto dalla parte o dalla legge, perché nulla dice sul punto l'art. 295 c.p.c. Altra questione è se la sospensione necessaria debba essere limitata ai casi in cui la causa pregiudicante si stia svolgendo tra una parte ed un terzo: in questo caso si dovrebbe consentire la sospensione necessaria della causa pregiudicante in tutte le ipotesi in cui alla parte sarebbe data la chiamata in causa del terzo, che non può avvenire perché già pende un giudizio tra loro. Anche in questo caso la sospensione necessaria supplisce alla possibilità di svolgere un processo simultaneo su cause dipendenti, purché ci sia però un'esplicita istanza di parte in proposito. L'istituto della sospensione facoltativa di cui all'art. 337, comma 2 non si scontrerebbe con quello della sospensione necessaria di cui all'art. 295, perché esso ha una portata più ampia. L'art. 337, comma 2 parla di autorità della sentenza che viene invocato in un differente processo: si potrebbe trattare di due cause non legate da pregiudizialità dipendenza, ma che trattano semplicemente questioni giuridiche simili; di casi di pregiudizialità logica; di ipotesi di pregiudizialità tecnica, quando la sospensione necessaria non sia stata disposta dal giudice di primo grado. La nuova impostazione dell'istituto della sospensione necessaria nelle intenzioni della Cassazione avrebbe il vantaggio di evitare i tempi morti, di avere processi rispondenti al principio di ragionevole durata, purché le parti lo vogliano: infatti, ad esse verrebbe lasciata la scelta di proseguire il processo sospeso dopo la sentenza di primo grado sulla causa pregiudicante, piuttosto che battere la strada della prudenza ed attendere il giudicato. Ad invogliare le parti alla prosecuzione vi dovrebbero essere due fattori: la possibilità della sospensione facoltativa in caso di impugnazione; la «valvola di sicurezza» costituita dal fenomeno dell'effetto espansivo esterno, di cui all'art. 336, comma 2 c.p.c. in caso di contrasto tra giudicati. È proprio quest'ultima affermazione a non convincere. Se la sentenza sulla causa pregiudicata non dovesse essere ancora passata in giudicato, nel momento in cui venisse riformata la sentenza sulla causa pregiudicante, potrebbe essere impugnata e riformata anch'essa. Se dovesse essere passata in giudicato, però, non potrebbe essere travolta per effetto dell'art. 336, comma 2. Infatti, è stato osservato che il giudicato è di regola intangibile ed in quanto tale potrebbe venir meno solo nei casi espressamente previsti dalla legge (A. Cerino Canova, L'effetto espansivo della riforma della cassazione o della riforma sulle pronunce di altri processi, nota critica a Cass. civ., 24 febbraio 1975, n. 678, in Riv. dir. proc., 1975, 465). Tale disposizione riguarda, piuttosto, atti e provvedimenti dipendenti appartenenti allo stesso processo della sentenza riformata o cassata (E.T. Liebman, Una lacuna nell'art. 395 cod. proc. civ.?, in Riv. dir. proc., 1959, 175). Ad accettare, comunque, l'impostazione delle Sezioni Unite, vi sarebbe il rischio di svolgere attività giurisdizionale inutilmente, per non attendere i tempi del giudicato: infatti, travolta la sentenza dipendente per effetto dell'art. 336, comma 2 c.p.c., il processo sarebbe tutto da rifare. Riferimenti
Precedenti conformi e difformi: A favore dell'interpretazione che limita la sospensione del processo fino alla pronuncia della sentenza di primo grado nella causa pregiudicante: Cass. civ., sez. un., 26 luglio 2004, n.14060; Cass. civ., sez. un., 19 giugno 2012, n. 10027; Cass. civ., 7 settembre 2012 n. 15053; Cass. civ., 20 novembre 2013, n. 26104; Cass. civ., 24 giugno 2014, n. 14274; Cass. civ., 18 marzo 2014, n. 6207; Cass. civ., 3 novembre 2017, n. 26251; Cass civ., 4 gennaio 2019, n.80. A favore dell'interpretazione che prolunga la sospensione del processo fino al passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nella causa pregiudicante: Cass civ., 24 settembre 2013 n. 21794; Cassx. civ., 16 marzo 2016, n. 5229; Cass. civ., 15 maggio 2019, n. 12999; Cass. civ., 25 agosto 2020 n. 17623.
In dottrina:
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