Sospetto che dal pc aziendale del lavoratore sia partito un virus: lecito per il datore effettuare un controllo

Fonte:
La Redazione
27 Settembre 2021

Consentiti i controlli tecnologici da parte del datore di lavoro per la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o a evitare comportamenti illeciti, in presenza di un sospetto fondato di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra l'esigenza di protezione di beni e/o interessi aziendali e la libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore.

Consentiti i controlli tecnologici da parte del datore di lavoro per la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o a evitare comportamenti illeciti, in presenza di un sospetto fondato di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra l'esigenza di protezione di beni e/o interessi aziendali e la libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore.

Una lavoratrice impugnava dinanzi al Tribunale capitolino il licenziamento per giusta causa intimatole dalla Fondazione presso la quale lavorava chiedendo che ne fosse accertata l'illegittimità.

La vicenda. Era accaduto che, in seguito all'accertamento della diffusione di un virus nella rete aziendale, l'amministrazione del sistema informatico della Fondazione aveva eseguito l'accesso sul pc della lavoratrice, notando che nella cartella di download del disco fisso era presente un file scaricato che aveva propagato il virus che, partito da quel pc, aveva iniziato a propagarsi in tutta la rete, criptando i file all'interno dei vari dischi di rete aziendale, rendendo gli stessi illeggibili e inutilizzabili. Venivano in rilievo numerosi accessi da parte della lavoratrice a siti extra lavorativi per un tempo prolungato, tale da integrare una sostanziale interruzione della prestazione lavorativa.

Per il Tribunale e la Corte d'Appello non vi era stata violazione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, essendo necessario il controllo del computer aziendale della lavoratrice per verificare l'origine del virus che aveva infettato l'intera rete aziendale.

La lavoratrice così ricorre in Cassazione.

I controlli da parte del datore di lavoro. Sul punto i Supremi Giudici affermano che sono consentiti i controlli tecnologici da parte del datore di lavoro per la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o a evitare comportamenti illeciti, in presenza di un sospetto fondato di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra l'esigenza di protezione di beni e/o interessi aziendali, correlata alla libertà di iniziativa economica, «rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all'insorgere del sospetto». Non ricorrendo tali condizioni, quindi, la verifica dell'utilizzabilità ai fini disciplinari dei dati raccolti dal datore andrà condotta alla stregua dell'art. 4, commi 2 e 3, l. n. 300/1970.

Sulla base di questo, la Corte accoglie il ricorso della lavoratrice.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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