Processo del lavoro: nel ricorso deve essere indicato l'avvertimento sulle decadenze conseguenti alla costituzione tardiva del resistente?

Cesare Trapuzzano
30 Settembre 2021

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., degli artt. 415 e 416 c.p.c., nella parte in cui non prevedono che, per effetto della notifica al convenuto del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, questi sia avvertito dei termini di maturazione delle decadenze processuali ai sensi dell'art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c.
Massima

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., degli artt. 415 e 416 c.p.c., nella parte in cui non prevedono che, per effetto della notifica al convenuto del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, questi sia avvertito dei termini di maturazione delle decadenze processuali ai sensi dell'art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c., non comportando tale mancata previsione alcuna lesione del diritto di difesa o del giusto processo, anche in considerazione di quanto affermato dalla Corte costituzionale (nelle pronunce n. 65/1980 e n. 191/1999), rientrando nell'ampia discrezionalità del legislatore la regolazione degli istituti processuali, fatto salvo il limite della palese irrazionalità o dell'arbitrio.

Il caso

In entrambi i gradi di merito del giudizio civile instaurato è stata accolta la domanda atta ad ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto di affitto agrario proposta dal concedente, con la conseguente condanna del resistente affittuario al pagamento dei canoni insoluti e al rilascio dei terreni.

Per converso, a fronte della costituzione in giudizio del convenuto solo alla prima udienza, è stata respinta l'eccezione di nullità del decreto di fissazione di detta udienza per carenza dell'avvertimento sulla maturazione delle decadenze processuali e, conseguentemente, è stata dichiarata la tardività delle eccezioni sollevate, inerenti alla sopravvenuta impossibilità di esecuzione della prestazione e alla prescrizione del diritto al pagamento dei canoni.

Contro la sentenza della Corte d'appello è stato spiegato ricorso in cassazione, affidato a due motivi. Con il primo motivo è stata lamentata, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 415,416,163, terzo comma, n. 7), e 164 c.p.c., nonché degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e dell'art. 6 della CEDU. Con il secondo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni di cui al primo motivo.

La questione

Nella commentata ordinanza la Corte di cassazione ha affrontato l'aspetto processuale relativo all'integrazione di una causa di nullità del ricorso ovvero del decreto di fissazione dell'udienza introduttivo di una causa di lavoro (ovvero di una controversia agraria) allorché né il ricorso né il decreto di fissazione dell'udienza di discussione contengano l'avvertimento richiesto dall'art. 163, terzo comma, n. 7), c.p.c. per il rito ordinario sulla maturazione delle decadenze di legge per proporre domande riconvenzionali e chiamate di terzo ovvero per sollevare eccezioni processuali o di merito non rilevabili d'ufficio.

In base alle censure svolte dal ricorrente, la notifica del ricorso e del relativo decreto di fissazione dell'udienza, non contenendo l'avvertimento sulla maturazione delle decadenze conseguenti alla costituzione tardiva – invito, invece, previsto dall'art. 163, terzo comma, n. 7), c.p.c. –, sarebbe nulla, con conseguente nullità della sentenza, sussistendo la violazione del diritto di difesa e sulla pienezza del contraddittorio. Il convenuto, infatti, non sarebbe messo, in tal modo, in condizione di esercitare pienamente il suo diritto di difesa.

Sussisterebbe, perciò, anche l'illegittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 c.p.c., questione sulla quale – ad avviso del resistente – la Corte costituzionale non si sarebbe in realtà pronunciata, perché i provvedimenti indicati dalla Corte d'appello non hanno scrutinato la questione anche in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., ma solo in riferimento all'art. 3.

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza n. 18718/2021, la Corte di cassazione ha disatteso entrambi i motivi di ricorso, trattati congiuntamente.

All'uopo, sono stati richiamati gli interventi della Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di pronunciarsi in argomento con la sentenza n. 65/1980 e con l'ordinanza n. 191/1999. Quest'ultima, in particolare, ha dichiarato manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 c.p.c., nella parte in cui non prevedono (diversamente da quanto stabilito per l'ordinario giudizio di cognizione) l'invito al convenuto a costituirsi nei termini di legge, con l'espresso avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini importa la decadenza dalle eventuali domande riconvenzionali e dalle chiamate di terzo in causa, in quanto le caratteristiche strutturali e procedimentali che distinguono il rito ordinario e quello speciale del lavoro (applicabile, quest'ultimo, alle controversie agrarie) sono tali da non consentire l'istituzione di raffronti nei quali sia ragionevole assumere il primo a modello di perfezione cui l'altro, pena l'incostituzionalità, sia tenuto ad adeguarsi e viceversa.

Rispetto a tale decisione, ha evidenziato il Giudice di legittimità, il richiamo che il ricorrente compie agli artt. 24 e 111 Cost. — parametri che, non essendo stati esaminati nell'ordinanza citata, giustificherebbero la necessità di un'ulteriore rimessione al Giudice delle leggi — non è tale da porre in luce una qualche effettiva novità della questione posta. La circostanza che il ricorso venga notificato alla parte convenuta personalmente, senza l'avvertimento che la mancata costituzione nei termini determina le decadenze di legge, infatti, non comporta alcuna lesione del diritto di difesa o del giusto processo; tanto più che la giurisprudenza costituzionale è pacifica nel senso di ritenere che il legislatore gode di amplissima discrezionalità nella regolazione degli istituti processuali, salvo il limite della manifesta irrazionalità o dell'arbitrio.

Osservazioni

L'ordinanza in commento afferma il principio secondo cui l'avvertimento prescritto per la citazione introduttiva del giudizio ordinario di cognizione sulla maturazione delle decadenze processuali conseguenti alla costituzione tardiva del convenuto, a pena di nullità della citazione per un vizio della vocatio in ius, non risponde ad esigenze indefettibili dell'ordinamento a tutela del diritto di difesa, dell'integrità del contraddittorio e del suo corollario della parità delle armi fra le parti, con la conseguenza che l'omessa previsione di tale invito nel rito del lavoro non solo non determina un'indebita disparità di trattamento tra sistemi processuali eterogenei (quello ordinario e quello speciale del lavoro, rito, quest'ultimo, che si applica anche alle controversie locatizie e agrarie), ma in aggiunta non vulnera l'affidamento incolpevole del convenuto, destinatario della notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, il quale deve attivarsi sollecitamente per ottenere la difesa tecnica di un procuratore, ai fini di non incorrere nelle decadenze processuali previste dalla legge. La mancata estensione dell'istituto processuale dell'avvertimento al rito speciale non integra una lacuna dell'ordinamento manifestamente irrazionale o arbitraria, con la conseguente manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale di cui il ricorrente in cassazione ha chiesto il promovimento.

Quanto all'analisi normativa, l'art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. prevede che la citazione introduttiva del giudizio ordinario di cognizione deve contenere, oltre all'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 (domande riconvenzionali, chiamate di terzo, eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio). Ai sensi dell'art. 164, primo comma, c.p.c., la citazione è nulla se manca l'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163. In tal caso, ove il convenuto non si sia costituito in giudizio, il giudice, rilevata la nullità̀, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio, cui segue la sanatoria con effetti ex tunc dei vizi (se la rinnovazione non viene eseguita dall'attore, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell'art. 307, terzo comma); invece, ove il convenuto si sia comunque costituito e ciononostante abbia dedotto la mancanza dell'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. Ai sensi dell'art. 702-bis, primo comma, c.p.c., anche il ricorso introduttivo del procedimento sommario di cognizione deve, tra l'altro, contenere l'avvertimento di cui al n. 7) del terzo comma dell'art. 163, a pena di nullità dell'atto introduttivo. Nessun riferimento a tale avvertimento è invece contenuto negli artt. 414,415 e 416 c.p.c. relativamente al ricorso introduttivo del processo del lavoro (rito applicabile anche alle controversie locatizie e agrarie) e al decreto di fissazione della relativa udienza di discussione.

Tanto premesso sul piano normativo, anche in sede di legittimità è stato affrontato il tema circa la ragionevolezza e la compatibilità con la piena esplicazione del diritto di difesa, nel rispetto del contraddittorio tra le parti, della mancata previsione dell'avvertimento volto a rendere edotto il resistente dei rigori preclusivi del rito speciale. Tema risolto, con la menzionata ordinanza, nel senso dell'esclusione di qualsiasi violazione dei parametri costituzionali evocati, alla stregua dei precedenti della Consulta. Ed invero, la questione di legittimità costituzionale di tale scelta normativa, in relazione agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., è stata portata più volte a conoscenza del Giudice delle leggi: in alcune occasioni la Consulta ha ritenuto le questioni inammissibili a motivo del dettato perplesso delle ordinanze di rimessione (Corte cost., ord. 23 aprile 1998, n. 146; idem, ord., 17 aprile 2019, n. 92); in altre si è pronunciata nel merito, dichiarandone la manifesta infondatezza, in quanto – con riferimento all'art. 3 Cost. – le caratteristiche strutturali e procedimentali che distinguono il rito ordinario e quello speciale del lavoro sono tali da non consentire l'istituzione di raffronti nei quali sia ragionevole assumere il primo a modello di perfezione cui l'altro, pena l'incostituzionalità, sia tenuto ad adeguarsi e viceversa (Corte cost., sent. 22 aprile 1980, n. 65; idem, ord. 25 maggio 1999, n. 191); mentre – con riferimento all'art. 24 Cost. – in quanto la disapplicazione del principio della legale conoscenza della norma legislativa non ha attinenza, non solo con il principio di eguaglianza, ma anche con la tutela del diritto di difesa (Corte cost., sent. 29 ottobre 1987, n. 347; idem, con riguardo alla decadenza dalla facoltà di indicare i mezzi di prova di cui il convenuto intenda avvalersi, sent. 16 aprile 1980, n. 61). In base a tali ultime pronunce può arguirsi che le prescrizioni sulla necessità dell'avvertimento rappresentano un'eccezionale disapplicazione del principio di legale conoscenza delle norme sulla tempestiva costituzione, mentre – in ordine agli artt. 415 e 416 c.p.c. – opera il principio di legale conoscenza, evidentemente esigibile anche nei confronti della parte convenuta, non ancora munita della difesa tecnica. Tale parte avrebbe comunque l'onere di rivolgersi immediatamente ad un avvocato, all'esito del ricevimento della notifica del ricorso e del decreto, per evitare la maturazione di qualsiasi decadenza processuale. Scelta, questa, reputata né manifestamente irrazionale, né arbitraria, né antitetica rispetto alla tutela del diritto alla difesa e alla realizzazione del pieno contraddittorio.

Nella giurisprudenza di merito, un isolato arresto si è, invece, pronunciato per la necessità che il decreto ex art. 415 c.p.c. contenga un avvertimento al resistente sui termini di maturazione delle decadenze processuali (Pret. La Spezia, ord. 29 marzo 1996, in Riv. crit. dir. lav., 1996, 841). In proposito, il fine di vocare in iudicium è estraneo al ricorso ex art. 414 c.p.c. – il quale contiene solo la editio actionis – ed appartiene esclusivamente al successivo decreto di fissazione dell'udienza; non sarebbe dunque l'atto di parte a dover patire sanzioni in difetto dei requisiti menzionati dall'art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c., bensì il relativo provvedimento (recte decreto) del giudice di fissazione dell'udienza di discussione. Infatti, il ricorso introduttivo di una controversia di lavoro è perfettamente valido anche se difetta dell'indicazione del giudice; e così gli altri vizi inerenti alla vocatio, contenuti nell'elencazione di cui all'art. 163, terzo comma, c.p.c. non possono estendersi al ricorso, che mai cita a comparire, assegna termini di difesa o avverte di incombenti decadenze. Per contro, le carenze che caratterizzano la citazione nulla, ai sensi dell'art. 164, primo comma, c.p.c., sebbene non estensibili al ricorso, si rivelano dirimenti in ordine ai vizi del decreto ex art. 415, secondo comma, c.p.c. È dunque nullo, per difetto di requisito essenziale al raggiungimento dello scopo, il decreto che omette di indicare il giudice dinanzi al quale il resistente dovrà comparire, che non consente di rispettare il termine di trenta giorni di cui all'art. 415, quinto comma, c.p.c. o che non fissa la data dell'udienza di discussione. Non vi è, per converso, alcuna prescrizione specifica sulla necessità che il decreto di fissazione dell'udienza di discussione contenga l'invito al convenuto a costituirsi nei termini di legge (ossia fino a 10 giorni prima dell'udienza di discussione), pena la maturazione delle decadenze di cui all'art. 416, secondo comma, c.p.c. La richiamata ordinanza del giudice di merito reputa che la necessità dell'invito anche per il rito speciale possa desumersi dall'applicazione analogica della disposizione che detta tale regola per il rito ordinario.

Tale ultima conclusione appare opinabile. E tanto perché dal difetto di una prescrizione specifica sull'invito a costituirsi nel termine di legge, affinché la parte non incorra nelle relative decadenze, consegue che l'estensione al rito del lavoro è preclusa. Ad analoga conclusione si perviene in sede nomofilattica quanto al contenuto dell'atto di citazione in ipotesi di giudizio dinanzi al giudice di pace: tale contenuto è disciplinato esclusivamente dall'art. 318 c.p.c., il quale non prevede, tra i suoi requisiti, l'avvertimento al convenuto – previsto per il procedimento dinanzi al tribunale dall'art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. – che la costituzione oltre il termine di legge produce la decadenza stabilita dall'art. 167 stesso codice (Cass. civ., sez. I, sent. 11 luglio 2003, n. 10909). Infatti, le specifiche previsioni dettate dal legislatore per il rito ordinario dinanzi al tribunale e per il rito sommario di cognizione sulla necessità dell'invito a pena di nullità dell'atto introduttivo non si estendono al rito speciale del lavoro, non solo in ragione dell'eterogeneità dei riti, ma anche alla stregua della natura derogatoria delle riferite prescrizioni (sulla non riconducibilità della previsione sull'invito ad un principio generale proprio dell'ordinamento processuale, e ciò con particolare riferimento all'introduzione del processo del lavoro in sede di gravame, Cass. civ., sez. lav., sent. 18 ottobre 2002, n. 14829), a fronte del principio riassunto nel brocardo latino ignorantia legis non excusat. Sul punto, è esigibile che il destinatario della notifica del ricorso introduttivo del processo del lavoro e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza risponda delle conseguenze della costituzione tardiva (ossia della maturazione delle decadenze processuali), nonostante il difetto dell'avvertimento, allorché tale parte si sia rivolta tempestivamente ad un difensore, ma altresì laddove si sia avvalsa di un avvocato solo all'esito del decorso del termine per la proposizione delle domande riconvenzionali e chiamate di terzo o per la sollevazione delle eccezioni non rilevabili d'ufficio. Nel primo caso, il difensore tecnico non può trincerarsi nell'eccezione relativa al difetto dell'invito per giustificare la mancata conoscenza di una norma che commina espressamente le decadenze processuali qualora la costituzione del resistente non avvenga almeno dieci giorni prima della fissata udienza di discussione, norma che il legale – quale soggetto professionalmente attrezzato – è tenuto a conoscere. Per queste stesse ragioni è stato escluso che l'avvertimento sia necessario nel giudizio ordinario d'appello, essendo appunto in grado il soggetto che concretamente riceve la notificazione, per le cognizioni tecnico-giuridiche delle quali deve presumersi sia professionalmente dotato, di apprezzare adeguatamente il contenuto dell'atto, anche se in esso non siano stati trascritti elementi che, tuttavia, possano agevolmente desumersi dai richiami normativi ivi contenuti, come quello, seppur generico, all'art. 166 c.p.c. (Cass. civ., sez. II, sent. 23 dicembre 2011, n. 28676). Nel secondo caso, comunque la parte non ha assolto all'onere cautelativo di rivolgersi ad un legale non appena abbia ricevuto la notifica del ricorso e del decreto, per cui dovrà rispondere delle conseguenze (stabilite dalla legge) della sua inerzia. Tale ricostruzione non lede i principi della difesa e del giusto processo, non risultando manifestamente implausibile.

Riferimenti

In dottrina:

  • A. Carrato, L'omesso avvertimento ex art. 163 n. 7 c.p.c. in appello e le possibili conseguenze processuali, in Corr. giur., 2012, 8-9, 1083;
  • D. Dalfino, Sull'inapplicabilità del nuovo procedimento di cognizione alle cause di lavoro, in Foro it., 2009, V, 392 ss.;
  • G. Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Milano, 2008, 105.

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