Chat aziendale oggetto di controlli, utilizzabilità dei dati raccolti e previa informazione al lavoratore

15 Ottobre 2021

Quanto alla questione relativa alla qualificazione come “strumento di lavoro” della chat aziendale oggetto dei controlli non sembra possano sussistere dubbi, essendo essa, pacificamente, funzionale alla prestazione lavorativa. In questi casi la disciplina vigente prevede bensì l'esclusione delle procedure di garanzia di cui al comma 1 dell'art. 4 per tali controlli...

Il caso. La Corte di appello di Milano, aveva rigettato il reclamo proposto dalla F. s.p.a. e confermato, Tribunale resa in sede di opposizione (rito "Fornero", l. n. 92 del 2012) con la quale, fermo l'annullamento del licenziamento intimato per giusta causa dalla società alla lavoratrice e la sua reintegrazione, era rideterminata l'indennità risarcitoria in sette mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto con detrazione dell'aliunde perceptum.

La Corte ha accertato che era pacifica l'esistenza di una corrispondenza sulla chat aziendale "world client" tra la lavoratrice e un'altra collega avente contenuto pesantemente offensivo nei confronti di una superiore gerarchica; ha poi ricordato che di tali conversazioni la società aveva appreso l'esistenza ed il contenuto in esito ad un controllo effettuato dal personale IT che doveva verificare - in occasione della chiusura della chat e del conseguente progressivo suo abbandono - se vi fossero dati aziendali da conservare. La Corte milanese ha accertato inoltre che la chat era stata presentata anni prima dell'assegnazione a ciascun dipendente di un indirizzo di posta elettronica e utilizzata per le comunicazioni interne. Ciascun dipendente vi accedeva con una propria password personale, così come in seguito sarebbe fatto per la posta elettronica aziendale. Successivamente all'introduzione di quest'ultima, l'utilizzo della chat si era ridotto, tanto da indurre l'azienda a decidere di eliminarla.

I giudici di appello hanno osservato che ai sensi di quanto disposto al punto 13 del regolamento aziendale l'accesso alla chat era lecito; tuttavia la società aveva omesso di dare la necessaria, tempestiva e adeguata informazione ai dipendenti ai sensi della l. n. 300 del 1970, art. 4, comma 3. In particolare, la Corte di appello ha sottolineato che la comunicazione della interruzione del servizio di chat era stata inviata quando i controlli erano stati già eseguiti. Inoltre, essa ha evidenziato che l'accesso alla chat era possibile solo con l'uso della password e che i messaggi sarebbero stati letti solo dai destinatari. In sostanza si trattava di corrispondenza privata svolta in via riservata rispetto alla quale si impone una tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni ai sensi dell'art. 15 Cost., con la conseguenza che l'accesso al contenuto delle comunicazioni è precluso agli estranei e non ne è consentita la rivelazione ed utilizzazione.

Inoltre, la Corte territoriale ha escluso un intento denigratorio ed ha ritenuto che il contenuto delle e-mail e le espressioni in esse utilizzate costituissero uno sfogo della mittente, destinato ad essere letto dalla sola destinataria, privo del carattere di illiceità ed espressione della libera manifestazione del pensiero in una conversazione privata. Infine, i giudici di appello hanno sottolineato che nella contestazione non erano individuate altre inadempienze lavorative né era stato contestato un uso anomalo dei beni aziendali sicchè, limitato l'addebito disciplinare al contenuto della conversazione ed esclusa la sua rilevanza disciplinare, ha ritenuto insussistente la giusta causa di licenziamento confermando la reintegrazione ed il risarcimento.

Chat aziendale oggetto di controlli, utilizzabilità dei dati raccolti e previa informazione al lavoratore. Quanto alla questione relativa alla qualificazione come “strumento di lavoro” della chat aziendale oggetto dei controlli non sembra possano sussistere dubbi, essendo essa, pacificamente, funzionale alla prestazione lavorativa. In questi casi la disciplina vigente prevede bensì l'esclusione delle procedure di garanzia di cui al comma 1 dell'art. 4 per tali controlli.

Tuttavia, negli stessi casi l'utilizzabilità del risultato di tali controlli “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, compresi quindi quelli disciplinari, è subordinata, secondo il comma 3 dello stesso art. 4, alla “condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal

decreto le

gislativo 30 giugno 2003, n. 196

”.

Nel caso di specie, era mancata l'adeguata informazione preventiva al lavoratore, poiché la comunicazione aziendale con la quale i lavoratori erano stati informati della soppressione della chat aziendale era intervenuta successivamente all'effettuazione dei controlli).

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