Osservatorio sulla Cassazione – Ottobre 2021
11 Novembre 2021
I dissidi tra i soci vincono la presunzione di distribuzione di utili extracontabili Cass. Civ. – Sez. VI-5 - 25 ottobre 2021, n. 29794, ord. Nelle società di capitali a ristretta base sociali gli utili extracontabili si presumono distribuiti tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione: tale presunzione può essere vinta dal contribuente dimostrando l'estraneità alla gestione e alla conduzione societaria, come nel caso di gravi dissidi emersi tra i soci. L'emersione di profondi dissidi tra i soci di una società a ristretta base sociale, che hanno condotto a liti giudiziarie civili e procedimenti penali e alla revoca dell'incarico, da parte del socio amministratore, al commercialista di fiducia della società, possono costituire prova contraria alla prova di distribuzione degli utili extracontabili.
Società in liquidazione: il creditore insoddisfatto deve provare che i pagamenti non hanno rispettato la par condicio Cass. Civ. – Sez. VI – 22 ottobre 2021, n. 29548, ord. In tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità verso i creditori sociali prevista dall'art. 2495 c.c. ha natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto l'onere di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum. In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore, qualora faccia valere la responsabilità "illimitata" del liquidatore, affermando di essere stato pretermesso nella detta fase a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell'apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall'inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti; grava, invece, sui liquidatore l'onere di dimostrare l'adempimento dell'obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di averli pagati nel rispetto della par condicio creditorum.
L'impugnazione del sequestro sui beni della s.r.l. spetta all'amministratore, non al socio Cass. Pen. – Sez. III – 21 ottobre 2021, n. 37856, sent. L'amministratore di s.r.l. è legittimato a impugnare il sequestro preventivo disposto nei confronti di beni di proprietà della società, quale rappresentante dell'ente; non così il singolo socio, in quanto non titolare di un interesse concreto e attuale. Nelle società di capitali la legale rappresentanza spetta all'amministratore, mentre i soci non hanno poteri di rilevanza esterna.
Il curatore della società di persone è legittimato a promuovere l'azione revocatoria contro gli atti compiuti dal socio Cass. Civ. – Sez. VI-1 – 21 ottobre 2021, n. 29284, ord. Il curatore del fallimento della società di persone ha la legittimazione ad agire per la revocatoria degli atti di disposizione del socio, atteso che, nonostante le masse del fallimento della società e quello del socio siano distinte, l'accrescimento del patrimonio di quest'ultimo, in conseguenza dell'accoglimento dell'azione, produce risultati positivi ai fini del soddisfacimento non solo dei suoi creditori particolari, ma anche dei creditori della società, il cui credito si intende dichiarato per intero anche nel fallimento del primo.
Fallibile la coop sociale Onlus che svolge attività commerciale Cass. Civ. – Sez. I – 20 ottobre 2021, n. 29245, sent. E' assoggettabile a fallimento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2545-terdecies e 2082 c.c. e art. 1 l.fall., una società cooperativa sociale che svolga attività commerciale secondo criteri di economicità (cd. lucro oggettivo), senza che rilevi l'eventuale assunzione della qualifica di Onlus ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 460 del 1997, trattandosi di norma speciale di carattere fiscale che non integra la "diversa previsione di legge" contemplata dall'art. 2545-terdecies, comma 2, c.c. L'accertamento della natura commerciale dell'attività svolta da una società cooperativa sociale, ai fini della sua assoggettabilità a fallimento, compete all'autorità giudiziaria, senza che abbiano natura vincolante i pareri e gli atti adottati dal Ministero dello sviluppo economico nell'esercizio dei poteri di vigilanza attribuiti dalla legge.
I d.m. che fissano i tassi soglia anti-usura hanno natura integrativa della legge penale e civile Cass. Civ. – Sez. I – 20 ottobre 2021, n. 29240, ord. Le prescrizioni dei decreti ministeriali sulla fissazione del tasso soglia rilevante ai fini dell'individuazione dell'usurarietà degli interessi concernenti i rapporti bancari hanno, nella fase dei giudizi di merito, natura integrativa della legge penale e civile e, pertanto, devono esser conosciute dal giudice ed applicate alla fattispecie, indipendentemente dall'attività probatoria delle parti che le abbiano invocate, essendo delle disposizioni di carattere secondario, continuamente aggiornate, che completano il precetto normativo.
Va tassato il rimborso di un finanziamento postergato Cass. Civ. – Sez. Trib. – 18 ottobre 2021, n. 28629, sent. È soggetto a tassazione anche il rimborso del finanziamento, effettuato dal socio di una società di capitali fallita, del proprio credito postergato in violazione della par condicio creditorum: infatti, in tema di imposte sui redditi, costituiscono proventi derivanti da fatti illeciti, da sottoporre a tassazione anche allorquando non siano classificabili nelle categorie reddituali di cui al d.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 1, anche i vantaggi patrimoniali conseguenti all'avere evitato un danno.
Bancarotta per distrazione: l'elemento soggettivo per la responsabilità concorrente dell'amministratore di diritto Cass. Pen. – Sez. V – 14 ottobre 2021, n. 37453, sent. In tema di bancarotta documentale, il profilo oggettivo della responsabilità dell'amministratore di diritto può essere certamente ancorato all'art. 40, comma 2, c.p., ma il profilo soggettivo della sua responsabilità va accertato caso per caso, valutando il significato probatorio dell'intero contesto della sua azione: la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall'amministratore di fatto.
L'elemento soggettivo del reato di causazione del fallimento per operazioni dolose Cass. Pen. – Sez. V – 14 ottobre 2021, n. 37450, sent. Il reato di causazione del fallimento per operazioni dolose, di cui all'art. 223, comma 2, n. 2, seconda parte, l.fall., è punito esclusivamente a titolo di dolo: l'elemento soggettivo richiesto perché possa dirsi integrata la fattispecie in esame non è la volontà diretta a provocare lo stato di insolvenza, essendo sufficiente la coscienza e volontà che le operazioni - che si concretano in abusi o infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta o in atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della società, e come tale, dolosi - diano o possano dare luogo alla decozione.
Banche: i sindaci inerti rispondo anche per le illecite condotte anteriori Cass. Civ. – Sez. II – 14 ottobre 2021, n. 28067, sent. Non è sufficiente a esonerare i sindaci di una società da responsabilità, in presenza di un'illecita condotta gestoria degli amministratori, la dedotta circostanza di avere assunto la carica dopo l'effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi, qualora i sindaci abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l'attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori.
Società estinta: i crediti litigiosi si trasferiscono ai soci, salva un'espressa volontà abdicativa Cass. Civ. – Sez. I – 13 ottobre 2021, n. 27894, ord. In caso di estinzione della società, quale conseguenza della sua cancellazione dal registro delle imprese, la successione dei soci nella titolarità di crediti litigiosi riscontrabili al momento dell'estinzione della società nel corso del processo (le c.d. "sopravvivenze attive"), che costituisce la regola, non si verifica solo se la rinuncia agli stessi, riscontrabile al momento della cancellazione della società, sia espressa anche attraverso comportamenti concludenti univocamente incompatibili con la volontà di avvalersi di tali diritti comunicati al debitore, sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, entro congruo termine, di non volerne profittare. Tale volontà abdicativa della società non è predicabile ove manchino indici univoci della sua esistenza.
Finanziamento soci utilizzato per finalità estranee all'esercizio dell'impresa: non c'è plusvalenza Cass. Civ. – Sez. Trib. – 11 ottobre 2021, n. 27540, sent. In tema di redditi di impresa, nell'ipotesi in cui la società abbia effettivamente ricevuto finanziamenti dai soci, con il versamento di denaro contante, l'eventuale utilizzo delle somme per finalità estranee all'esercizio dell'impresa non può costituire plusvalenza, ai sensi dell'art. 86, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 917 del 1986, attenendo tale norma solo alle plusvalenze generate dai beni relativi all'impresa, strumentali o meramente patrimoniali, con esclusione dei beni-merce e del denaro, anche per l'impossibilità in tale ultimo caso di procedere al calcolo della plusvalenza tassabile, non essendo ipotizzabile alcun ammortamento.
Soci litigiosi e richiesta di esclusione dalla società: non basta per la nomina di un curatore speciale Cass. Civ. – Sez. I – 7 ottobre 2021, n. 27229, ord. In tema di rappresentanza sostanziale nel processo, va esclusa la sussistenza dei presupposti per la nomina di un curatore speciale in caso di domanda di esclusione di un socio dalla società, ai sensi dell'art. 2287, u.c., c.c., con contestuale domanda di risarcimento del danno a favore della società e dell'altro socio, verificandosi, in tal caso, una convergenza e non già una incompatibilità, anche solo potenziale, di interessi tra rappresentante e rappresentato, che sola ne giustifica la nomina ai sensi dell'art. 78 c.p.c.
Lecite le opzioni put e call all'interno di un patto parasociale Cass. Civ. – Sez. I – 7 ottobre 2021, n. 27227, sent. E' lecito e meritevole di tutela l'accordo negoziale concluso tra i soci di una società azionaria, con il quale l'uno, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighi a manlevare l'altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell'acquisto, pur con l'aggiunta di interessi sull'importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società. Ai fini dell'incompatibilità di simili clausole con il divieto di patto leonino, l'esclusione assoluta e costante dagli utili e dalle perdite deve finire per alterare la causa societaria nei rapporti con l'ente-società, che trasla, quanto al socio interessato da quell'esonero dalla condivisione dell'esito dell'impresa collettiva, da rapporto associativo a rapporto di scambio con l'ente stesso.
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