Alloggi di edilizia residenziale pubblica: assegnazione

Redazione scientifica
15 Novembre 2021

La Corte di Cassazione enuncia un nuovo principio ai fini dell'accertamento dei requisiti per l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica destinato all'assistenza abitativa.

Il caso. La vicenda da cui origina la questione riguarda il provvedimento di rilascio di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, sito in Roma. Nello specifico, una donna risiedeva nel suddetto alloggio in qualità di componente del nucleo familiare dell'originario assegnatario, ovvero suo padre; tuttavia, poiché quest'ultimo era risultato titolare di diritti di proprietà su cinque fabbricati anch'essi siti in Roma, veniva proposta dall'ATER l'adozione di un provvedimento di decadenza dall'assegnazione, nonostante l'interessato ne avesse contestato i presupposti, in ragione del fatto che i fabbricati risultavano assoggettati ad un provvedimento di sequestro preventivo.

Inoltre, nelle more del procedimento di decadenza, veniva inoltrata dal padre la richiesta di volturare alla figlia il contratto di locazione relativo all'immobile oggetto di assegnazione, sul presupposto che la donna, con il figlio minore, risiedesse nel medesimo alloggio.

Tuttavia, il Comune di Roma adottava provvedimento di decadenza dal beneficio dell'assegnazione nei confronti dell'uomo e rigettava, per tale ragione, la domanda di subentro nell'alloggio avanzata dalla figlia, a cui veniva ordinato il rilascio dell'alloggio in quanto occupante sine titulo.

Opposto quest'ultimo innanzi al Tribunale di Roma, il giudice rigettava l'opposizione, con decisione confermata dalla Corte d'Appello, che respingeva il gravame proposto dalla ricorrente.

Il ricorso in Cassazione. La donna ricorre in Cassazione, lamentandosi, tra i vari motivi, della illegittimità del provvedimento che dispone la decadenza dall'assegnazione dichiarata dal Comune di Roma a carico del padre, essendo stata accertata la sopravvenuta carenza di uno dei requisiti di legge, ovvero «la mancanza di titolarità di diritti di proprietà, usufrutto, uso ed abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare nell'ambito territoriale del bando di concorso e nel comune di residenza» (art. 11, coma 2, lett. c, della legge regionale del Lazio 6 agosto 1999, n. 12).

In particolare, la donna invoca la sopravvenienza normativa apportata dall'art. 80, comma 1, lett. a), della legge regionale 22 ottobre 2018, n. 7 all'art. 11 della legge regionale n. 12/1999, secondo cui, ai fini del possesso del requisito di cui al comma 1, lett. c), «non si considerano i diritti di proprietà o altri diritti reali di godimento relativi alla casa coniugale in cui risiedono i figli, se quest'ultima è assegnata, in sede di separazione o divorzio, al coniuge o comunque non è più nella disponibilità del soggetto richiedente».

La decisione della Corte. Il ricorso è fondato, in quanto la Corte territoriale non ha considerato la modifica apportata dall'art. 80, comma 1, lett. a), della legge regionale 22 ottobre 2018, n. 7 all'art. 11 della legge regionale n. 12/1999.

La norma sopravvenuta, infatti, prevede che «il concetto di impossidenza di altri immobili non è da intendere nel senso strettamente giuridico della sussistenza o meno in capo all'assegnatario di diritti di proprietà o di altri diritti reali», bensì come «possibilità in concreto di poter adibire a propria abitazione gli immobili di cui l'assegnatario sia titolare». La disposizione in esame, dunque, ha concorso a precisare la portata di quella originaria di cui alla lett. c), comma 1, dello stesso articolo, in quanto anche una modifica normativa, pur «non costituente certamente una interpretazione autentica», può concorrere ad «eliminare ogni incertezza circa l'interpretazione effettiva della norma chiarendone la effettiva portata» (Cass. civ., n. 24630/2010), e ciò in particolar modo quando sia possibile, come nel caso in esame, individuare «un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro» (Cass. civ., sez. unite, n. 12154/2021).

Ciò premesso, la Corte di Cassazione enuncia il seguente principio di diritto: "l'art. 11, comma 1, lett. c), della legge regionale del Lazio 6 agosto 1999, n. 12, va interpretato - anche alla stregua dello «ius superveniens» costituito dal comma 1-bis, introdotto dall'art. 80, comma 1, lett. a), della legge regionale 22 ottobre 2018, n. 7 - nel senso che il requisito per conseguire (e permanere) nell'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica destinato all'assistenza abitativa, requisito costituito dalla mancanza di «titolarità di diritti di proprietà, usufrutto, uso ed abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare nell'ambito territoriale del bando di concorso e nel comune di residenza, qualora diverso da quello in cui si svolge l'attività lavorativa», deve essere apprezzato valutando la possibilità, in concreto, di adibire il bene oggetto di tali diritti a propria abitazione".

Fomte: dirittoegiustizia.it

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