Rito sommario di cognizione: non esiste un limite alla possibilità delle parti di contestare i fatti allegati dall'altra

Caterina Costabile
16 Novembre 2021

Nel procedimento sommario di cognizione è possibile contestare i fatti allegati dalla controparte fino all'eventuale conversione in rito ordinario con la fissazione dell'udienza di trattazione di cui all'art. 183 c.p.c.
Massima

Nel procedimento sommario di cognizione è possibile contestare i fatti allegati dalla controparte fino all'eventuale conversione in rito ordinario con la fissazione dell'udienza di trattazione di cui all'art. 183 c.p.c.

Il caso

La società Alfa otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti della società Beta. In mancanza di pagamento anche all'esito del precetto, la creditrice procedeva ad un pignoramento presso il terzo Caio indicato quale debitore della società Beta. Il terzo rendeva dichiarazione negativa e all'esito la società Alfa introduceva, nelle forme del procedimento sommario di cognizione, il giudizio di accertamento del correlativo obbligo.

Il Tribunale accoglieva la domanda.

La Corte di appello riformava la decisione, osservando che non erano state contestate in prime cure, alla prima udienza utile, le diffuse deduzioni effettuate in sede di comparsa di costituzione e risposta dal terzo pignorato sicché le relative circostanze dovevano considerarsi pacifiche.

Avverso questa decisione ricorre per cassazione la società Alfa.

La questione

La Cassazione ha affrontato la questione afferente all'individuazione del termine entro il quale è possibile la contestazione dei fatti allegati dalla controparte nel rito sommario di cognizione.

Le soluzioni giuridiche

Com'è noto, la funzione del principio di non contestazione è quella di selezionare i fatti pacifici ed a separarli da quelli controversi, per i quali soltanto si pone l'esigenza dell'istruzione probatoria e ad escludere, all'atto della decisione, l'applicabilità della regola di giudizio di cui all'art. 2697 c.c., nei casi in cui il fatto costitutivo della domanda, benché non provato, sia da ritenersi implicitamente pacifico. Il che si verifica in maniera direttamente proporzionale al grado di specificità dell'allegazione del fatto e alla possibilità di sue narrazioni alternative.

I giudici di legittimità, nella pronuncia in esame, hanno rimarcato che la valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni.

Nel giudizio ordinario di cognizione il maturare delle preclusioni è connesso all'esaurimento della fase processuale entro la quale è consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti - diversi da quelli indicati negli atti introduttivi - sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte; in particolare, la mancata tempestiva contestazione, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall'attore è comunque ritrattabile nei termini previsti per il compimento delle attività processuali consentite dall'art. 183 c.p.c., risultando preclusa, all'esito della fase di trattazione, ogni ulteriore modifica determinata dall'esercizio della facoltà deduttiva (cfr. Cass. civ., sez. VI., 2 dicembre 2019, n. 31402; Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2013, n. 26859).

Conseguentemente, nel procedimento sommario di cognizione fino alla sua eventuale conversione in rito ordinario, con la fissazione dell'udienza di trattazione di cui all'art. 183 c.p.c., non può rinvenirsi né letteralmente né sistematicamente alcuna non prevista decadenza e, dunque, limite alla possibilità per la parte di contestare i fatti allegati dall'altra.

Osservazioni

La contestazione dei fatti posti a fondamento della domanda costituisce nell'attuale ordinamento processuale oggetto di uno specifico onere, a carico della controparte, la quale è tenuta, infatti, sin dalla costituzione in giudizio, all'integrale formulazione delle sue difese «prendendo posizione» sulle allegazioni in fatto della parte attrice (art. 167, comma 1, c.p.c.).

I fatti allegati da una parte possono considerarsi «pacifici», esonerando la stessa dalla necessità di fornirne la prova, solamente quando l'altra parte abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi, ovvero quando si sia limitata a contestarne esplicitamente e specificamente taluni soltanto, evidenziando in tal modo il proprio non interesse ad un accertamento degli altri (cfr. Cass. civ., sez. VI, 3 settembre 2021, n. 23862).

Anche nel procedimento sommario di cognizione è ribadito che il convenuto «deve» nella comparsa di risposta «prendere posizione sui fatti posti da ricorrente a fondamento della domanda» (art. 702-bis, comma 4, c.p.c.).

Nella pronuncia in esame viene, tuttavia, chiarito che nel rito sommario di cognizione, fino alla sua eventuale conversione in rito ordinario, non esiste un limite alla possibilità delle parti di contestare i fatti allegati dall'altra.

Costituisce peraltro principio ormai pacifico in giurisprudenza che, in tema di procedimento sommario di cognizione, l'art. 702-bis, commi 1 e 4, c.p.c., laddove dispone che ricorso e comparsa di risposta contengano, fra l'altro, l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali attore e convenuto intendano avvalersi, come dei documenti offerti in comunicazione, non valgono a segnare alcuna preclusione istruttoria e quindi non comportano, in caso di omissione, alcuna decadenza (cfr. Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2021, n.23677).

All'uopo è stato rimarcato che, come nel rito ordinario ove non è prevista nessuna immediata decadenza per la mancata indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi del giudizio, stante le ulteriori facoltà di deduzioni istruttorie consentite nella fase della trattazione, nemmeno l'art. 702-bis c.p.c. sancisce, alcuna preclusione istruttoria, dovendosi al più argomentare sul piano logico che una compiuta articolazione probatoria, operata già in sede di ricorso e di comparsa di risposta, occorra perché il giudice possa consapevolmente adoperare in udienza l'eventuale potere di conversione del rito, ai sensi dell'art. 702-ter, comma 3, e di fissazione dell'udienza ex art. 183. Questa scansione, collegata alla ponderazione dell'eventuale non sommarietà dell'istruzione, ai fini del citato art. 702-ter, comma 3, porta ad individuare la pronuncia dell'ordinanza avente ad oggetto l'eventuale riscontro della non sommarietà dell'istruzione individua la barriera preclusiva che impedisce alle parti la formulazione di nuove richieste istruttorie (cfr. Cass. civ., sez. VI, 7 gennaio 2021, n.46; Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 2015, n.25547).

Appare, peraltro, opportuno rimarcare che ad avviso dei giudici di legittimità le preclusioni maturate nel corso del rito sommario di cognizione non si applicano al giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all'esito della conversione del rito, poiché l'art. 702-bis c.p.c. non dispone nulla al riguardo mentre l'art. 702-ter c.p.c. prevede espressamente che il giudice, in seguito alla detta conversione, fissi l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., con conseguente necessità di osservare i termini ex artt. 163-bis, comma 1, c.p.c. e 166 c.p.c. a tutela del diritto di difesa del convenuto (cfr. Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2020, n. 13879).

Riferimenti
  • Amendolagine, Deposito di documenti e preclusioni nel procedimento sommario di cognizione, Ilprocessocivile.it, fasc., 18 febbraio 2021;
  • Della Pietra, Le preclusioni e l'irreversibilità della «non contestazione»: l'armonia perduta, Riv. dir. e proc. civ., fasc.4, 1 dicembre 2020, pag. 1173 ss.;
  • Fabbrizzi, Percorsi di giurisprudenza - Termini e preclusioni nel rito sommario di cognizione, Giur. It., 2021, 7, 1766;
  • Ianni, Richieste istruttorie e preclusioni nel rito sommario di cognizione, Ilprocessocivile.it, fasc. 8 giugno 2016.

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