Domanda di riliquidazione del trattamento di quiescenza: si pronunciano le Sezioni Unite

Redazione Scientifica
06 Dicembre 2021

Le Pubbliche Amministrazioni sono tenute «al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento».

Il Tribunale di L'Aquila rigettava l'impugnazione da parte del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) avverso l'INPS, che aveva adito il GdP abruzzese per ottenere il risarcimento del danno patito in conseguenza della ritardata trasmissione della documentazione necessaria ad istruire la domanda di riliquidazione del trattamento di quiescenza presentata da alcuni dipendenti.

Secondo l'art. 3, comma 5, d.l. n. 79/1997, convertito con modificazioni in l. n. 140/1997, «il datore di lavoro ha un termine di 15 giorni, dalla data di cessazione del servizio del dipendente, per l'invio della documentazione necessaria per la liquidazione del trattamento di quiescenza, termine volto a garantire l'efficienza della PA». E il MIUR non avrebbe tempestivamente adempiuto il facere a suo carico.

Il MIUR ricorre, quindi, in Cassazione deducendo sia la violazione dell'art. 133, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 104/2010, sostenendo la giurisdizione del giudice amministrativo; sia la violazione dell'art. 1223 c.c., sostenendo la mancanza del danno risarcibile.

La doglianza non è fondata. Secondo la Corte di Cassazione «il petitum sostanziale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche, e soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione e dal quale la domanda viene identificata» (Cass. n. 23597/2020 e n. 23598/2020).

Nel caso di specie l'istanza dell'INPS esula dall'ambito applicativo della disposizione regolativa della giurisdizione invocata dalla parte ricorrente, poiché sarebbe «volta ad ottenere, in ambito civilistico, il risarcimento del danno conseguente all'erogazione degli interessi sulla ritardata erogazione della prestazione richiesta dai dipendenti cessati dal servizio». Ne consegue che «non viene in rilievo il rapporto tra il soggetto destinatario del provvedimento e l'Amministrazione sibbene il rapporto tra l'Ente previdenziale e il datore di lavoro chiamato ad adempiere obbligazioni ex lege nei confronti del soggetto obbligato alla prestazione a presidio degli interessi del lavoratore sul piano previdenziale ma conformati a obblighi del datore di lavoro verso l'ente previdenziale» (Cass. n. 7577/2006).

Le PA sono, quindi, tenute «al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento» (Cass. n. 22612/2014, n. 18173/2017).

Per tutti questi motivi le Sezioni Unite rigettano il ricorso del MIUR.

(Fonte:

Diritto e Giustizia

)

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