L'uso abusivo della clausola simul stabunt simul cadent
26 Aprile 2021
Il carattere abusivo o strumentale della clausola simul stabunt simul cadent (che in via fisiologica è finalizzata a mantenere costanti, a livello di organo gestorio, gli equilibri interni originariamente voluti e cristallizzati secondo una determinata configurazione nella delibera assembleare di nomina ed è espressamente riconosciuta dall'art. 2386, comma 4, c.c.) si configura ogni qualvolta le dimissioni di quell'amministratore o di quegli amministratori capaci di provocare la decadenza di tutto l'organo di gestione siano dettate unicamente o prevalentemente dallo scopo di eliminare amministratori sgraditi, in assenza di giusta causa, quindi eludendo l'obbligo di corresponsione degli emolumenti residui (ed in generale di risarcimento del danno) che spetterebbero loro se fossero cessati dalla carica, non per effetto della clausola in discussione, ma per revoca. Nel caso del prospettato abuso di esercizio della clausola simul stabunt simul cadent, l'onere della prova in ordine alla abusività della condotta altrui ricade sull'amministratore decaduto, al quale non basterà dimostrare l'assenza di propri comportamenti negligenti o comunque l'assenza di situazioni integranti giusta causa di revoca. Incombe dunque sull'attore la prova della esclusiva finalizzazione della clausola alla sua estromissione dal collegio degli amministratori per il conseguimento di interessi extrasociali o di un gruppo della compagine sociale e quindi l'ottenimento in via indiretta del risultato di revocarlo in assenza di giusta causa. |