Scissione societaria e azione revocatoria

23 Dicembre 2021

La revocatoria ordinaria dell'atto di scissione societaria deve ritenersi sempre esperibile, in quanto mira a ottenere l'inefficacia relativa dell'atto, che lo rende inopponibile al solo creditore pregiudicato, al contrario di ciò che si verifica nell'opposizione dei creditori sociali...
Massima

La revocatoria ordinaria dell'atto di scissione societaria deve ritenersi sempre esperibile, in quanto mira a ottenere l'inefficacia relativa dell'atto, che lo rende inopponibile al solo creditore pregiudicato, al contrario di ciò che si verifica nell'opposizione dei creditori sociali prevista dall'art. 2503 c.c., finalizzata, viceversa, a farne valere l'invalidità

Il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si è pronunciata in merito ad un ricorso teso ad ottenere - inter alia - la declaratoria di irrevocabilità di un atto di scissione.

Di seguito una breve ricostruzione fattuale della fattispecie in esame:

(a) con atto di scissione del 14 luglio 2004 una S.p.A. (la "Società Scissa") si scindeva e assegnava gran parte del proprio patrimonio immobiliare a due società (le "Società Beneficiarie");

(b) a seguito dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. promossa da alcuni creditori della Società Scissa, il Tribunale di Patti - con sentenza del 22 febbraio 2011 - dichiarava l'inefficacia del predetto atto di scissione nei confronti dei creditori istanti;

(c) con sentenza del 23 gennaio 2018, la Corte d'Appello di Messina confermava il provvedimento di primo grado.

Le questioni giuridiche

Chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla Società Scissa e dalle Società Beneficiarie, la Corte di Cassazione ha preso posizione in merito alla dibattuta questione dell'esperibilità di un'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto un atto di scissione societaria, offrendo lo spunto per ripercorrere il relativo contrasto dottrinale e giurisprudenziale che - in assenza di un'esplicita indicazione normativa sul tema - si è orientato talvolta verso la revocabilità dell'atto di scissione, talaltra verso l'irrevocabilità dello stesso.

Osservazioni

Lo iato interpretativo tra gli assertori della revocabilità dell'atto di scissione, da una parte, e i sostenitori dell'irrevocabilità del medesimo, dall'altra, ruota principalmente attorno ai seguenti poli tematici:

(a) la compatibilità o meno dell'azione revocatoria ordinaria (ma le stesse considerazioni vengono svolte con riguardo a quella fallimentare) con il c.d. principio di irregredibilità degli effetti della scissione ex artt. 2504-quater, comma 1e 2506-ter, comma 5, c.c., in forza del quale, una volta adempiute tutte le relative formalità pubblicitarie, non sono più esperibili i rimedi diretti a invalidare l'atto di scissione;

(b) la completezza o meno del sistema di tutela dei creditori tratteggiato dalle disposizioni di cui agli artt. 2503, 2504-quater, comma 2 e 2506-quater, comma 3, c.c., che disciplinano, rispettivamente, l'opposizione dei creditori, il diritto al risarcimento del danno in capo ai soci o ai terzi eventualmente danneggiati dalla scissione e la responsabilità solidale delle altre società beneficiarie con riguardo ai debiti della scissa non soddisfatti dalla beneficiaria alla quale sono stati assegnati;

(c) la classificabilità o meno dell'atto di scissione quale atto dispositivo e, in quanto tale, revocabile (secondo una lettura restrittiva dell'art. 2901 c.c.) (tale tema è collegato anche alla natura dell'operazione di scissione, che la dottrina ha classificato talvolta in termini di vicenda evolutivo-modificativa delle società coinvolte (cfr., ex multis, P. Ferro-Luzzi, La nozione di scissione, in Giur. Comm., 1991, I, 1065), talaltra in termini di vicenda traslativa (cfr., ex multis, F. D'Alessandro, Fusioni di società, giudici e dottori, in Giust. Civ., 2007, I, 2511), talaltra ancora in termini di ipotesi circolatoria sui generis (cfr., ex multis, G.B. Portale, La scissione nel diritto societario italiano: casi e questioni, in Riv. Soc., 2000, 480)).

Tali temi del dissidio dottrinale e giurisprudenziale in esame sono stati sviluppati dagli operatori giuridici sulla base delle argomentazioni di seguito riportate, che hanno trovato la propria cristallizzazione, rispettivamente, nella tesi contraria alla revocabilità dell'atto di scissione e in quella ad essa favorevole.

La tesi contraria alla revocabilità dell'atto di scissione.

La tesi contraria alla revocabilità dell'atto di scissione (in senso contrario alla revocabilità dell'atto di scissione: (a) in giurisprudenza, cfr. App. Roma, 27 marzo 2019; Trib. Napoli, 26 novembre 2018; App. Catania, 19 settembre 2017, in Fall., 2018, 902; Trib. Roma, 7 novembre 2016, in Giur. Comm., 2018, 1, II, 136; Trib. Bologna, 1 aprile 2016, in Fall., 2016, 877; Trib. Bologna, 24 marzo 2016, in Riv. not., 2016, 3, 547; Trib. Forlì, 4 febbraio 2016, in www.tribunale.forlì.giustizia.it; Trib. Roma, 19 ottobre 2015; Trib. Napoli, 31 ottobre 2013, in Banca borsa tit. cred., 2014, 6, II, 671; Trib. Napoli, 4 marzo 2013, in Riv. dir. comm., 2014, II, 111; Trib. Napoli, 18 febbraio 2013, in Giur. Comm., 2014, 6, II, 1040; Trib. Modena, 22 gennaio 2010, in ilcaso.it; Trib. Milano, 8 settembre 2003, in Giur. Comm., 2005, II, 198; Trib. Roma, 11 gennaio 2001, in Dir. fall., 2001, II, 442; (b) in dottrina, cfr. F. Fimmanò, La irrevocabilità della scissione societaria, in www.ilcaso.it, 2 agosto 2019; A. Picciau, Sulla difficile coesistenza dell'istituto della revocatoria con la scissione di società, in Riv. soc., 2019, 704; A. Paciello, La revocatoria della scissione, in Riv. dir. comm., 2018, 240; C. Angelici, La revocatoria della scissione nella giurisprudenza, in Riv. dir. comm., 2014, II, 111; F. Magliulo, L'inammissibilità dell'esercizio dell'azione revocatoria nei confronti della scissione, in Nuovo dir. soc., 2014, 12, 9; G. Mucciarone, L'opposizione alla fusione di società, Milano, 2014, 216; A.D. Scano, Gli effetti sostanziali della scissione, in A. Serra (diretto da), Trasformazione, fusione, scissione, Bologna, 2014, 882-883; F. Magliulo, La scissione delle società, Milano, 2012, 579 (il quale afferma l'inesperibilità dell'azione revocatoria anche da parte dei creditori particolari del socio nell'ipotesi in cui quest'ultimo voti fraudolentemente a favore della scissione che comporti un rapporto di cambio a lui sfavorevole); R. Dini, Scissioni. Strutture, forme e funzioni, Torino, 2008, 323; D. Davigo, Brevi spunti su alcune questioni relative alla ammissibilità dell'azione revocatoria fallimentare dell'atto di scissione societaria, in Giur. Comm., 2007, II, 260; G. Scognamiglio, Le scissioni, in G.E. Colombo - G.B. Portale (diretto da), Trattato delle società per azioni, Torino, 2004, 294; G. Palmieri, Scissione di società e circolazione dell'azienda, Torino, 1999, 240; L. Salvato, Le operazioni di fusione e di scissione, in AA.VV., Manuale di volontaria giurisdizione, Milano, 1999, 634; F. Fimmanò, Funzioni, forma ed effetti dell'opposizione alla fusione, in Soc., 1998, 433; N. Gasperoni, Trasformazione e fusione delle società (voce), in Enc. Dir., XLIV, Milano, 1992, 1060) si fonda sulle seguenti argomentazioni:

(a) il principio di irregredibilità degli effetti della scissione è volto a garantire la stabilità degli effetti dell'operazione straordinaria in questione. Pertanto, tali effetti non possono in alcun modo essere messi in discussione, sia a mezzo di una declaratoria di invalidità che mediante una declaratoria di inefficacia (sul tema, cfr. F. Magliulo, La scissione delle società, cit., 580, secondo cui "l'art. 2504-quater c.c. […] secondo il quale, eseguite le iscrizioni dell'atto di scissione, […] l'invalidità dello stesso non può essere pronunciata, salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla scissione, è un chiaro indice della volontà del legislatore diretta ad evitare che la stabilità della compagine sociale derivante dalla scissione possa essere compromessa da impugnative successive alla sua attuazione");

(b) le disposizioni in tema di scissione disciplinano in maniera tassativa - approntando un "micro-sistema tipico ed autosufficiente" (così F. Fimmanò, La irrevocabilità della scissione societaria, cit., 18) - i rimedi esperibili avverso l'atto di scissione, i quali costituiscono quindi un numerus clausus idoneo a soddisfare le esigenze del ceto creditorio.

Segnatamente:

i. l'opposizione dei creditori ex artt. 2503 e 2506-ter, comma 5,c.c. - atteggiandosi a guisa di "revocatoria preventiva" (così A. Proto Pisani, L'opposizione dei creditori nel nuovo diritto e processo societario, in Foro It., 2004, V, 55) - tutela l'interesse del singolo creditore a non vedere modificato l'indirizzo economico-patrimoniale della società scissa (e, quindi, le prospettive di soddisfacimento delle proprie ragioni creditorie) a fronte della riorganizzazione societaria in atto (sul tema, cfr. A.D. Scano, cit., 883, secondo cui lo strumento dell'opposizione dei creditori "da solo rappresenta il mezzo di protezione degli interessi dei creditori sociali anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione che siano eventualmente pregiudicati dall'operazione. […] la 'entificazione' di un patrimonio autonomo destinato ad attività di impresa esiste per tutti, o non esiste per nessuno: rispetto ad essa, cioè, non è ipotizzabile quella dissociazione degli effetti giuridici propria della inefficacia relativa. Ragionando diversamente dovrebbe accondiscendersi all'inaccettabile conseguenza per cui sul patrimonio societario post scissione concorrerebbero le pretese dei creditori post scissione […] insieme alle pretese […] dei creditori anteriori alla pubblicazione del progetto. […] A quel punto la separazione societaria verrebbe privata di ogni significato e del carattere di certezza e stabilità che la dovrebbe connotare");

ii. laddove i creditori della società scissa siano pregiudicati nelle proprie ragioni creditorie da un incongruo trasferimento di attività e passività o da un mancato conguaglio, potranno far valere la responsabilità solidale ex art. 2506-quater, comma 3,c.c. e, quindi, agire nei confronti delle beneficiarie nei limiti del patrimonio netto ad esse assegnato o rimasto, vale a dire nei limiti dell'effettivo pregiudizio subìto (sul tema, cfr. F. Fimmanò, La irrevocabilità della scissione societaria, cit., 23);

iii. in ogni caso, i soci o i terzi (i terzi potranno essere "creditori ingannati da situazioni patrimoniali non veritiere o non più attuali che li abbiano indotti a non proporre opposizione o dalla falsa attestazione della società di revisione che […] abbia dichiarato non necessarie le garanzie a tutela dei creditori sociali, consentendo l'anticipazione dell'operazione", ma anche "possessori di obbligazioni convertibili che non abbiano esercitato la conversione anticipata e dei quali sia stato violato il diritto al mantenimento dei diritti equivalenti" (così A. Bertolotti, Scissione delle società, in G. De Nova (a cura di), Commentario del Codice Civile e codici collegati Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2015, 304-305)) eventualmente danneggiati dalla scissione potranno agire per ottenere il risarcimento del danno ex artt. 2504-quater, comma 2 e 2506-ter, comma 5, c.c., azione che soggiace agli stessi termini di prescrizione della revocatoria e prevede analoghi strumenti di tutela cautelare della garanzia patrimoniale;

(c) l'atto di scissione non può essere qualificato come atto dispositivo, ma riorganizzativo (segnatamente, tale atto consisterebbe in una particolare ipotesi di modificazione delle strutture societarie coinvolte nell'operazione) e, pertanto, è sottratto all'operatività dell'art. 2901 c.c., il cui campo di applicazione è circoscritto agli "atti di disposizione del patrimonio".

La tesi favorevole alla revocabilità dell'atto di scissione.

La tesi favorevole alla revocabilità dell'atto di scissione (in senso favorevole alla revocabilità dell'atto di scissione: (a) in giurisprudenza, cfr. Corte di giustizia dell'Unione Europea, 30 gennaio 2020, n. 394, in Giur. Comm., 2021, 5, II, 964; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31654, in Foro It., 2020, 1, I, 163; Trib. Roma, 12 giugno 2018, in Foro It., 2018, 10, 1, 3291; Trib. Bergamo, 28 febbraio 2018; Trib. Benevento, 12 ottobre 2017, in Giur. Comm., 2019, II, 392; Trib. Napoli, 24 luglio 2017, in www.giustiziacivile.it; Trib. Pescara, 17 maggio 2017, in Soc., 2017, 1082; Trib. Roma, 18 novembre 2016, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Roma, 16 agosto 2016, in Riv. not., 2016, II, 932; Trib. Venezia, 5 febbraio 2016, in Soc., 2016, 4, 503; App. Napoli, 17 ottobre 2015, in Rep. Foro It., 2016; Trib. Milano, 9 luglio 2015; Trib. Benevento, 17 settembre 2012, in www.ilcaso.it; Trib. Palermo, 25 maggio 2012, in Pluris; Trib. Catania, 9 maggio 2012, in Fall., 2013, 983; Trib. Catania, 9 gennaio 2012, in www.ilcaso.it; Trib. Palermo, 26 gennaio 2004, in Giur. Comm., 2007, II, 250; Trib. Livorno, 2 settembre 2003, in Fall., 2004, 1138; Trib. Livorno, 19 agosto 2003, in Gius., 2003, 22, 2596; (b) in dottrina, cfr. S.F. Marzo, La controversa revocabilità della scissione societaria, in Dir. fall., 2016, 1131; G. Capparella, Le operazioni di merger leveraged buy-out nella riforma societaria, con particolare riferimento alla società a responsabilità limitata, in Riv. not., 2008, I, 1050; A. Crenca, Scissione societaria e revocatoria fallimentare, in www.ilcaso.it, 19 dicembre 2008; S. Cacchi Pessani, La tutela dei creditori nelle operazioni di merger-leveraged buy-out, Milano, 2007, 186; F. D'Alessandro, Fusioni di società, giudici e dottori, (nt. 2); T. Di Marcello, La revocatoria ordinaria e fallimentare della scissione di società, in Dir. fall., 2006, I, 62; A. Balsamo - M. Stocco, Assoggettabilità della scissione societaria a revocatoria fallimentare, ne Il Sole 24 Ore, 24 settembre 2004; A. Genovese, L'invalidità della fusione, Torino, 1997, 212; F. Denozza, La scissione di società, in AA.VV., Impresa e società. Nuove tecniche comunitarie, Milano, 1992, 95; F. Galgano, Scissione di società, in Vita not., 1992, I, 513; G. Cabras, Le opposizioni dei creditori nel diritto delle società, Milano, 1978, 166), invece, si fonda sulle seguenti argomentazioni:

(a) l'azione revocatoria risulta compatibile col principio di irregredibilità degli effetti della scissione. Lo strumento revocatorio, infatti, non opera sul piano dell'invalidità dell'atto pregiudizievole, bensì su quello della sua inefficacia relativa: la diversità qualitativa di tali vizi, e il fatto che, tra essi, solo l'invalidità (e non anche l'inefficacia) sia disciplinata dal principio di irregredibilità, giustificano quindi l'ammissibilità dell'actio pauliana;

(b) le restrizioni alla tutela dei creditori non sono giustificabili laddove non siano espressamente previste e, pertanto, l'hortus conclusus rappresentato dall'opposizione dei creditori, dalla responsabilità solidale delle beneficiarie e dal diritto al risarcimento del danno in capo ai soci o ai terzi eventualmente danneggiati dalla scissione non esclude l'esperibilità dell'azione revocatoria.

In aggiunta a quanto sopra si evidenzia che:

i. l'opposizione dei creditori e l'azione revocatoria hanno caratteristiche e funzioni diverse, che depongono a favore dell'infungibilità di detti rimedi.

Nello specifico: (A) l'opposizione incide sulla validità dell'atto di scissione, mentre la revocatoria ordinaria incide sull'efficacia dell'atto di scissione; (B) l'opposizione può essere esercitata solo dai creditori sociali anteriori alla scissione, mentre la revocatoria ordinaria può essere esercitata anche dai creditori sociali posteriori alla scissione; (C) l'opposizione è soggetta a termini che potrebbero essere ridotti al ricorrere delle circostanze di cui agli artt. 2503, c. 1 e/o 2505-quater c.c. (lo spatium deliberandi dei creditori può essere compresso anche per effetto delle possibili rinunce alla situazione patrimoniale e/o alla relazione degli amministratori e/o alla relazione degli esperti. Alla luce di ciò, un Autore ha ipotizzato che il campo d'applicazione della revocatoria "parrebbe riferibile proprio ai casi in cui la scissione proceda senza la predisposizione di alcuna delle relazioni e dei prospetti contabili previsti in via ordinaria dal codice civile, ma rinunziabili dai soci: in simili evenienze la valenza riorganizzativa dell'operazione risulta inespressa e anzi ne emergono connotati diversi, che richiamano piuttosto operazioni di mero trasferimento aziendale, rispetto ai quali sarebbe più agevole giustificare un'eventuale, successiva declaratoria d'inefficacia" (così M. Cavanna, La scissione: un'operazione intangibile?, in Giur. It., 2014, 1416)), mentre la revocatoria ordinaria è soggetta al termine di prescrizione di cinque anni dalla data dell'atto (sul tema, cfr. I. Demuro, Fusioni e scissioni, in Giur. Comm., 2014, I, 446); (D) l'opposizione opera ex ante e può avere come finalità anche quella di far valere vizi genetici della delibera di scissione, mentre la revocatoria ordinaria opera ex post e ha come finalità esclusivamente la declaratoria di inefficacia dell'atto pregiudizievole per il creditore revocante (sul tema, in giurisprudenza, cfr. Trib. Catania, 9 gennaio 2012, cit., secondo cui la disciplina dettata in tema di invalidità dell'atto di scissione non può escludere l'operatività della revocatoria, poiché questa "costituisce un rimedio di carattere generale per la tutela conservativa del diritto di credito" e, in ogni caso, "non determina un'invalidità o una caducazione degli effetti della scissione". In dottrina, cfr. T. Di Marcello, cit., 68, secondo cui "lo strumento revocatorio non opera sul piano dell'invalidità dell'atto pregiudizievole bensì su quello della sua inefficacia relativa in quanto in virtù della declaratoria di inefficacia dell'atto il bene o il diritto, pur restando definitivamente acquisito al patrimonio del terzo, garantisce il credito di colui che abbia agito in revocatoria […] con preferenza anche rispetto ai creditori del terzo. La validità dell'atto da revocare sarebbe addirittura un presupposto visto che l'invalidità farebbe venir meno qualunque interesse a chiederne la inefficacia"; in senso conforme, cfr. M. Pin, Scissione e azione revocatoria ordinaria e fallimentare, in Giur. Comm., 2018, II, 141); (E) l'opposizione consente ai creditori di far valere vincoli e limiti all'autonomia gestionale della società debitrice e al potere dispositivo dei soci della stessa, mentre l'azione revocatoria permette ai creditori di disconoscere ex post gli effetti patrimoniali (e non anche quelli organizzativi, quindi) della scissione e di agire sui beni appartenuti alla società debitrice;

ii. ai fini dell'ammissibilità dell'azione revocatoria, è irrilevante il regime di responsabilità solidale ex art. 2506-quater, comma 3, c.c. (sul tema, cfr. F. Fimmanò, La irrevocabilità della scissione societaria, cit., 20-21, secondo cui "anche ammettendo che la responsabilità solidale prevista dalla legge fosse idonea a garantire la piena soddisfazione del creditore, ciò non toglierebbe che la maggiore difficoltà di riscossione del credito derivante dalla necessità di agire contro soggetti diversi dall'originario creditore comporti di per sé un pregiudizio contro cui il creditore può tutelarsi mediante l'azione revocatoria"). Ad integrare il pregiudizio rilevante ex art. 2901 c.c., infatti, è sufficiente una lesione - quantitativa o qualitativa - della consistenza patrimoniale del "disponente" tale da compromettere le prospettive di soddisfacimento del creditore, a prescindere da eventuali responsabilità aggiuntive "esterne" alle quali, pertanto, l'esperibilità dell'azione revocatoria è del tutto insensibile;

(c) la classificazione in termini dispositivi o meno dell'atto di scissione non risulta essere decisiva al fine di ammetterne o di negarne la revocabilità, visto che l'azione revocatoria può essere esercitata a fronte di un qualsiasi comportamento volontario del debitore che arrechi danno al creditore sul piano della garanzia patrimoniale, anche laddove tale comportamento non si concretizzi in un atto dispositivo (sul tema, cfr. P. Pototschnig, Il persistente contrasto interpretativo sull'ammissibilità dell'azione revocatoria della scissione societaria, in Fall., 2018, 907; F. Magliulo, L'inammissibilità dell'esercizio dell'azione revocatoria nei confronti della scissione, cit., 24-26).

Conclusioni

Le argomentazioni passate in rassegna nel paragrafo precedente sono state fatte proprie e sviluppate dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 31654 del 4 dicembre 2019, che ha avuto il pregio di essere stata la prima pronuncia di legittimità in merito all'esperibilità dell'actio pauliana avente ad oggetto un atto di scissione societaria.

In tale contesto, la Suprema Corte ha affermato (in estrema sintesi):

(a) la compatibilità tra il principio di irreversibilità degli effetti della scissione e l'azione revocatoria, dal momento che il primo afferisce ai profili di invalidità dell'atto di scissione, mentre la seconda ai profili di inefficacia dello stesso (cfr. Cass., 4 dicembre 2019, n. 31654, cit., secondo cui "la regola in questione […] mira ad evitare la demolizione dell'operazione di scissione e la reviviscenza delle società originarie, ma appare pienamente compatibile con la natura e gli effetti dell'azione revocatoria, strumento di conservazione della garanzia patrimoniale, che agisce sul registro della mera inopponibilità dell'atto al creditore pregiudicato");

(b) la complementarietà tra il diritto di opposizione dei creditori e l'azione revocatoria, stanti le diverse caratteristiche e funzioni di tali rimedi (cfr. Cass., 4 dicembre 2019, n. 31654, cit., secondo cui "in difetto di adeguato fondamento normativo […] non può quindi ritenersi che l'opposizione che compete ai creditori sia un rimedio sostitutivo e necessario e non solo aggiuntivo rispetto all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria, di cui sussistano i presupposti");

(c) l'irrilevanza - ai fini dell'integrazione dell'eventus damni - della possibilità per i creditori di conseguire aliunde le prestazioni ad essi spettanti (e, quindi, l'irrilevanza del regime di responsabilità solidale ex art. 2506-quater, comma 3, c.c.) (cfr. Cass., 4 dicembre 2019, n. 31654, cit., secondo cui "gli atti dispositivi posti in essere dal debitore devono solamente determinare una menomazione del patrimonio del disponente, così da pregiudicare la facoltà del creditore di soddisfarsi sul medesimo, senza la necessità del ricorrere di un ulteriore requisito, ossia l'impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi. Deve quindi ritenersi irrilevante l'eventuale responsabilità solidale delle società risultanti dalla scissione").

Nel prendere posizione sul tema sottoposto al proprio esame, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha inteso "dare continuità all'orientamento espresso da questa Corte con la […] sentenza n. 31654 del 2019, richiamandosi alle motivazioni in essa contenute" (così Cass., 6 maggio 2021, n. 12047, cit.).

La Corte di Cassazione, nell'aderire pienamente ai principi di diritto già espressi a mezzo dell'ordinanza del 2019, ha richiamato anche la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione European. 394 del 30 gennaio 2020.

Tale provvedimento - emesso a seguito del rinvio pregiudiziale con il quale la Corte d'Appello di Napoli (cfr. App. Napoli, 20 marzo 2018, in Foro It., 2018, I, 1754, con nota di P. Pototschnig, La revocabilità della scissione all'esame della Corte di Giustizia Europea; in Soc., 2018, 1411, con nota di F. Fimmanò, La Corte di Giustizia chiamata a salvare la scissione societaria dalle revocatorie; in Giur. Comm., 2019, con nota di M. Sarale, Scissione e azione revocatoria: richiesto l'intervento della Corte di Giustizia) aveva sottoposto alla Corte del Lussemburgo un quesito circa gli artt. 12 e 19 della sesta direttiva di armonizzazione del diritto societario (dedicati, rispettivamente, alla predisposizione di un "adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti" e alla definizione dei limiti del "regime di nullità della scissione". Segnatamente, la Corte d'Appello di Napoli ha chiesto alla Corte di giustizia dell'Unione Europea di affermare se la nullità di cui all'art. 19 sia riferibile solo alle ipotesi di invalidità dell'operazione di scissione o se, invece, contempli nel proprio alveo applicativo anche l'inefficacia relativa o l'inopponibilità) - ha chiarito che:

(a) il diritto di opposizione dei creditori e la responsabilità solidale delle beneficiarie costituiscono soltanto un "sistema minimo di tutela degli interessi dei creditori della scissa" e, in tale prospettiva, "la mancata previsione dell'azione revocatoria fra gli strumenti di reazione del creditore della società scissa non può essere interpretato, ipso facto, in termini di esclusione del rimedio" (cfr. Corte di giustizia dell'Unione Europea, 30 gennaio 2020, n. 394, cit., secondo cui "occorre pertanto considerare, alla luce dell'obiettivo enunciato dall'ottavo considerando di tale direttiva, ossia tutelare i creditori, inclusi gli obbligazionisti, e i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione, dal danno che può derivare dalla realizzazione della scissione, che l'articolo 12 della sesta direttiva non esclude la possibilità, per i creditori di una società scissa, di proporre un'azione pauliana […] qualora la situazione finanziaria della società scissa nonché quella della società cui l'obbligazione sarà trasferita conformemente al progetto di scissione renda tale protezione necessaria");

(b) l'azione revocatoria, in quanto rimedio che "non incide sulla validità della scissione, non comporta la sua scomparsa e non produce effetti nei confronti di tutti", non contrasta con la nozione di nullità come intesa dalla sesta direttiva di armonizzazione del diritto societario (cfr. Corte di giustizia dell'Unione Europea, 30 gennaio 2020, n. 394, cit., secondo cui "l'azione pauliana promossa dai convenuti nel procedimento principale […] consente soltanto di rendere inopponibile nei loro confronti la scissione in questione e, in particolare, il trasferimento di taluni beni di cui all'atto di scissione. Tale azione non incide sulla validità della scissione, non comporta la sua scomparsa e non produce effetti nei confronti di tutti. Ne consegue che detta azione non rientra nella nozione di nullità di cui all'articolo 19 della sesta direttiva". A norma dell'art. 19, la nullità della scissione può essere dichiarata in tre casi: (i) per mancanza di controllo preventivo di legittimità, giudiziario o amministrativo; (ii) per difetto di atto pubblico; (iii) se è accertato che la deliberazione dell'assemblea che ha approvato il progetto di scissione è nulla o annullabile in forza del diritto nazionale applicabile).

Sulla scorta dei principi di diritto (e del relativo corredo motivazionale) espressi dalla Suprema Corte nel 2019 e dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea, la Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso della Società Scissa e delle Società Beneficiarie.

Occorrerà attendere le prossime pronunce di legittimità per comprendere se il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte nel 2019 (e ribadito nel 2021) avrà composto definitivamente il suddetto dibattito giurisprudenziale e dottrinale o se, invece, tale contrasto verrà riaperto, in attesa di una chiusura che, in tal caso, potrebbe essere data (in prospettiva de iure condendo) da un intervento normativo ad hoc.

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