Inammissibilità della domanda di concordato preventivo della società in liquidazione
16 Marzo 2022
La società in liquidazione, avverso la quale viene depositata istanza di fallimento, può accedere al concordato preventivo, al fine di offrire ai creditori un'alternativa più vantaggiosa rispetto al fallimento?
Il liquidatore di una società in liquidazione, già cancellata dal Registro delle imprese, non è legittimato alla proposizione della domanda di concordato preventivo, nemmeno entro l'anno dalla predetta cancellazione, arco temporale in cui la società in liquidazione può essere comunque dichiarata fallita, ai sensi dell'art. 10 l. fall. Tale orientamento giurisprudenziale rileva, altresì, nel caso in cui venga depositata istanza di fallimento da parte di un creditore. La ratio sta nel fatto che il concordato preventivo tende alla risoluzione della crisi di impresa e tale obiettivo confligge con la messa in liquidazione della società e con la cancellazione del registro delle imprese. Tali eventi, infatti, conseguono all'intervenuta e consapevole scelta di cessare l'attività imprenditoriale e dunque l'utilizzo dello strumento concordatario, ipso facto, è palesemente inadeguato per insussistenza del bene, al cui risanamento lo strumento concordatario dovrebbe mirare. Con la conseguenza che, in caso di deposito, da parte del liquidatore, di una domanda di concordato preventivo ai sensi dell'art. 161 l. fall., il tribunale potrà non procedere all'apertura della procedura, ed invece dichiarare la domanda inammissibile per carenza dei presupposti. Nel caso, poi, di deposito da parte del liquidatore di domanda di concordato ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., ovvero con riserva di presentazione della proposta, del piano e della documentazione (scenario probabile, in costanza di istanza di fallimento già depositata), il tribunale potrà non procedere alla concessione dei termini, e nemmeno all'audizione del debitore ai sensi dell'art. 162 l. fall. Difatti, tali ragioni di inammissibilità sono certamente rilevabili di ufficio, né sussiste l'obbligo, da parte del tribunale, di chiedere chiarimenti al debitore, ciò che invece rientra nella sfera discrezionale dell'organo giudicante. Si noti, infine, che anche la Corte Costituzionale si è pronunciata dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrarietà agli artt. 3 e 24 Cost, del combinato disposto degli artt. 2495 c.c. e 10 l. fall.
Riferimenti normativi - Art. 10 l. fall.; Art. 2495 c.c. Riferimenti giurisprudenziali - Cass. 19 luglio 2021, n. 20616; Cass. 21 agosto 2020, n. 17532; Cass. 22 giugno 2020, n. 12045; Corte Cost. 13 gennaio 2017, n. 9; Cass. 20 ottobre 2015, n. 21286. |