Ristrutturazione edilizia: danno da perdita della detrazione fiscale e prescrizione dell'azione risarcitoria

Maurizio Tarantino
08 Aprile 2022

Chiamato a valutare il risarcimento dei danni derivante dal mancato ottenimento della detrazione fiscale per causa di terzi, il Tribunale di Latina ha precisato che il primo atto interruttivo della prescrizione era rappresentato dalla richiesta di invito ad aderire alla convenzione assistita inoltrata a mezzo pec nel 2019, ossia a ben sette anni di distanza rispetto al 2013, scadenza del termine per la richiesta di detrazione fiscale. Tale atto, comunque, non sarebbe stato idoneo ad interrompere la prescrizione quinquennale. Difatti, nonostante la prescrizione dell'azione e l'assenza del nesso causale, l'attore non avrebbe comunque avuto il diritto alla detrazione, visto che il metodo di pagamento utilizzato era stato l'assegno e non il bonifico parlare così come previsto dalle circolari del Fisco.
Massima

In caso di mancato ottenimento delle detrazioni fiscali IRPEF del 50% afferente i lavori di ristrutturazione, a causa di terzi per il mancato ricevimento della documentazione fiscale attestante i requisiti (fattura), il danneggiato ha l'onere di attivarsi nei termini di legge. In tale circostanza, il dies a quo decorre dal momento in cui il beneficiario avrebbe potuto far valere il diritto alla detrazione, precisamente entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui le opere edili sono state eseguite. In tal caso l'azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. si prescrive in 5 anni.

Il caso

Tizio nel 2013 aveva ceduto alla società Alfa la proprietà del locale ad uso commerciale. Alla stipula del contratto di compravendita veniva stabilito che parte del prezzo della compravendita (88 mila euro) era rappresentato dall'accollo da parte della società Alfa del debito che Tizio aveva con la società Beta per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria eseguiti nel predetto locale. Ebbene, dopo la stipula dell'atto, a seguito dell'incasso da parte dell'odierna convenuta della somma di 88 mila euro, Tizio aveva chiesto la copia della fattura riguardante il saldo del pagamento; fattura pervenuta, tuttavia, solo nel 2018. Parte attrice deduceva che a causa del tardivo invio della fattura non aveva potuto beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per i lavori di ristrutturazione, ossia le detrazioni del 50% per le ristrutturazioni edilizie per l'anno 2012, sicché aveva subìto un danno economico pari a 44 mila euro.

Per le ragioni esposte, l'attore aveva chiesto al giudice di accertare la responsabilità della società Beta del tardivo invio della fattura, causandone un danno economico per il mancato beneficio delle detrazioni fiscali e, per l'effetto, la condanna della convenuta al risarcimento della somma contestata.

Costituendosi in giudizio, la società Beta eccepiva l'intervenuta prescrizione e, nel merito, l'infondatezza della pretesa risarcitoria e del diritto alla detrazione.

La questione

Le questioni in esame sono le seguenti: il beneficiario della detrazione IRPEF ha diritto alla detrazione fiscale se richiesta a ben sette anni di distanza rispetto alla scadenza del termine? Il mancato ottenimento dell'agevolazione può legittimare la richiesta di risarcimento del danno a seguito di mancato ricevimento della fattura dalla parte della società che ha realizzato i lavori? La semplice richiesta della fattura è atto idoneo all'interruzione della prescrizione? L'agevolazione può essere ottenuta anche se i lavori sono stati pagati con assegno bancario?

Le soluzioni giuridiche

Il giudice laziale ha accolto la domanda di prescrizione. Difatti, nel caso di specie, il dies a quo decorreva dal momento in cui l'attore avrebbe potuto far valere il diritto alla detrazione, ossia nell'anno 2013, precisamente, entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui le opere edili venivano eseguite, così come prescritto dalle circolari n. 57 e n. 131 del 1998 del Ministero delle Finanze. Quanto all'interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto. Ne consegue che non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore, nonché la riserva, anche se contenuta in un atto scritto, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2010, n. 3371). Per meglio dire, nel caso di specie, parte attrice adduceva che il primo atto interruttivo della prescrizione era avvenuto con l'esplicita richiesta di ricevere copia della fattura. Tuttavia, dall'istruttoria di causa, non era presente nessun allegato dal quale poter evincere che l'attore aveva chiesto alla convenuta la copia della fattura al fine di far valere il suo diritto. Ad ogni modo, a tutto voler concedere, tale atto, ancorché presente, comunque non sarebbe stato idoneo ad interrompere la prescrizione nei termini anzidetti. Difatti, il primo atto interruttivo della prescrizione era rappresentato dalla richiesta di invito ad aderire alla convenzione assistita inoltrata a mezzo pec nel settembre del 2019, ossia a ben sette anni di distanza rispetto al 2013, scadenza del termine per la richiesta di detrazione fiscale.

Quanto al merito della vicenda, parte attrice non aveva provato di avere un accordo con la società convenuta sull'obbligo dell'invio della fattura al fine di usufruire della detrazione fiscale per le ristrutturazioni e che, nell'atto di compravendita, era stato previsto solo l'accollo, da parte della società Alfa, del debito che l'attore aveva con la società Beta e non anche l'obbligo di consegna di fattura da parte della convenuta nei confronti dell'attore. Ad ogni modo, nonostante la prescrizione dell'azione e l'assenza del nesso causale, l'attore non avrebbe comunque avuto il diritto alla detrazione visto che il metodo di pagamento utilizzato era stato l'assegno e non il bonifico parlare così come previsto dalle circolari del Fisco.

Per le ragioni esposte, la domanda è stata rigettata.

Osservazioni

La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alle questioni legate alle detrazioni per il recupero edilizio.

L'agevolazione fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia è disciplinata dall'art. 16-bis del d.P.R. n. 917/1986. In particolare, la detrazione dall'IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) è pari al 36% delle spese sostenute, documentate. L'importo massimo di spesa ammesso sul quale calcolare la detrazione: € 48.000,00 (per unità immobiliare con detrazione da ripartire in 10 rate annuali di pari importo. Tuttavia, come disciplina temporanea (aggiornata alla Legge di Bilancio 2022), in via transitoria, e più precisamente per le spese documentate, sostenute fino al 31 dicembre 2024, la detrazione spetta nella maggior misura del 50% delle spese sostenute con importo massimo di spesa ammesso sul quale calcolare la detrazione: € 96 mila e detrazione da ripartire in 10 rate annuali di pari importo.

Il diritto alla detrazione fiscale per lavori di ristrutturazione edilizia, disciplinato dall'art. 16-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, prevede all'art. 1, comma 3, che i pagamenti (cui ineriscono i lavori) debbano essere effettuati con il cosiddetto bonifico “parlante”, ossia con bonifico bancario o postale dal quale risulti: la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto che effettua il pagamento ed il codice fiscale o la partita iva del beneficiario del pagamento; mentre al successivo art. 4, lett. b), si prevede espressamene che la detrazione non è riconosciuta in caso di effettuazione di pagamento secondo modalità diverse da quelle previste dall'art. 1 comma 3.

In tema, inoltre, si osserva che l'Agenzia dell'Entrate con la Risoluzione n. 55/E/2012 ha precisato che la non corretta compilazione del bonifico non consente di fruire della detrazione, salva l'ipotesi della ripetizione del bonifico in modo corretto; successivamente, con la Circolare n. 43/E/2016, il Fisco ha ulteriormente previsto la possibilità di sanare l'errore laddove effettuato con bonifico ordinario, previa richiesta al fornitore di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio e con successiva attestazione di aver ricevuto le somme e di averle inserite nella propria contabilità. Dunque, l'Agenzia delle Entrate, con dette risoluzioni e/o circolari, ha contemplato l'ipotesi diversa dal caso di specie, il cui pagamento era avvenuto non già a mezzo bonifico, ma a mezzo assegno bancario. In aggiunta a ciò, nell'atto di compravendita si dava proprio atto del pagamento dei detti lavori a mezzo assegno bancario, contrariamente alle prescrizioni previste dall'art. 16-bis Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Quindi, su questo aspetto, parte attrice comunque non aveva il requisito per ottenere l'agevolazione.

Quanto alla prescrizione dell'azione, la pretesa fatta valere dall'attore rientrava nella fattispecie di risarcimento danno da responsabilità extracontrattuale. In punto di diritto, ai sensi dell'art. 2043 c.c., la responsabilità extracontrattuale è la responsabilità civile che sorge in conseguenza del compimento di un fatto illecito, doloso o colposo, che cagioni ad altri un ingiusto danno (art. 2043 del c.c.), come nel caso di specie, in cui la parte fondava il proprio diritto, non sulla base della violazione di un'obbligazione contrattuale, ma sulla base della violazione del principio del naeminen laedere. Ne deriva che l'azione per il risarcimento del danno si prescrive in cinque anni. A questo proposito, come già osservato in giurisprudenza, in materia di illecito civile, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza (Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2016, n. 4899); proprio in tema di diligenza, dunque, parte attrice avrebbe dovuto eccepire la questione entro i termini indicati. In conclusione, la questione analizzata dal Tribunale di Latina offre alcuni spunti di approfondimenti utili soprattutto alla luce di tutti i bonus afferenti al recupero edilizio.

Riferimenti

Tarantino, Recupero edilizio, in Condominioelocazione.it.

Red. scient., Legge di bilancio 2022: le novità del settore immobiliare, in Condominioelocazione.it.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.