L'oggetto dell'accertamento dell'obbligo del terzo non può superare il limite della somma pignorata, salva l'ipotesi di estensione del pignoramento

12 Aprile 2022

La questione esaminata è quella dei limiti del pignoramento e di conseguenza dell'oggetto dell'accertamento dell'obbligo del terzo, tenuto conto dell'odierna formulazione dell'art. 549 c.p.c., che prevede espressamente che l'ordinanza conclusiva «produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617».
Massima

Il limite dell'importo del credito precettato aumentato della metà, previsto dall'art. 546, comma 1, c.p.c., individua l'oggetto del processo esecutivo, sicché, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, pur se del medesimo procedente, non consente il superamento del detto limite e, quindi, l'assegnazione di crediti in misura maggiore. Il medesimo limite caratterizza, di conseguenza, anche l'oggetto del procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo.

Il caso

La Banca Alfa avviava espropriazione presso terzi nei confronti di Tizio, intendo pignorare dei crediti vantati da quest'ultimo nei confronti di un'associazione professionale, cui lo stesso debitore era associato. Il terzo rendeva dichiarazione negativa, precisando che il creditore aveva ceduto tutti i crediti ad un altro istituto, in data antecedente alla notifica del pignoramento. La Banca creditrice introduceva allora il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo (secondo la procedura applicabile ratione temporis, ovvero tramite la proposizione di ordinario giudizio di cognizione, con conseguente sospensione della procedura esecutiva), sostenendo che la suddetta cessione non potesse essergli opposta con riferimento ai "pagamenti effettuati in data successiva al pignoramento". In primo grado il Tribunale accertava l'esistenza dell'obbligo del terzo nei limiti della somma pignorata. La sentenza veniva appellata dalla creditrice la quale riteneva che la Corte d'appello dovesse accertare che l'Associazione Professionale era debitrice nei confronti di Tizio di una maggior somma (quasi dieci volte superiore all'importo pignorato), secondo quanto emerso dall'istruttoria compiuta in primo grado. La Corte d'appello di Milano, con la sentenza impugnata innanzi alla Suprema Corte, rigettava l'appello, osservando che in nessun caso il creditore pignorante può vedersi assegnare somme maggiori rispetto all'importo indicato nell'atto di pignoramento e che il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo non può che avere ad oggetto il credito di cui alla pretesa esecutiva per come indicata nell'atto di pignoramento.

La questione

La Suprema Corte, con la decisione in commento, ribadisce il principio già affermato con la sentenza n. 15595/2019 di espresso valore nomofilattico, in quanto emessa all'esito della pubblica udienza della Terza Sezione Civile, nell'ambito della particolare metodologia organizzativa adottata dalla suddetta sezione per la trattazione dei ricorsi su questioni di diritto di particolare rilevanza in materia di esecuzione forzata (cd. "progetto esecuzioni"). La questione è quella dei limiti del pignoramento e di conseguenza dell'oggetto dell'accertamento dell'obbligo del terzo, tanto più nell'odierna formulazione dell'art. 549 c.p.c., che prevede espressamente che l'ordinanza conclusiva produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617.

Le soluzioni giuridiche

L'intervento, già nel 2019, da parte della Corte di cassazione ha dissipato i dubbi in ordine ad alcune problematiche, di notevole impatto pratico, che avevano trovato soluzioni differenti fra i giudici di merito. L'art. 546 c.p.c. dispone che «Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'art. 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode». Detta norma individua, dunque, anche i limiti del pignoramento: così come il terzo non assume alcun obbligo di custodia per un importo superiore a quello indicato nell'atto di precetto aumentato della metà, analogamente il creditore non può vedersi assegnata una somma superiore a detto importo, nemmeno nell'ipotesi in cui emerga- in seno al procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo- che quest'ultimo è debitore di una somma superiore. Nella fattispecie all'esame della Corte, lo stesso creditore procedente aveva depositato due interventi nel processo esecutivo, fondati su ulteriori titoli esecutivi, ritenendo che tali interventi fossero «idonei ad estendere gli effetti del pignoramento». Aggiungeva il creditore chesarebbe stato contrario ai principi costituzionali di effettività della tutelagiurisdizionale e di ragionevole durata del processo imporre al creditoreprocedente, nel caso di insorgenza di nuovi crediti durante lo svolgimentodell'esecuzione forzata, di non potere avvalersi del pignoramento già eseguito,così da costringerlo ad iniziare una nuova procedura esecutiva.

La Corte rigetta il ricorso e respinge le argomentazioni avanzate dal creditore, affermando che «a) la misura del pignoramento circoscrive l'oggetto del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo; b) se, pendente il processo di accertamento dell'obbligo del terzo, il creditore esecutante acquisisse nuovi titoli ed intervenisse nel processo esecutivo, tale intervento potrà modificare l'oggetto del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo solo a due condizioni: b') che il creditore abbia ritualmente esteso il pignoramento, notificando l'atto di intervento al debitore ed al terzo; b") che il creditore-attore nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo abbia formulato rituale istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. per modificare la domanda, sempre che ne sussistano i presupposti». I giudici di legittimità precisano che detti principi, sebbene affermati con riferimento ad una vicenda processuale in cui l'accertamento dell'obbligo del terzo si era svolto in un autonomo giudizio e dinanzi ad un giudice diverso da quello dell'esecuzione (secondo le regole previgenti alle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 20, n. 4), della l. 228/2012), restano validi anche nel vigente sistema processuale, in cui l'accertamento dell'obbligo del terzo, in caso di contestazioni, è devoluto allo stesso giudice dell'esecuzione. Per il creditore procedente, dunque, l'unica possibilità di “superare” i limiti di cui all'art. 546 c.p.c. è quella di una rituale estensione del pignoramento. Quest'ultima è disciplinata dall'art. 499 c.p.c. secondo cui «Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione». Quanto a detta previsione, lo scopo è all'evidenza quello di evitare che i beni pignorati (in misura ritenuta dal creditore procedente congrua rispetto al soddisfacimento del proprio credito) si rivelino insufficienti in conseguenza dell'intervento di altri creditori (o, come nella specie, dello stesso procedente per altri titoli). Nella richiamata sentenza n. 15595/2019 viene ugualmente valorizzata la necessità dell'estensione del pignoramento ai fini del superamento dei limiti di cui all'art. 546 c.p.c. Afferma, infatti, la Corte che «Non rileva, al riguardo, che il credito sia stato accertato all'esito del giudizio una volta previsto dall'art. 548 c.p.c. (o, attualmente, del peculiare subprocedimento che lo ha sostituito): se è vero che il pignoramento presso terzi è una fattispecie processuale a formazione progressiva, nondimeno il suo oggetto resta univocamente delimitato dall'art. 546, primo comma, c.p.c., non potendo più, dopo la novella di questo, sostenersi che esso si estenda alla totalità dei crediti del debitore esecutato nei confronti del terzo, essendo libero questi di disporre del credito nella misura eccedente quel limite (l'importo del credito precettato, aumentato della metà)». Per cui se non si verifica una rituale estensione del pignoramento mediante la notifica al debitore di un nuovo atto di intimazione (e non semplicemente depositando un atto di intervento dinanzi al giudice dell'esecuzione) non rileverà la circostanza che, in seno al subprocedimento di accertamento dell'obbligo del terzo, emerga l'esistenza di somme maggiori dovute da quest'ultimo al debitore. Se non ha ritualmente esteso il pignoramento, al creditore non resterà che iniziare una nuova procedura nei confronti dello stesso debitore e dello stesso terzo (e sempre che nelle more il terzo non abbia corrisposto le eventuali maggiori somme al debitore, potendone quest'ultimo liberamente disporne). A tal proposito, si osserva che la Suprema Corte (sent. n. 25026/2019) ha ammesso che in mancanza dell'indicazione di beni ulteriori da pare del procedente, il creditore intervenuto tempestivamente ha facoltà di chiedere l'autorizzazione all'estensione.

Osservazioni

Fermo restando che l'impostazione attuale appare ormai consolidata (come del resto confermato dalla decisione in commento) si osserva che in passato la Suprema Corte appariva orientata in senso differente. Con la sentenza n. 6518/2014 (fattispecie successiva all'introduzione del nuovo art. 546 c.p.c.) affermava, infatti, che «nell'espropriazione presso terzi di somme di danaro l'oggetto del pignoramento è costituito dall'intera somma di cui il terzo è debitore, e non dalla quota del credito per la quale l'esecutante agisce in forza del titolo esecutivo notificato, costituendo essa solo il limite della pretesa fatta valere "in executivis" (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2009 n. 1688; Idem, 4 ottobre 2010 n. 20595). La domanda di accertamento del credito è potenzialmente estesa, cioè, all'intero importo che si accerti dovuto dal debitore esecutato, sulla base dei fatti e del titolo dedotto in giudizio. L'art. 543 c.p.c., comma 2, n. 2 richiede infatti l'indicazione anche solo generica delle cose e delle somme dovute, non potendosi esigere che il creditore procedente conosca i dati esatti concernenti tali somme o cose, data la sua estraneità ai rapporti tra debitore e terzo, e prevedendo il sistema che tale genericità venga eliminata mediante la dichiarazione che il terzo è chiamato a rendere a norma dell'art. 547 c.p.c. (Cass. civ. , sez. III, 24 maggio 2003 n. 8239)». Sulla scorta di tale orientamento alcuni Tribunali avevano adottato una soluzione opposta a quella delineata nella sentenza in commento, accertando (e quindi assegnando) anche oltre il limite di cui all'art. 546 c.p.c., ove durante il procedimento ex art. 549 c.p.c. (cui partecipano il terzo e lo stesso debitore), fosse emersa l'esistenza di ulteriori crediti della parte esecutata in favore del terzo in misura maggiore rispetto alla somma pignorata. In tal senso, incidentalmente, si osserva l'esistenza di una possibile distorsione del sistema, in ipotesi non contemplata dall'art. 499 c.p.c.. Mentre, infatti, nel concorso fra creditori chirografari è concessa agli intervenuti tempestivi la facoltà di estendere il pignoramento, la medesima possibilità non è prevista in caso di concorso di creditori tutti di rango privilegiato. Si pensi all'ipotesi in cui, in seno alla procedura avviata da creditore privilegiato, intervengano più creditori della stessa natura (tale caso si verifica frequentemente nella prassi ove il debitore sia l'ex datore di lavoro dei creditori procedenti ed intervenuti). Nemmeno è possibile immaginare un'applicazione analogica dell'art. 499 c.p.c. al caso prospettato. La norma, infatti, oltre a fare riferimento ai soli chirografari, valorizza il limite temporale facendo riferimento all'intervento tempestivo (limite a sua volta valorizzato anche dalla Suprema Corte nella richiamata sentenza n. 25026/2019). Nel caso del creditore privilegiato, del resto, un problema di tempestività dell'intervento nemmeno si pone, potendo questi intervenire in qualsiasi momento antecedente alla distribuzione. Al creditore privilegiato intervenuto non resta che la partecipazione al riparto con probabile dichiarazione di incapienza (per tutti i creditori di pari rango, dovendosi prospettare una distribuzione con medesima percentuale di soddisfo, in proporzione al valore dei crediti) o l'avvio di una nuova e diversa procedura con pignoramento autonomo, essendogli dunque preclusa la possibilità di chiedere l'estensione.

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