Appunti per una revisione della normativa sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali
14 Aprile 2022
Premessa
* L'autore, legale dell'INAIL, nel presente lavoro esprime opinioni personali che, naturalmente, non impegnano in alcun modo l'Ente di appartenenza.
Già nel 1989, quando il Testo Unico delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) era ancora “giovane”, la dottrina aveva rilevato l'incongruenza di tale normativa rispetto ai valori costituzionali, sottolineando che «nella disciplina positiva le caratteristiche di fondo delle assicurazioni sociali sono tuttora presenti, ad onta dei principi introdotti dalla Costituzione e, tra questi, soprattutto del principio di solidarietà, che non è più, come nell'ordinamento corporativo, criterio di risoluzione dei conflitti sociali, bensì (giusti gli artt. 2 e 3 Cost.) criterio di promozione umana e sociale, attraverso misure di reazione alle ragioni materiali, morali e sociali di disparità sostanziale tra i cittadini» (1).
In particolare, veniva già a suo tempo evidenziata «una tendenza del legislatore ordinario ad attribuire rilevanza al rischio professionale (questa volta, però, dal lato del lavoratore, e non come criterio di imputazione di responsabilità, ma come criterio di giustificativo di tutela preferenziale): il che non può dirsi propriamente in linea con il principio costituzionale, che, come titolo di accesso alla garanzia previdenziale, considera soltanto lo stato di bisogno (…)» (2).
In altre parole, nonostante sia stata sempre apprezzata la qualità tecnica del prodotto normativo confluito nel T.U., deve ormai essere comunque considerata la necessità di una modifica dello stesso per adeguarlo all'impellente esigenza di un ampliamento della tutela INAIL (3). Estensione soggettiva della tutela
In effetti, un sistema di tutela centrato sulla persona del lavoratore, con «vocazione universalistica», non sembra innanzitutto compatibile con la selettività soggettiva della protezione previdenziale che ancora oggi caratterizza il T.U. (4).
Mentre l'art. 38 Cost. sembra voler garantire tutti i lavoratori e tutte le attività lavorative («I lavoratori hanno diritto …»), l'assicurazione contro gli infortuni è tuttora riservata a determinati soggetti, indicati nell'art. 4 del T.U., purché svolgano una delle attività previste dall'art. 1 della stessa norma. Tali elencazioni, come noto, vengono considerate sostanzialmente tassative (eventualmente soggette ad interpretazione estensiva), per cui restano esclusi dalla tutela i lavoratori che non sono ivi indicati e le attività ivi non previste. Del resto, la progressiva estensione delle categorie protette a cui si è proceduto nel corso degli anni per opera della legislazione e della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, sebbene rilevante ed apprezzabile, non sembra aver trasformato radicalmente l'impianto originario: aggiungendo via via nuove categorie di soggetti assicurati, infatti, si è sempre continuato a circoscrivere il gruppo dei beneficiari in ragione della minore o maggiore probabilità che si verifichi l'evento infortunio o l'evento malattia professionale, in adesione ad una logica propria delle assicurazioni, che, appunto, presuppongono l'esistenza di un rischio.
Una tale limitazione soggettiva della tutela risulta poi addirittura intollerabile in relazione alla tragica infezione da COVID-19, perché finisce per escludere dalla protezione previdenziale lavoratori particolarmente esposti, come i medici di base o i medici e gli infermieri che operano come lavoratori autonomi, i quali non rientrano tra i lavoratori parasubordinati di cui all'art. 5 del d.lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 (5).
In realtà, ogni lavoratore che rimane vittima di un infortunio o contrae una malattia professionale, proprio perché la situazione di bisogno è stata cagionata dall'adempimento del dovere sociale di concorrere al progresso della società, merita una protezione particolarmente intensa, in conformità ai principi affermati dalla Costituzione, che richiedono la «massima estensione della tutela contro gli infortuni e le malattie occasionate da attività di lavoro» e impongono il superamento di ogni problema relativo alla qualificazione o tipizzazione del rapporto di lavoro e ogni discriminazione tra lavoratori; l'esigenza di proteggere il lavoro «comporta infatti la svalutazione del titolo o del regime giuridico in base al quale l'attività sia espletata» (6).
Dovrebbero allora essere abrogati gli artt. 1 e 4 (e gli artt. 205-209 per l'agricoltura) del T.U. e sostituiti da un unico articolo che preveda l'obbligatorietà dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di tutti i lavoratori, pubblici e privati, dipendenti e autonomi.
D'altro canto, lo stesso Presidente dell'INAIL ha voluto chiarire che una rinnovata assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali di tutti i lavoratori, tenuto conto dell'evoluzione intervenuta, sarebbe ormai attuabile con un'incidenza sostenibile sui costi del sistema previdenziale (Forze armate e di polizia, Vigili del fuoco dipendenti e volontari, professioni in mono-committenza, partite IVA, commercianti) (7).
Dovrebbe essere anche abrogato l'art. 935 c. nav., richiamato dall'art. 1, n. 11, del T.U., che esclude dalla tutela i piloti di velivoli, proprio in relazione alle operazioni di volo, ossia alle mansioni più pericolose (8). Equiparazione della tutela tra infortuni e malattie professionali
Negli ultimi anni, poi, con l'indennizzo di malattie non causate dall'attività lavorativa in senso stretto (come il danno da fumo passivo o da costrittività organizzativa) (9), la distinzione tra il concetto di «occasione di lavoro» e quello di «causa di lavoro» si è molto affievolita ed è forse giunto il momento di garantire una maggiore tutela delle tecnopatie, sostanzialmente analoga a quella degli infortuni, ricomprendendo espressamente nella protezione anche la patologie occasionate dal lavoro, come quelle contratte in itinere; si pensi, ad esempio, alla lombosciatalgia di chi sia stato costretto a percorrere tanti chilometri in auto per recarsi al lavoro durante la sua vita lavorativa (caso affrontato dalla Cassazione e risolto negativamente) (10) o al mesotelioma contratto da chi, andando al lavoro, abbia dovuto attraversare strade o ambienti inquinati da amianto.
Ai fini della tutela degli infortuni e delle malattie dovrebbe allora rilevare soltanto la sussistenza dell'occasione di lavoro.
Potrebbero quindi essere abrogati gli artt. 2 e 3 del T.U. (e anche gli artt. 210 e 211 del T.U. per l'agricoltura) e sostituiti da un unico articolo che preveda la tutela degli infortuni avvenuti e delle malattie contratte in occasione di lavoro o nell'esercizio delle incombenze cui i lavoratori sono adibiti (espressione che richiama quella dell'art. 2049 c.c. e che dovrebbe essere interpretata con la stessa ampiezza) (11). Ai fini della protezione INAIL dovrebbe essere sufficiente che il lavoro abbia favorito o agevolato il verificarsi dell'evento (infortunio o malattia). Estensione della tutela degli infortuni in itinere e previsione della protezione delle malattie in itinere
Al di là del suggerimento, di cui sopra, di estendere la tutela anche alle malattie in itinere, si dovrebbe probabilmente rivedere proprio l'art. 12 del d.lgs. 23 febbraio 2000 n. 38, che appare troppo penalizzante per il lavoratore (12), finendo per dare rilevanza a comportamenti colposi dello stesso (in contrasto con il principio fondamentale dell'irrilevanza della colpa ai fini della protezione) e conducendo spesso a interpretazioni troppo rigide in rapporto ad alcuni casi quali:
- l'uso «necessitato» del mezzo privato, che dovrebbe essere tutelato anche quando esso, pur non indispensabile, sia comunque giustificato in base al criterio di ragionevolezza; - il transito nelle pertinenze dell'abitazione e nelle aree condominiali, ossia in tratti di percorso che vengono normalmente esclusi dall'iter protetto, mentre dovrebbero rientrarvi quando il lavoratore stia appunto andando o tornando dal lavoro. Infatti, una volta uscito dalla propria abitazione, mentre l'assicurato scende le scale condominiali, va in garage a prendere l'auto, attraversa il cortile, ecc., egli ha già iniziato il percorso lavorativo; - l'interruzione e la deviazione del tragitto, che dovrebbero comportare l'esclusione della tutela soltanto quando non siano necessitate e, comunque, quando l'infortunio avvenga proprio durante tali momenti di sospensione dell'iter protetto; dette circostanze dovrebbero invece rimanere irrilevanti se dovute a caso fortuito, forza maggiore, adempimento di doveri penalmente (o civilmente) rilevanti e, in ogni caso, una volta che il lavoratore abbia ripreso il viaggio lavorativo; - la condotta colposa del conducente (13); - il lavoratore trasportato, che non può essere sfavorito con l'estensione a suo danno delle cause di esclusione della tutela che attengono al conducente.
Forse si potrebbe ipotizzare l'abrogazione dell'art. 12 e, quindi, la modifica degli artt. 2 e 210 del T.U. o, addirittura, l'inserimento di una norma ad hoc molto semplice, analoga per la parte relativa agli infortuni a quella degli ordinamenti di quasi tutti i Paesi che prevedono la tutela degli infortuni in itinere, ma innovativa in relazione alle malattie, del tipo: «l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi e le malattie contratte sulle vie del lavoro». Ampliamento della tutela del danno biologico
Il sistema attuale di indennizzo del danno biologico appare forse penalizzante per l'esclusione della tutela del danno biologico da temporanea e del danno permanente fino al 5%.
La questione meriterebbe speciale approfondimento in considerazione dei riflessi di carattere finanziario dell'eventuale intervento, tuttavia, compatibilmente con un sistema di tutela che resta di carattere indennitario, per il danno da temporanea si potrebbe prevedere un indennizzo onnicomprensivo che comporti certo il reintegro della perdita del reddito, anche in misura percentuale (come avviene attualmente), ma che comprenda altresì una somma pari per tutti i lavoratori, indipendente dal reddito, che vada a ristorare appunto il danno biologico; per i postumi, andrebbe invece eliminata la franchigia e, forse, si potrebbe chiarire che la rendita ha carattere indennitario, superando la distinzione tra danno biologico e conseguenze patrimoniali, priva in realtà di qualsiasi fondamento giuridico (14). Superamento del regime di prescrizione delle prestazioni
La giurisprudenza costituzionale e di legittimità ha da tempo avviato un percorso volto alla progressiva riduzione della rilevanza della prescrizione in materia di prestazioni INAIL. Si pensi, ad esempio: all'ammissione a tutela della stessa patologia già denunciata in passato e con postumi stabilizzati quando non sia cessata l'esposizione al rischio (cosiddetta «nuova malattia») (15); alla rilevanza attribuita agli aggravamenti di un infortunio causati da eventi non rientranti nella normale evoluzione della patologia, anche se successivi alla cristallizzazione dei postumi (16); all'utilizzabilità di qualsiasi atto di costituzione in mora ai fini dell'interruzione della prescrizione ad libitum (17); al significato di silenzio-inadempimento attribuito all'inerzia dell'Istituto di cui all'art. 111 del T.U. (18); al diritto all'unificazione di postumi inferiori al minimo indennizzabile con altri successivi, senza limiti temporali, ai sensi dell'art. 80, comma 3, del T.U., con la conseguente possibilità di valutazione di tutta la vita lavorativa e di indennizzo di eventi molto risalenti.
Seguendo questa traccia ormai abbastanza chiara, è forse giunto il momento di un coraggioso e decisivo superamento della previsione del termine di prescrizione di cui all'art. 112 del T.U.; «le indubitabili esigenze di tempestività e celerità degli accertamenti, che sono alla base dei termini prescrizionali», infatti, non possono e non debbono in alcun caso prevalere sull'esigenza di ampia tutela dell'infortunato e del tecnopatico (19).
La prescrizione potrebbe riguardare singole prestazioni, come l'indennità di temporanea o i ratei di rendita, perché, in effetti, il trascorrere del tempo fa perdere loro la funzione di sostegno cui sono finalizzate, ma non altri diritti previdenziali fondamentali come quello di ottenere l'indennizzo del danno biologico in capitale o in rendita o la rendita ai superstiti (ciò alla pari di quanto avviene per altri diritti previdenziali, come la pensione di vecchiaia, la pensione di anzianità o la pensione del pubblico impiego).
Come è stato autorevolmente sostenuto, infatti, il regime della prescrizione riflette un dato di natura sociologica, per cui «sono soggette a prescrizione le prestazioni a carattere temporaneo, che sopperiscono a bisogni contingenti della vita», mentre «sono imprescrittibili le prestazioni che coprono bisogni permanenti, senza le quali sarebbe pregiudicata la qualità della vita e la stessa sopravvivenza» (20).
Del resto i diritti indisponibili sono normalmente anche imprescrittibili, per cui la previsione della prescrittibilità del diritto, di cui all'art. 112 del T.U., sembra anche incompatibile con il principio di indisponibilità delle prestazioni INAIL (artt. 110 e 114 T.U.) (21). Conclusioni
Probabilmente le modifiche che vengono suggerite finiscono per impattare con altre norme del T.U. e quindi potrebbero richiedere un esame attento dell'intera normativa; per questo il presente scritto non vuole rappresentare altro che una serie di appunti da utilizzare eventualmente in un atteso tavolo di lavoro che abbia di mira l'estensione della protezione del lavoratore come centro e fine del sistema di tutela INAIL. Note
(1) V. M. CINELLI, Problemi di Diritto della Previdenza Sociale, Torino, 1989, 20.
(2) V. M. CINELLI, op. cit., 100 s.
(3) Cfr. M. CINELLI, La centralità dell'uomo nel sistema di protezione sociale. Note a margine del recente libro di Guglielmo Corsalini sulla tutela INAIL, in corso di pubblicazione su Dir. lav. mer., 2021.
(4) V. M. CINELLI, Diritto della Previdenza Sociale, Torino, 2020, 496.
(5) Cfr. L. LA PECCERELLA, Infezione da coronavirus e tutela contro gli infortuni e le malattie professionali, in Dir. sic. soc., 2020, I, 1 ss.
(6) V. C. Cost. 10 maggio 2002 n. 171.
(7) Cfr. anche l'intervista del Presidente dell'INAIL, FRANCO BETTONI, al Sole 24 Ore del 30 gennaio 2020, Tutele da estendere a 3 milioni di lavoratori, noi siamo pronti, a cura D. COLOMBO.
(8) Cfr. G. CORSALINI, Il pilota di elicottero, il sindaco e la limitazione soggettiva della protezione dell'INAIL (a proposito di due recenti decisioni della Corte di Cassazione), in corso di pubblicazione su Riv. dir. sic. soc., 2021.
(9) Sia consentito il rinvio a G. CORSALINI, La centralità del lavoratore nel sistema di tutela INAIL, Milano, 2020, 180 ss.
(10) V. Cass. del 9 ottobre 2013 n. 22974.
(11) Cfr. G. CORSALINI, La centralità del lavoratore nel sistema di tutela INAIL, cit., 66 ss.
(12) Cfr. G. CORSALINI, La centralità del lavoratore nel sistema di tutela INAIL, cit., cap. 3.
(13) Ad esempio, un tasso alcolemico che comporta sanzioni ai sensi dell'art. 186 C.d.S., superiore alla soglia di 0,5 g/l o di 0 per i neopatentati non è detto che provochi un effettivo stato di ebbrezza e che sia quindi necessariamente significativo per l'esclusione della tutela previdenziale; o ancora, la guida con patente scaduta non sembra sia un'ipotesi equiparabile alla guida senza aver conseguito la patente e, quindi, un'infrazione tale da comportare una penalizzazione tanto grave con la privazione della copertura INAIL, come, invece, ha affermato la Cassazione anche di recente (cfr. Cass. 8 aprile 2021 n. 9375).
(14) Cfr. G. CORSALINI, La centralità del lavoratore nel sistema di tutela INAIL, cit., 308 ss.
(15) V. C. Cost. 12 febbraio2010 n. 46.
(16) Cfr. Cass. 17 gennaio 2018 n. 1048.
(17) V. Cass., sez. un. 16 novembre 1999 n. 783.
(18) V. Cass., sez. un., 7 maggio 2019 n. 11928.
(19) V. A. DE MATTEIS, Nuova malattia e prescrizione, in Riv. inf. mal. prof., 2013, 1-2, I, 7 ss., spec. 14 ss. Cfr. G. CORSALINI, La centralità del lavoratore nel sistema di tutela INAIL, cit., 256 ss.
(20) V. ancora A. DE MATTEIS, Nuova malattia e prescrizione, cit., spec. 14 ss.
(21) V. M. CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., 280. |