La prescrizione dei crediti tributari … “una storia infinita” …

29 Aprile 2022

La sentenza delle Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (n. 23397 del 17 novembre 2016) sembrava aver definitivamente “chiuso la partita” sull'annosa questione della prescrizione dei crediti tributari (quinquennale o decennale?). Tale pronuncia, anche se riferita ad un contesto relativo ai contributi previdenziali, avrebbe chiarito che «la conversione dell'eventuale termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale (ex art. 2953 c.c.) non si applica in caso di mancata impugnazione di un atto impositivo o di un atto della riscossione ma solo quando passa in giudicato una sentenza».
Premessa

La sentenza delle Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (n. 23397 del 17 novembre 2016) sembrava aver definitivamente “chiuso la partita” sull'annosa questione della prescrizione dei crediti tributari (quinquennale o decennale?).

Tale pronuncia, anche se riferita ad un contesto relativo ai contributi previdenziali, avrebbe chiarito che «la conversione dell'eventuale termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale (ex art. 2953 c.c.) non si applica in caso di mancata impugnazione di un atto impositivo o di un atto della riscossione ma solo quando passa in giudicato una sentenza».

Il principio affermato sembrava implicitamente aver incluso tutti i crediti tributari da omessa impugnazione nell'alveo della prescrizione breve e quelli da “actio iudicati” in quello della prescrizione decennale. Tuttavia, a parere dello scrivente, proprio l'affermazione implicita del principio con riferimento indiscriminatamente a tutti i tributi, e non solo ai contributi previdenziali oggetto di quel giudizio, ha continuato ad alimentare il dibattito nelle aule di giustizia tributaria tributarie con interpretazioni oscillanti: in alcuni casi a favore della prescrizione breve, in altri casi della prescrizione ordinaria decennale.

A favore della prescrizione decennale

Tra le tante sentenze che sono state pronunciate sul tema dopo le suddette SS.UU. si ricordano Ctp di Milano n. 1378/2018 e Ctr Lombardia n. 1375/2018 le quali, in maniera concorde, hanno a chiare lettere affermato «che finalmente il tema della prescrizione ha trovato in giurisprudenza una sua stabile definizione»; in particolare, entrambi i provvedimenti si sono espressi a favore della prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., dei tributi erariali (Irpef, Irap, Iva, etc) dovendosi escludere che gli stessi possano essere qualificate quali prestazioni periodiche in ragione di anno; pur nella consapevolezza che gli adempimenti fiscali hanno generalmente una cadenza annuale, i giudici milanesi sottolineavano come non si possa parimenti non riconoscere che l'art. 2948 n. 4 del codice civile può trovare applicazione soltanto in presenza di imposte, prevalentemente locali, il cui ammontare è costante nel tempo ed il presupposto impositivo sostanzialmente stabile. Solo alcuni tributi locali (Tarsu, Tosap, contributi Enti di bonifica, etc), motivavano i giudici, sono concepiti quali prestazioni periodiche nell'ambito di una causa debendi di tipo continuativo perché riconducibili alle prestazioni di servizi erogate dall'Ente impositore, prestazioni a loro volta caratterizzate dalla continuità e costanza i cui costi vanno ripartiti tra i cittadini; solo in questi casi è possibile richiamare il concetto di obbligazione periodica e quindi invocare il più breve termine di prescrizione.

Le imposte sui redditi, per contro, richiedono un'autonoma e annuale verifica dei presupposti impositivi, così non configurandosi come obbligazione periodica di durata quanto piuttosto come plurime e autonome singole obbligazioni, da cui ne discende l'applicazione dell'ordinario termine decennale (art. 2946 c.c.). Non essendo, pertanto, prevista nell'ordinamento tributario una norma generale in tema di prescrizione dei crediti tributari, concludevano i giudici milanesi, la prescrizione dei crediti tributari non può che essere quella decennale. Tale orientamento è stato replicato anche di recente dalla Ctr Lombardia (sent. n. 517/2022) la quale ha ribadito che i crediti di imposta sono soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., «a meno che la legge disponga diversamente e fatta salva l'actio judicati».

Quindi, hanno precisato i giudici, l'esecutività del titolo, a meno che intervenga la pronuncia giudiziaria, non importa alcuna conversione dei termini di prescrizione (da ordinari a brevi o viceversa). Per quanto concerne le imposte dirette, come da insegnamento della Suprema Corte (Cass. 6069/2003, Cass. 2941/2007, Cass, 19969/2019), in assenza di una espressa previsione, si prescrivono nel termine ordinario decennale ex art 2946 cc, non potendosi applicare la disciplina dell'estinzione per decorso quinquennale prevista dall'art. 2948, comma 1 nr. 4 cc. per "tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi".

Le perplessità sollevate

Il quadro giurisprudenziale emergente dopo la sentenza delle SS.UU., in realtà, non ha evidenziato una stabile e condivisa definizione da parte degli interpreti della prescrizione dei crediti tributari che possa portare ad affermare, come fatto dai giudici milanesi nelle sentenze sopracitate, «che finalmente il tema della prescrizione ha trovato in giurisprudenza una sua stabile definizione».

Due sono essenzialmente i profili che, al contrario, hanno condotto certa giurisprudenza a mettere in discussione la stabilità dei principi affermati:

  • pur nella consapevolezza dell'assenza nell'ordinamento tributario di una norma generale sulla prescrizione, applicare tout court norme civilistiche al tributo può quantomeno far sorgere qualche dubbio laddove il legislatore pro tempore ha ritenuto doveroso prevedere espressamente, in alcuni casi, la prescrizione decennale dell'imposta (art. 78 del d.P.R. 131/1986);
  • il legislatore ha espressamente codificato che «il diritto alla riscossione delle sanzioni si prescrive in cinque anni» (art.20, comma 3, del d.lgs. 472/1997) e che «le sanzioni collegate al tributo sono irrogate…contestualmente all'avviso di accertamento (art. 17 dello stesso decreto - cd principio di unicità del procedimento di accertamento e di irrogazione della sanzione).

Il primo profilo potrebbe trovare conforto nel noto brocardo latino “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, per cui il legislatore tributario avrebbe disciplinato espressamente la prescrizione ordinaria decennale per alcune imposte (vds il registro) ritenendo implicitamente che per le altre debba essere applicato il più breve termine quinquennale (come per i tributi locali).

Il secondo profilo sarebbe confortato dal “paradosso” che uno stesso atto avrebbe due termini prescrizionali: uno per le imposte e uno per le sanzioni; sicché in un giudizio tributario (che, come noto, è di impugnazione-merito), il giudice, sotto tale profilo, non potrebbe mai annullare l'atto integralmente ma solo parzialmente e limitatamente al decorso del termine prescrizionale per la riscossione della sanzione.

La giurisprudenza a favore della prescrizione quinquennale

Ctr Lombardia, sez. XX, sentenza n. 662 del 28 febbraio 2022: il contribuente eccepiva che anche qualora le cartelle di pagamento scontassero il termine di prescrizione ordinario decennale almeno con riferimento alle sanzioni amministrative connesse a tributi erariali, comunque la prescrizione doveva ritenersi quinquennale come sancito dall'art.20, comma 3 d.lgs. n.472/1991. Tale eccezione veniva accolta dai giudici d'appello secondo i quali risultava maturata la prescrizione quinquennale per la sola parte relativa alle sanzioni in relazione alle quali gli atti interruttivi erano intervenuti a prescrizione quinquennale già definitivamente maturata. «Il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di cinque anni a decorrere dalla data di notificazione dell'atto di irrogazione». L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione (comma 2) l'articolo 20 del d.lgs. n. 472 del 1997. Il legislatore tributario, chiariscono i giudici ambrosiani, all'art. 20 del d.lgs. 472/1997, tratta i due istituti della prescrizione e della decadenza:

  • la prescrizione ha per effetto l'estinzione del credito fiscale relativo ad una sanzione già irrogata;
  • la decadenza, invece, determina l'estinzione della sanzione per il mancato esercizio del potere di comminare la stessa entro un certo termine.

In particolare, l'art. 20, comma 3, prevede un termine di prescrizione quinquennale entro il quale l'Ufficio deve esercitare il diritto alla riscossione della sanzione irrogata. La prescrizione decennale si applica, in punto di sanzioni, solo se la definitività della sanzione deriva da una sentenza passata in giudicato.

Ctp Pavia, sez. III, sentenza n. 219 del 27 ottobre 2021: in questa recente pronuncia i giudici pavesi hanno precisato che il termine per riscuotere i crediti erariali (IRPEF, IVA, IRAP, etc.), a seguito della notifica della cartella esattoriale e di qualsiasi altro atto amministrativo di natura accertativa, non può che ritenersi quinquennale, alla stregua di quanto già previsto per i tributi locali (ICI, IMU, tasse smaltimento dei rifiuti, contributi di bonifica, etc.) con la conseguenza che qualora l'Agente della Riscossione non ottemperi ad interrompere il decorso dello stesso con la notifica di atti idonei in tal senso, il successivo provvedimento inviato al contribuente non potrà che ritenersi radicalmente nullo ed il tributo dovuto prescritto. I giudici tributari richiamano la sentenza della Suprema Corte (Sez. V, n. 30362 del 23 novembre 2018) che ritengono confermativa del principio già stabilito dalla stessa Corte a Sezioni Unite con la sentenza citata in premessa. I giudici di legittimità hanno osservato che la prescrizione quinquennale è giustificata da un ragionevole principio di equità, che vuole che il debitore venga sottratto all'obbligo di corrispondere quanto dovrebbe per prestazioni già scadute tutte le volte che queste non siano state tempestivamente richieste dal creditore. Inoltre, aggiunge il Collegio, nell'ipotesi in cui gli atti prodromici ovvero le cartelle fossero state notificate entro i termini prescrizionali, non essendo successivamente intervenuto entro il termine sopraindicato alcun atto interruttivo, il debito d'imposta risulta prescritto alla luce dell'anzidetta giurisprudenza della S.C. (cui si aggiunge Cass. Civ. ord. n. 19311 del 16.09.2020). In applicazione di tali principi la Ctp, considerando che nella fattispecie esaminata l'intimazione di pagamento risultava essere stata notificata successivamente allo spirare del termine di prescrizione del tributo, che in ogni caso risultava già prescritto al momento della notifica delle cartelle esattoriali, concludeva per l'estinzione del debito d'imposta, riportato negli atti di intimazione di cui alle cartelle sottese, in quanto prescritto.

Considerando il contrasto giurisprudenziale ancora esistente, sarebbe auspicabile un ulteriore intervento chiarificatore da parte delle SS.UU. ovvero un intervento del legislatore che individui espressamente una disciplina esplicita sulla prescrizione dei tributi erariali.

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