L'illegittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto Ristori sull’inefficacia di alcuni pignoramenti sulla prima casa del debitore nell’emergenza Covid
17 Maggio 2022
Massima
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 4 del d.l. 137/2020 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella l. 176/2020, nella parte in cui prevede che «È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'art. 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», perché viola l'art. 24 della Costituzione, ossia il diritto di accesso al giudice, di cui costituisce una componente essenziale il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva e l'art. 3 Cost.,poiché, allo scopo di tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, contempla una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela. Il caso
Il Giudice dell'esecuzione presso il Tribunale di Treviso, a seguito del deposito dell'istanza di vendita da parte del creditore procedente, rilevato che il pignoramento era stato notificato in data 4 novembre 2020, ha assegnato al creditore termine per depositare istanza di prosecuzione della procedura esecutiva. A fronte di tale richiesta, il procedente ha presentato istanza per discutere in merito alla valenza da attribuirsi all'art. 4, comma 1, secondo periodo, del d.l. 137/2020, come convertito, ritenendo che un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma, alla luce dell'art. 24 Cost., avrebbe suggerito di impedire, nel periodo indicato, non il compimento dell'atto di pignoramento, così rischiando di pregiudicare irreparabilmente i diritti dei creditori chirografari, ma solo l'effettuazione degli atti processuali successivi al pignoramento medesimo. Il remittente, ritenendo non condivisibile la soluzione prospettata dal creditore procedente, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. 137/2020, convertito, con modificazioni, nella l. 176/2020, nella parte in cui prevede l'inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 c.p.c. avente ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ossia al 25 dicembre 2020. La questione
L'art.4 del d.l. 137/2020 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, cd. decreto Ristori, contempla due diverse disposizioni. La prima sancisce la proroga della sospensioni delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l'abitazione del debitore al 31 dicembre 2020. La seconda, oggetto di censura da parte del Tribunale di Treviso, prevede che «È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», ossia fino al 25 dicembre 2020. Questa disposizione, entrata in vigore il 29 ottobre 2020 (e cioè il giorno successivo alla pubblicazione del d.l. in Gazzetta Ufficiale), ha operato peraltro retroattivamente per alcuni giorni, comportando la sanzione di inefficacia anche delle procedure esecutive per i pignoramenti immobiliari effettuati dal 25 al 28 ottobre 2020. Si è così assistito per due distinti periodi di due mesi, peraltro sfalsati uno rispetto all'altro di alcuni giorni – il primo dal 25 ottobre al 25 dicembre 2020, il secondo dal 1° novembre al 31 dicembre 2020 – alla sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore e all'inefficacia di ogni procedura esecutiva avente lo stesso oggetto. Il Tribunale di Treviso ha evidenziato che la norma sopracitata determina un'irragionevole disparità di trattamento -con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione- tra i creditori che hanno notificato il pignoramento sugli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, che subirebbero la «sanzione» dell'inefficacia dell'atto, ed i creditori che hanno notificato lo stesso in una data precedente o successiva a quelle indicate. Assume, inoltre, il giudice a quo la violazione dell'art. 24 Cost., in quanto l'impossibilità, nel predetto periodo, di pignorare l'abitazione del debitore pregiudica la garanzia del credito, atteso che non si produrrebbe l'inefficacia, nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti, degli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento quale prevista dall'art. 2913 del codice civile. Il remittente ha evidenziato, infine, che anche accogliendo la soluzione ermeneutica suggerita dal creditore procedente, la stessa sarebbe comunque irragionevole – così ponendosi in contrasto con l'art. 3 Cost. – in quanto nel medesimo periodo la relativa tutela era già adeguatamente assicurata dall'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e successivamente prorogato dallo stesso art. 4 del d.l. n. 137 del 2020, come convertito. Le soluzioni giuridiche
Appare opportuno, preliminarmente, ricostruire il quadro normativo nel quale si colloca la disposizione censurata. Con il diffondersi dell'emergenza sanitaria da COVID-19, il Governo ha varato una disciplina speciale relativa anche ai processi civili. Nell'ambito delle procedure esecutive immobiliari, l'art. 54-ter del d.l. 18/2020, come convertito, ha disposto - al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - in tutto il territorio nazionale la sospensione di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'art. 555 c.p.c., avente ad oggetto l'abitazione principale del debitore», dapprima per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero al 31 ottobre 2020, successivamente prorogata dapprima al 31 dicembre 2020 e poi per effetto dell'art. 13, comma 14, del d.l. 183/2020, per il semestre successivo. Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 128/2021, ha dichiarato costituzionalmente illegittima tale ulteriore proroga sicché il regime, speciale e temporaneo, della sospensione delle procedure esecutive, aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore, è rimasto in vigore fino al 31 dicembre 2020. Parallelamente l'art. 103, comma 6, del d.l. 18/2020, come convertito, ha previsto la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, fino al 1° settembre 2020, termine poi prorogato dall'art. 17-bis del d.l. 34/2020 convertito, con modificazioni, nella l. 77/2020, sino alla data del 31 dicembre 2020 e poi alla data del 30 giugno 2021 dall'art.13, comma 13, del d.l. 183/2020, come convertito. In questo contesto normativo, che quindi già prevedeva due fattispecie parallele di sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore e degli ordini di rilascio degli immobili, si colloca la disposizione censurata nel presente giudizio. La norma, di non felice formulazione, è stata oggetto di due differenti interpretazioni da parte della dottrina e della giurisprudenza. Stando ad un primo orientamento, l'inefficacia di cui all'art. 4 del d.l. sopra citato colpisce il pignoramento e con esso indistintamente tutti i beni pignorati. Conseguentemente, il legislatore avrebbe imposto un vero e proprio divieto di pignoramento dell'abitazione principale del debitore, destinato, in ipotesi di inosservanza, a condurre l'espropriazione ad una «definitiva chiusura anticipata e non, dunque, ad un mero arresto». Per conseguire tale effetto, la sanzione dell'inefficacia, richiamata dalla norma con riguardo alla procedura esecutiva «effettuata», viene trasferita all'atto di pignoramento, “viziato” se non iscritto a ruolo prima del 25 ottobre. In base ad un'interpretazione più attenta ai principi costituzionali, l'inefficacia si riverbera solo sugli atti successivi al pignoramento. Difatti, giuridicamente parlando, non esiste alcun processo esecutivo anteriore o prodromico al pignoramento. Pertanto, gli effetti dell'inefficacia possono colpire "solamente" gli atti successivi alla notifica del pignoramento immobiliare. In tal senso si colloca il provvedimento del 28 dicembre 2020 del Tribunale di Pordenone, che ha evidenziato che l'art. 4 del decreto Ristori non impedisce al creditore di vincolare a fini espropriativi l'abitazione principale (mediante la notifica ex art. 555 c.p.c. e l'esecuzione delle formalità di trascrizione) successivamente al 25 ottobre 2020, né stabilisce l'invalidità o l'inefficacia del pignoramento compiuto nel suo periodo di vigenza, ma, piuttosto, rende gli atti esecutivi successivi al pignoramento ipso iure inidonei alla produzione degli effetti tipici. In questo contesto, il Tribunale di Treviso, con l'ordinanza sopra citata, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma sopracitata. La Corte Costituzionale, investita della questione, ha anzitutto ribadito il principio già espresso in riferimento ad altre disposizioni dettate nel contesto della legislazione emergenziale da COVID-19: le limitazioni al diritto del creditore di agire in sede esecutiva sono ammissibili solo se fondate su circostanze eccezionali e circoscritte nel tempo (sentenze n. 236, n. 213 e n. 128/2021). Il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva rappresenta una componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sancito dall'art. 24 Cost. (sentenze n. 213 e n. 128/2021) perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa coattivamente in mancanza di un adempimento spontaneo da parte del debitore. La disposizione censurata, statuendo l'inefficacia dei pignoramenti immobiliari aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore eseguiti nel periodo ricompreso tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, ha irreparabilmente compromesso il diritto al soddisfacimento in sede esecutiva in capo ai creditori chirografari, in quanto, a seguito dell'inefficacia del pignoramento, non si producono gli effetti di cui agli artt. 2913 ss. c.c. Difatti, l'inopponibilità al creditore degli atti di disposizione del bene da parte del debitore è condizionata non solo al compimento del pignoramento, ma anche alla sua permanenza, di talché se il pignoramento viene meno, come nella fattispecie contemplata dalla norma censurata, il creditore potrebbe trovare una situazione patrimoniale ormai definitivamente modificata. Il difetto di ragionevolezza della disposizione censurata è ancor più marcato se si considera la sua (pur limitata, quanto inspiegabile) portata retroattiva relativamente a pignoramenti, già efficaci secondo la disciplina previgente, divenuti inefficaci ex post per effetto della disposizione censurata (ovvero dei pignoramenti eseguiti tra il 25 e il 28 ottobre 2020). Il Giudice delle leggi ha denunciato altresì la violazione dell'art. 3 Cost., poiché l'art. 4 del decreto Ristori, nel tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, ha contemplato una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela. Infatti, il predetto diritto, anch'esso annoverato tra i diritti inviolabili, non é leso dalla sola apposizione del vincolo del pignoramento e, inoltre, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, oltre che dalla sospensione dell'esecuzione dell'ordine di rilascio dell'immobile. Pertanto, ad avviso della Consulta, il legislatore ha bilanciato i diritti coinvolti in maniera manifestamente irragionevole, con la previsione, in danno del creditore, di una sanzione processuale (l'inefficacia di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare») che, rispetto alla finalità perseguita, comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva. Osservazioni
La decisione della Consulta si pone in continuità con le sentenze nn. 128 e 213/2021 avente ad oggetto i provvedimenti di sospensione delle procedure esecutive immobiliari. Già in tale sede, infatti, il Giudice delle leggi ha avuto modo di evidenziare come il bilanciamento tra l'interesse del debitore a veder temporaneamente arrestata l'esecuzione forzata avente ad oggetto la sua abitazione principale e l'interesse del creditore procedente a conservare il regime di inopponibilità degli eventuali atti di disposizione dell'immobile già pignorato, sotteso alla temporanea sospensione ex 54-ter, fosse divenuto nel tempo irragionevole e sproporzionato, inficiando così la tenuta costituzionale della seconda proroga, prevista dell'art. 13, comma 14°, d.l. 183/2020. Queste decisioni consentono di delineare in modo chiaro l'orientamento della giurisprudenza costituzionale in materia di tutela del diritto di agire in via esecutiva, estrinsecazione del diritto di azione di cui all'art. 24, comma 1, Cost. Il diritto di agire in via esecutiva dei soggetti, il cui diritto di credito sia rimasto insoddisfatto, è una componente essenziale del diritto di accesso alla giustizia e non può, pertanto, essere sacrificato in modo irragionevole e per un periodo di tempo prolungato. Riferimenti
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