La nomina del curatore speciale in seno al procedimento arbitrale

Lorenzo Balestra
23 Maggio 2022

Il potere di nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c. ad una società di capitali deve ritenersi demandato agli arbitri, allorquando il giudizio già penda dinnanzi agli stessi? Questa affermazione contenuta in una recente pronuncia di merito è condivisibile?

Il potere di nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c. ad una società di capitali deve ritenersi demandato agli arbitri, allorquando il giudizio già penda dinnanzi agli stessi? Questa affermazione contenuta in una recente pronuncia di merito è condivisibile? E in caso affermativo, la nomina del curatore speciale a chi spetta: al presidente del collegio arbitrale oppure al singolo arbitro?

La questione, poco trattata, sia in dottrina che in giurisprudenza, rappresenta non poche problematiche interpretative.

Infatti, ai sensi dell'art. 80 c.p.c. la nomina del curatore speciale, nei casi previsti dall'art. 78 c.p.c., deve essere richiesta al giudice di pace o al presidente dell'ufficio giudiziario innanzi al quale si intende proporre la causa.

Il quesito si riferisce, se non vado errato, ad un recente provvedimento del 25 ottobre 2021 con il quale il Presidente della V sezione civile del Tribunale di Palermo (VG. 4838/2021, Tribunale ordinario di Palermo, sezione quinta civile) rigettava il ricorso di volontaria giurisdizione del legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, il quale, versando in una situazione di conflitto di interessi, chiedeva la nomina del curatore speciale ex artt. 78 e 80 c.p.c.

Sempre come si evince dal provvedimento, l'istanza veniva presentata in pendenza di un procedimento arbitrale instaurato innanzi ad un collegio di arbitri, nominati ai sensi di statuto della detta S.r.l.

Così si esprime il provvedimento: «(…) rilevato che il Collegio arbitrale si è costituito; rilevato che, pendente il giudizio arbitrale, al Collegio Arbitrale, ai sensi dell'art 80 c.p.c., deve ritenersi rimesso il potere di procedere alla nomina del curatore speciale, ove sussistano i presupposti previsti dall'art. 78 c.p.c.; ritenuto, infatti, che a conclusioni diverse non sembra sia consentito pervenire, tenuto conto del tenore dell'art. 80 c.p.c., che al 1° comma statuisce “l'istanza per la nomina del curatore speciale va proposta al presidente dell'ufficio giudiziario dinnanzi al quale si intende proporre la causa”; rilevato, infatti che l'ultimo inciso consente logicamente di ritenere il potere di nomina del presidente dell'ufficio giudiziario circoscritto all'ipotesi in cui il giudizio di merito ancora non sia stato instaurato ma solo preannunziato; rilevato che i giudici di legittimità hanno avuto modo di chiarire che allorquando l'esigenza della nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. si manifesti nel corso del giudizio ed in relazione ad esso, la corrispondente istanza deve essere proposta al giudice (monocratico o collegiale nelle ipotesi di cui all'art. 50-bis c.p.c.) della causa, a tanto non ostando la riconducibilità alla giurisdizione volontaria del provvedimento di cui all'art. 80 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2015, n. 7362); rilevato quindi che, se il potere di nomina del curatore speciale è rimesso al giudice della causa di merito pendente, deve ritenersi demandato agli arbitri, allorquando il giudizio già penda dinnanzi agli stessi; dichiara inammissibile il ricorso».

Sulla motivazione anzidetta, se il potere di nomina del curatore speciale è rimesso al giudice della causa di merito pendente, deve ritenersi demandato agli arbitri, allorquando il giudizio già penda dinnanzi agli stessi.

A parere di chi scrive si ritiene pienamente condivisibile tale posizione.

Per il caso di specie, sul punto, può venirci in soccorso una pronuncia di legittimità (Cass. civ., sent., n. 7362/2015) la quale così si esprime: «Allorquando l'esigenza della nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. si manifesti nel corso del giudizio ed in relazione ad esso, la corrispondente istanza deve essere proposta al giudice (monocratico o collegiale nelle ipotesi di cui all'art. 50-bis c.p.c.) della causa pendente, a tanto non ostando la riconducibilità alla giurisdizione volontaria del provvedimento di cui all'art. 80 c.p.c.»

In motivazione, ancora più chiaramente: «(…) Ebbene, ai fini dell'esame della censura in discussione, importa notare che, una volta condivisa la conclusione che l'istituto dell'art. 78, trova applicazione anche in pendenza del giudizio, ipotizzare - come ha fatto il Tribunale - che esso debba restare affidato ad un procedimento esterno rispetto al giudizio di merito, risulta in assoluta contraddizione con la sua funzione, che è quella di sopperire al difetto di capacità processuale riguardo ad un giudizio pendente e, quindi, di garantire che il processo proceda ritualmente.

Ciò è tanto più giustificato se si considera che il procedimento esterno rispetto al giudizio di merito dovrebbe essere separatamente incardinato sempre davanti allo stesso ufficio giudiziario davanti al quale pende il giudizio di merito, dato che la regola di competenza somministrata dall'art. 80, questo comunque imporrebbe: invero il giudice davanti al quale l'istanza pendente iudicio si dovrebbe proporre non potrebbe che identificarsi in quello davanti al quale la causa è stata già incardinata, perché la strumentalità della curatela si correla a tale causa, di modo che essa sarebbe stata, ove l'istanza fosse stata proposta ante causam, identificabile con quella da proporsi ai sensi dell'art. 80»

Analoga pronuncia risulta quella del 16 febbraio 2017 con cui il Presidente del Tribunale di Bologna ha riconosciuto la competenza in capo ad un collegio arbitrale, ove si configurino i presupposti di cui all'art. 78 c.p.c., di nominare il curatore speciale in pendenza di giudizio.

Quanto al quesito circa la spettanza della nomina del curatore speciale, a parere di chi scrive e sulla sorta di quanto dispone l'art. 80 c.p.c., si ritiene che, nel caso di specie, esse debba essere richiesta al presidente del collegio arbitrale che procederà alla nomina stessa.

Si tratta, infatti, di presupposto processuale che non impinge in alcun atto decisorio che, invece, è demandato al collegio arbitrale nella sua interezza.

(Fonte: Ilprocessocivile.it)

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